Riflettiamo Insieme

nella vigna ...

Aspirazioni d'amore a Gesù Cristo

Il Papa all'Udienza Generale di ieri ha parlato di Sant'Alfonso Maria de' Liguori. Proprio di questo grande Santo, Vescovo e Dottore della Chiesa e Fondatore dei Redentoristi, pubblichiamo un bellissimo testo d'amore rivolto a Gesù Cristo:


Gesù mio, tu solo mi basti.

Amor mio, non permettete ch'io da voi mi separi.

Quando sarà che potrò dirvi: Mio Dio, non vi posso perdere più?

Signore, e chi sono io che tanto cercate d'essere amato da me?

E chi voglio amare, se non amo voi, Gesù mio?

Eccomi, Signore, disponete di me come vi piace.

Datemi l'amor vostro e niente più vi domando.

Fate ch'io sia tutto vostro prima ch'io muoia.

Eterno Padre, per amore di Gesù Cristo, abbiate pietà di me.

Mio Dio, voi solo voglio e niente più.

Oh potessi, Gesù mio, consumarmi tutto per voi che vi siete tutto consumato per me.

S'io moriva quando stava in peccato non vi potrei più amare. Or che posso amarvi, voglio amarvi quanto posso.

A voi consagro tutta la vita che mi resta.

Io voglio solo e voglio tutto quel che volete voi.

Fate che io vi veda placato, Gesù mio, la prima volta che vi vedrò.

Fatemi morire prima che io vi abbia ad offendere.

Voi non mi lascerete, io non vi lascerò. Sempre ci ameremo, o mio Dio, in questa e nell'altra vita.

Troppo vi sarei ingrato, o Gesù mio, se dopo tante grazie io vi amassi poco.

Voi vi siete dato tutto a me, io mi do tutto a voi.

Voi amate chi vi ama: io vi amo: amatemi ancora voi. Se vi amo poco, datemi voi l'amore che da me cercate.

Troppo mi avete obbligato ad amarvi: fate ch'io vinca tutto per darvi gusto.

Accettate ad amarvi un'anima che vi ha dati tanti disgusti.

Fatemi conoscere l'immenso bene che siete, acciocché io vi ami assai.

Voglio amarvi assai in questa vita per amarvi assai nell'altra.

Spero amarvi in eterno, o Dio eterno.

Oh vi avessi sempre amato! Oh fossi morto prima che offendervi!

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Vi dono la mia volontà, la mia libertà; disponete di me come vi piace.

L'unico mio contento voglio che sia il contentare voi, bontà infinita.

O mio Dio, godo che siete infinitamente beato.

Voi siete onnipotente, fatemi santo.

Voi mi avete cercato quando io vi fuggiva; mi avete amato quando io disprezzava il vostro amore: non mi abbandonate or che vi cerco e vi amo.

Oggi sia il giorno che io mi dono tutto a voi.

Datemi ogni castigo, ma non mi private di potervi amare.

Vi ringrazio che mi date tempo di amarvi.

Vi amo, Gesù mio, io vi amo, e spero di finir la vita dicendo: Io vi amo, io vi amo.

Voglio amarvi senza riserva, e far tutto quel che intenderò esser di vostro gusto.

Io amo più il gusto vostro che tutt'i gusti del mondo.

Accetto tutte le pene, purché io vi ami, o mio Dio. Oh potessi, Gesù mio, morir per voi che siete morto per me!

Oh potessi io fare che tutti vi amassero come voi meritate!

O volontà di Dio tu sei l'amor mio.

O Dio d'amore, datemi amore.

O Maria, tiratemi tutto a Dio.

O Madre mia, fate ch'io sempre a voi ricorra. Voi mi avete da far santo, così spero.

San Leonardo Murialdo dalle parole di Benedetto XVI

Oggi la Chiesa Cattolica celebra la figura di San Leonardo Murialdo, un sacerdote che si è davvero saputo affidare alla Divina Provvidenza. In questo giorno, possiamo riflettere su questo Santo sacerdote attraverso le parole di Papa Benedetto XVI, estratte dall'Udienza Generale del 28 Aprile 2010:

Il Murialdo nacque a Torino il 26 ottobre 1828: è la Torino di san Giovanni Bosco, dello stesso san Giuseppe Cottolengo, terra fecondata da tanti esempi di santità di fedeli laici e di sacerdoti. Leonardo è l’ottavo figlio di una famiglia semplice. Da bambino, insieme con il fratello, entrò nel collegio dei Padri Scolopi di Savona per il corso elementare, le scuole medie e il corso superiore; vi trovò educatori preparati, in un clima di religiosità fondato su una seria catechesi, con pratiche di pietà regolari. Durante l’adolescenza visse, però, una profonda crisi esistenziale e spirituale che lo portò ad anticipare il ritorno in famiglia e a concludere gli studi a Torino, iscrivendosi al biennio di filosofia. Il "ritorno alla luce" avvenne - come egli racconta - dopo qualche mese, con la grazia di una confessione generale, nella quale riscoprì l’immensa misericordia di Dio; maturò, allora, a 17 anni, la decisione di farsi sacerdote, come riposta d’amore a Dio che lo aveva afferrato con il suo amore. Venne ordinato il 20 settembre 1851. Proprio in quel periodo, come catechista dell’Oratorio dell’Angelo Custode, fu conosciuto ed apprezzato da Don Bosco, il quale lo convinse ad accettare la direzione del nuovo Oratorio di San Luigi a Porta Nuova che tenne fino al 1865. Lì venne in contatto anche con i gravi problemi dei ceti più poveri, ne visitò le case, maturando una profonda sensibilità sociale, educativa ed apostolica che lo portò poi a dedicarsi autonomamente a molteplici iniziative in favore della gioventù. Catechesi, scuola, attività ricreative furono i fondamenti del suo metodo educativo in Oratorio. Sempre Don Bosco lo volle con sé in occasione dell’Udienza concessagli dal beato Pio IX nel 1858.

Nel 1873 fondò la Congregazione di San Giuseppe, il cui fine apostolico fu, fin dall’inizio, la formazione della gioventù, specialmente quella più povera e abbandonata. L’ambiente torinese del tempo fu segnato dall’intenso fiorire di opere e di attività caritative promosse dal Murialdo fino alla sua morte, avvenuta il 30 marzo del 1900.

Mi piace sottolineare che il nucleo centrale della spiritualità del Murialdo è la convinzione dell’amore misericordioso di Dio: un Padre sempre buono, paziente e generoso, che rivela la grandezza e l’immensità della sua misericordia con il perdono. Questa realtà san Leonardo la sperimentò a livello non intellettuale, ma esistenziale, mediante l’incontro vivo con il Signore. Egli si considerò sempre un uomo graziato da Dio misericordioso: per questo visse il senso gioioso della gratitudine al Signore, la serena consapevolezza del proprio limite, il desiderio ardente di penitenza, l’impegno costante e generoso di conversione. Egli vedeva tutta la sua esistenza non solo illuminata, guidata, sorretta da questo amore, ma continuamente immersa nell’infinita misericordia di Dio. Scrisse nel suo Testamento spirituale: "La tua misericordia mi circonda, o Signore… Come Dio è sempre ed ovunque, così è sempre ed ovunque amore, è sempre ed ovunque misericordia". Ricordando il momento di crisi avuto in giovinezza, annotava: "Ecco che il buon Dio voleva far risplendere ancora la sua bontà e generosità in modo del tutto singolare. Non soltanto egli mi ammise di nuovo alla sua amicizia, ma mi chiamò ad una scelta di predilezione: mi chiamò al sacerdozio, e questo solo pochi mesi dopo il mio ritorno a lui". San Leonardo visse perciò la vocazione sacerdotale come dono gratuito della misericordia di Dio con senso di riconoscenza, gioia e amore. Scrisse ancora: "Dio ha scelto me! Egli mi ha chiamato, mi ha perfino forzato all’onore, alla gloria, alla felicità ineffabile di essere suo ministro, di essere «un altro Cristo» … E dove stavo io quando mi hai cercato, mio Dio? Nel fondo dell’abisso! Io ero là, e là Dio venne a cercarmi; là egli mi fece intendere la sua voce…".

Sottolineando la grandezza della missione del sacerdote che deve "continuare l’opera della redenzione, la grande opera di Gesù Cristo, l’opera del Salvatore del mondo", cioè quella di "salvare le anime", san Leonardo ricordava sempre a se stesso e ai confratelli la responsabilità di una vita coerente con il sacramento ricevuto. Amore di Dio e amore a Dio: fu questa la forza del suo cammino di santità, la legge del suo sacerdozio, il significato più profondo del suo apostolato tra i giovani poveri e la fonte della sua preghiera. San Leonardo Murialdo si è abbandonato con fiducia alla Provvidenza, compiendo generosamente la volontà divina, nel contatto con Dio e dedicandosi ai giovani poveri. In questo modo egli ha unito il silenzio contemplativo con l’ardore instancabile dell’azione, la fedeltà ai doveri di ogni giorno con la genialità delle iniziative, la forza nelle difficoltà con la serenità dello spirito. Questa è la sua strada di santità per vivere il comandamento dell’amore, verso Dio e verso il prossimo.

Pensiero di San Pietro apostolo

Concludiamo la giornata nella Vigna, che ci ha fatto conoscere la figura di San Pietro apostolo, attraverso la lettura di un passo tratto dalla Sua Prima Lettera:

Poiché dunque Cristo soffrì nella carne, anche voi armatevi degli stessi sentimenti; chi ha sofferto nel suo corpo ha rotto definitivamente col peccato, per non servire più alle passioni umane ma alla volontà di Dio, nel tempo che gli rimane in questa vita mortale. Basta col tempo trascorso nel soddisfare le passioni del paganesimo, vivendo nelle dissolutezze, nelle passioni, nelle crapule, nei bagordi, nelle ubriachezze e nel culto illecito degli idoli. Per questo trovano strano che voi non corriate insieme con loro verso questo torrente di perdizione e vi oltraggiano. Ma renderanno conto a colui che è pronto a giudicare i vivi e i morti; infatti è stata annunziata la buona novella anche ai morti, perché pur avendo subìto, perdendo la vita del corpo, la condanna comune a tutti gli uomini, vivano secondo Dio nello spirito.

La fine di tutte le cose è vicina. Siate dunque moderati e sobri, per dedicarvi alla preghiera. Soprattutto conservate tra voi una grande carità, perché la carità copre una moltitudine di peccati. Praticate l'ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare. Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio. Chi parla, lo faccia come con parole di Dio; chi esercita un ufficio, lo compia con l'energia ricevuta da Dio, perché in tutto venga glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo, al quale appartiene la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen!

Carissimi, non siate sorpresi per l'incendio di persecuzione che si è acceso in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. Ma nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi. Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o ladro o malfattore o delatore. Ma se uno soffre come cristiano, non ne arrossisca; glorifichi anzi Dio per questo nome.

È giunto infatti il momento in cui inizia il giudizio dalla casa di Dio; e se inizia da noi, quale sarà la fine di coloro che rifiutano di credere al vangelo di Dio?

E se il giusto a stento si salverà,
che ne sarà dell'empio e del peccatore?

Perciò anche quelli che soffrono secondo il volere di Dio, si mettano nelle mani del loro Creatore fedele e continuino a fare il bene.

Messaggio di Giovanni Paolo II ai detenuti

Dopo aver pregato per la nostra sorella Asia Bibi in L'Osservatorio, ci viene alla mente pensando al carcere, il ricordo dei detenuti. Per questo oggi meditiamo attraverso le parole del Venerabile e prossimo Beato Giovanni Paolo II rivolte proprio ai  fratelli detenuti:

















Vengo fra voi per condividere le vostre preoccupazioni, vengo per recare a ciascuno il messaggio del Vangelo, che è liberazione interiore e riconciliazione con il prossimo. Alla scuola di Gesù si impara che la violenza svuota la persona e distrugge la società, che il male conduce alla morte dello spirito, alla distruzione dell'individualità. Dio ci chiama a collaborare con lui per fare del mondo la sua famiglia, retta dalla indistruttibile legge dell'amore. Dio conosce il segreto dei vostri cuori, le vostre angosce, le vostre speranze. La Sua giustizia trascende ogni giustizia umana, la Sua misericordia supera ogni nostra immaginabile capacità di perdono. Cristo si centra sempre su ciò che è nel cuore umano e si affida alle potenzialità, alle energie che sono nell'uomo e che vengono aiutate dalla grazia dello Spirito Santo e possono fare di un prigioniero anche un Santo.

La sete che tutti dovremmo avere

Concludiamo la giornata liturgica attraverso l'ormai consueto appuntamento di meditazione con le riflessioni di noti sacerdoti e movimenti religiosi. Oggi riflettiamo attraverso le parole di mons. Antonio Riboldi:

Il racconto dell'incontro di Gesù con la Samaritana, accanto al pozzo di Giacobbe, che Giovanni Evangelista presenta con particolari quasi da cronista, non facendosi sfuggire neppure una briciola della bellezza che contiene, è una perla del Vangelo estremamente significativa per il nostro cammino quaresimale, verso la Pasqua.
Lei è una donna samaritana, appartenente cioè ad un gruppo ritenuto eretico, e quindi maledetta, ai suoi tempi, e, inoltre, è una donna, per dì più notoriamente peccatrice....
Ce n'è abbastanza per farci ritrovare in lei tutti i pezzi di stracci che volano per aria e che sono le storie delle nostre debolezze umane. La possiamo realisticamente immaginare tutta presa dai suoi pensieri, forse dalle sue preoccupazioni o, addirittura, nauseata - essendo una pubblica peccatrice -nel percorrere le tristi vicende della sua vita di donna che si deve vendere al piacere dell'uomo.
Una donna, insomma, con la nausea in bocca e l'amarezza nel cuore, che avrebbe voluto per sé un'altra vita e si ritrova, Dio solo sa perché e come, tra le mani un'esistenza che ha il sapore dell'acqua amara delle cisterne screpolate.
Gesù, stanco del viaggio attraverso la Samaria, ha sete. Si ferma vicino al pozzo anche Lui, - - _ 'sola sorgente di acqua viva che dà vità. Gesù non bada alle differenze, sociali, culturali, alle divisioni etniche o religiose o altro: fa finta di non accorgersi di essere di fronte ad una donna samaritana, per di più peccatrice. Per Lui è una creatura bisognosa di acqua... 'acqua viva'.
Ma la provoca, chiedendole dell'acqua da bere. A Lui basta poco per dissetarsi e, a lei, con molta affabilità, senza alcun pregiudizio, chiede tanto poco: una coppa d'acqua, un gesto di bontà, un piccolo dono.
bene dare spazio al racconto di Giovanni, che chiede di essere gustato e meditato totalmente. Un racconto in cui all'acqua del pozzo si sostituisce per la donna un'acqua che ridona la bellezza della vita con Parole di Amore e Vita.
giusto non farsi sfuggire neppure un particolare del lungo racconto, che diviene una efficace occasione per immedesimarci nella donna e incontrare Gesù, perché anche noi, oggi, tante volte siamo simili a lei: 'assetati di vera vità fuori e, soprattutto, dentro l'anima.
"Gesù giunse ad una città della Samaria, chiamata Sicar, vicina al terreno di Giacobbe.
Gesù, dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo di Giacobbe. Era verso mezzogiorno. Arrivò intanto una donna di Samara ad attingere acqua".
E qui inizia il dialogo, in cui Gesù, assetato, chiede da bere: un dialogo occasionale di una semplicità quotidiana, ma che è per Lui la strada per entrare nel cuore della donna. E la meravigliosa 'tattica' della Grazia, che sa insinuarsi nella nostra quotidianità, con spiragli incredibili.
"Le disse Gesù: 'Dammi da bere!: I suoi discepoli, infatti, erano andati in città a fare provvista di cibo. Ma la Samaritana gli disse: 'Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me che sono una donna samaritana?. I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani". Gesù, 'il Primogenito fra molti fratellì, subito scardina' le nostre logiche relazionali, basate su differenze e contrapposizioni, e, partendo proprio dalla distanza che si era creata tra Giudei e Samaritani, fa il grande salto della Grazia, avanzando la sua incredibile, divina e inaspettata proposta.
"Gesù le rispose: 'Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è Colui che ti dice 'dammi da bere! tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva. Gli disse la donna: 'Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo, da dove dunque hai questa acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?".
Difficile per ciascuno di noi uscire dai nostri ridotti e limitati confini umani, ma Gesù svela la potenza della Grazia che cambia nel profondo l'uomo, che si crede sufficiente a se stesso, ma se è onesto con se stesso, sa riconoscere di mancare nel cuore..... del necessario.
"Rispose Gesù: 'Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete, ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna. 'Signore, gli disse la donna: 'dammi di quest'acqua perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua'.
Quanto ci è difficile staccarci dal materiale, per assurgere ai valori dello spirito! Quanta dolce pazienza e comprensione nel Maestro!
"Le disse: 'Va' a chiamare tuo marito e poi ritorna qui. Le rispose la donna: 'Non ho marito'. Le disse Gesù: 'Hai detto bene 'non ho marito', infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito: in questo hai detto il vero. Con Gesù non possiamo bluffare! "Gli rispose la donna: 'Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare. Gesù le disse: 'Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quello che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori, adoreranno il Padre in spirito e verità, perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito e verità e quelli che lo adorano devono adorarLo in spirito e verità'.
Gli rispose la donna: 'So che deve venire il Messia (cioè il Cristo); quando Egli verrà, ci annuncerà ogni cosa. Gesù le disse: 'Sono io che ti parlo'.
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discutere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: 'Che cosa cerchi?' o "Di che cosa parli con lei?: La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: 'Venite e vedete un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?:
Uscirono allora dalla città ed andavano da Lui.
Intanto i discepoli lo pregavano: "Rabbi, mangia. Ma egli rispose: 'Ho da mangiare un cibo, che voi non conoscete. E i discepoli si domandavano l'un l'altro: 'Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?: Gesù disse loro: 'Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato e compiere la Sua opera...'
Molti Samaritani di quella città credettero in Lui per le parole della donna che dichiarava: 'Mi ha detto quello che ho fatto. E quando i Samaritani giunsero da Lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed Egli vi rimase due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla donna: 'Non è per la tua parola che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il Salvatore del mondo. (Gv. 4, 5-42)
È davvero commovente e rassicurante come Gesù sappia sempre entrare nel nostro cuore, a volte assetato di verità, sapendo trovare l'occasione giusta per mostrarci il Suo Volto e il Suo Cuore. Il racconto della samaritana rivela una delicatezza divina, che è ben lontana dai nostri modi di accostarci a chi sbaglia o, semplicemente, la pensa diversamente da noi!
Dio non si lascia impressionare da quello che possiamo essere ai Suoi occhi.
Facile sentire a volte persone, che, in un momento di verità, pensando alla loro vita, esclamano: 'Mi faccio schifo!'. E quel che è peggio non sanno neppure a chi rivolgersi per liberarsi da una così opprimente e paralizzante sensazione e in chi porre la fiducia di poter ritrovare bellezza e innocenza di vita.
Sono i momenti in cui dovremmo ricordare che 'Dio è più grande del nostro cuore!'
Ogni istante, oggi stesso, può essere il momento - solo che lo vogliamo - vicino ad un 'pozzo qualunque', di permettere alla Grazia, all'azione dello Spirito di operare in noi, così che, incontrando Gesù, possiamo trovare l'acqua che purifica, disseta, appaga la nostra sete di amore, bellezza e santità.
Lì possiamo farci fissare negli occhi da Gesù: far sfogliare' da Lui ogni lato nascosto della nostra vita, così come è, senza vergogna - come avviene nel sacramento della Penitenza - alla luce del Suo Amore Misericordioso.
Possiamo oggi, ora, sempre, avere il coraggio di voltare le spalle alla nostra solitudine interiore, che fa male, e aprirci all'Amore che redime.
In fondo che cosa significa 'convertirsi'?
Non è solo un atto della nostra volontà, ma è una risposta all'Amore di Dio che si è fatto strada nel nostro spesso complicato, confuso o disordinato modo di vivere.
Paolo VI a questa domanda rispondeva:
'Convertirsi significa dirigere la propria esistenza a Dio: cercare di compiere ciò che fanno i piloti delle navi, che ad un certo punto controllano se la loro rotta è realmente rivolta al porto o, se, al contrario, le onde della burrasca incombente non hanno fatto deviare il percorso.
Ma ci chiediamo: Non ho forse bisogno di convertirmi? cioè di dirigermi sul disegno che il Signore prefigge al mio passaggio sulla terra? Interpreto bene le disposizioni di Dio? Non perdo forse tempo prezioso?". (Quaresima 1964)
Con il Salmista preghiamo:
"
Venite, prostràti adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha creati.
Egli è il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che Egli conduce.
Ascoltate OGGI la Sua voce: 'Non indurite il cuore,
come a Mèriba, come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri, mi misero alla prova,
pur avendo visto le mie opere
". (Salmo 94)

La Via Crucis - IV - V stazione

 Torniamo a meditare la Via Crucis attraverso le riflessioni di don Tonino Bello e della nostra Patrizia (questa settimana eccezionalmente abbiamo dovuto spostare tale appuntamento a oggi, giorno di sabato, in luogo del consueto Venerdì. Da settimana prossima, tal appuntamento meditativo tornerà di Venerdì):



V Stazione 

Dal Vangelo secondo Marco. 15, 21-22
"Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce. Condussero dunque Gesù al luogo del Golgota,che significa luogo del cranio."

Riflessione

L'amore per Cristo che non abbia il marchio della totalità è ambiguo, il part-time non è ammissibile. Il "servizio a ore", in cui magari per ogni eccedenza chiediamo compensi maggiorati come un operaio che esige lo straordinario, sa di mercificazione. In concreto, innamorarsi di Gesù Cristo vuol dire conoscenza profonda di lui, assimilazione dei suo pensiero, accoglimento senza sconti delle esigenze radicali del Vangelo.

Pensiero di Patrizia

Il Cireneo Ti ha aiutato a portare la croce, quando eri sfinito e non ce la facevi più. Forse non l'ha fatto molto volentieri, era stanco del lavoro, ma l'ha fatto, non è fuggito.
Anche a noi chiedi di non fuggire! Questa Stazione ha un duplice aspetto: 1) Non fuggire dalle nostre croci, portarle conTe, abbracciarle in riparazione del tanto male! 2) Aiutare i fratelli nella sofferenza, intercedere, condividere concretamente, non a parole; il cireneo non ha incoraggiato GESU' con le parole, ha portato la croce per LUI!

[pausa di silenzio]

C. Donaci, Signore, di non sentirci costretti nell'aiutarti a portare la croce.

*** *** *** 


VI Stazione 

Gesù asciugato dalla Veronica

Dal libro del profeta Isaia (53,2-3)

Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per potercene compiacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia

Riflessione

Eccoci, Signore, davanti a te. Col fiato grosso, dopo aver tanto camminato. Ma se ci sentiamo sfiniti non è perché abbiamo percorso un lungo tragitto o abbiamo coperto chissà quali interminabili rettilinei. E' perché, purtroppo, molti passi li abbiamo consumati sui viottoli nostri, e non sui tuoi sentieri, seguendo i tracciati involuti della nostra caparbietà faccendiera, e non le indicazioni della tua Parola.

Pensiero di Patrizia

Il gesto della Veronica è un gesto di tenerezza materna. Non limitiamoci a guardare! Asciughiamo il sudore o le lacrime dei nostri fratelli! Non parliamo dei nostri fratelli, amiamoli!!! 

[pausa di silenzio]

C. Grazie, Signore, perché ci conservi nel tuo amore, e non ti sei ancora stancato delle nostre povertà. 

Le conseguenze del peccato

 Anche questa sera torniamo a riflettere grazie alla nostra cara Enza, con una riflessione profonda che ci mostra le conseguenze del peccato:

La vita è energia emanata dalla volontà di Dio, perfezione assoluta, e nulla la può rendere inesistente perché è eterna. La morte terrena non è la fine della vita ma la sua trasformazione da quella materiale del corpo, a quella spirituale dell'anima alla vita o alla dannazione eterna. I demoni sono la dimostrazione di questa realtà. Non sono angeli morti alla vita? Eppure sono vivi e molto attivi. Ribellandosi alla legge dell'amore e della vita, hanno rovesciato l'energia della sostanza spirituale in una forza opposta, e da angeli si sono trasformati in demoni. Ora vivono come alberi sradicati e piantati alla rovescia con i rami affondati nel terreno e le radici al sole. Soffrono, odiano la vita e cercano di trascinare gli uomini al peccato per infliggere pene al creato e ricevere energia.

Peccare è un'azione contro la legge della vita che provoca un immediato e preciso grado di morte dell'anima (deformazione spirituale) e perdita del dominio delle facoltà (demenza) e conferisce al demonio il diritto di infliggere un grado di morte al creato pari al grado di morte del peccato. Per grazia di Dio i peccati non cadono mai sui peccatori ma su creature innocenti, per dare tempo ai peccatori di convertirsi e salvarsi dalla dannazione eterna. Ecco perché abbiamo malattie, nascono bambini infermi, calamità, incidenti e disgrazie. Quindi quando commettiamo un peccato subiamo un preciso grado di morte dell'anima e perdita del dominio delle facoltà e malattie.

I peccati rimessi non svaniscono nel nulla, ma si trasferiscono dall'anima al corpo di Gesù come colpi di flagello. Ecco allora, dico ai tutte le persone che credono sia Dio a punirci, che si convertano e capiranno tutto. Anche questo pensiero viene da satana. La Parola di Dio è l'unica via, è la verità e la nostra vita, perché chi segue Lui non ascolterà più satana e le sue seduzioni.

I piccoli gesti

Torniamo a riflettere grazie alle segnalazioni della nostra cara Enza che questa sera ci rende partecipi di una piccola storia per l'anima:

C'era una volta un uomo che viveva una vita normale. Pensava di non essere stato cattivo, ma neppure di essere stato un santo. Un giorno Gesù toccò il suo cuore e quest'uomo lo accettò come suo Signore e Salvatore. Sentì tanta gioia che promise al Signore di parlare di Lui a tutte le persone che avrebbe incontrato e che avrebbe portato almeno 100 persone a questa cosa grande che aveva trovato. Ma quest'uomo subito si accorse che portare persone a Cristo non era una cosa facile da fare. La maggior parte dei suoi amici pensava che fosse impazzito e si allontanava da lui.

A volte voleva ritirarsi dalla sua promessa ma continuò a raccontare a chi gli era possibile della buona novella del vangelo e come lo aveva cambiato riempiendolo di tanta pace e gioia.

Poi un giorno quest'uomo morì e si trovò in una stanza, con tutte le cose che aveva fatto e detto durante la sua vita: tutte le cose cattive che aveva fatto, tutti i brutti pensieri che aveva avuto, ritornati a lui come un lampo in un momento di tempo. Poi vide una visione di sé, nel giorno in cui la salvezza l'aveva toccato, quando aveva promesso a Gesù che avrebbe portato a Lui almeno 100 persone. L'uomo cadde in ginocchio piangendo.

Allora Gesù si avvicinò a lui e gli disse: "Alzati figliolo e dimmi: perché piangi?". L'uomo rispose: "Signore ho commesso tutte queste cose terribili nella mia vita, e ti ho detto perfino bugie!". Il Signore lo guardò chiedendogli: "Quando mi hai detto bugie?". "Ti avevo promesso di portare 100 persone a te Signore. E anche se ho provato non sono riuscito a portarne nemmeno una alla salvezza! Non ho mantenuto la mia promessa e ho detto bugie a Te".

Allora Gesù gli sorrise, gli asciugò le lacrime sul viso, e gli disse: "Figliuolo, tu non hai rotto la tua promessa con me". "Ma Signore, non ho portato neanche una persona a te!!!". Gesù rispose: "Mio figliuolo, ti ricordi quel giorno quando ti sei seduto al ristorante e hai mangiato ringraziando il Padre per il cibo? C'era una donna seduta in quel ristorante, era malata di peccato. Anche se ho provato tante volte a toccare il suo cuore, lei mi aveva sempre ignorato. Pensava di ritornare a casa per togliere la vita a sé stessa e a quella dei suoi figliuoli. Ma questa signora ti ha visto pregare e le si è aperto il cuore. Una porta si aprì nel suo cuore e mi lasciò entrare. La signora andò a casa e invece di togliersi la vita accettò me chiedendomi di diventare il Signore della sua vita. Uno dei suoi bambini diventò un presbitero santo e guidò molte anime a me. Quindi mio figliuolo sii felice, tu hai mantenuto la tua promessa. Il tuo piccolo consistente atto di fede guidò non 100 ma 100.000 persone a me!". L'uomo prese coraggio, ma ancora si sentiva colpevole: "Mio Dio, e tutte le altre cose brutte che ho fatto?". Gesù sorrise dicendo: "Ho pagato il prezzo io per te: vedi le mie mani e i miei piedi trafitti, il mio costato perforato, il mio capo grondante sangue per te, tutto il mio corpo flagellato? Tutti e due abbiamo mantenuto la promessa!".

Ricordiamoci che un nostro piccolo atto insignificante può toccare il cuore di altri fratelli, anche quando non ce ne accorgiamo. Un sorriso, una dolce parola, una preghiera in pubblico, sono vie che portano luce e possono cambiare una vita.

Dalle omelie del Santo Curato d'Ars

Concludiamo la giornata nella Vigna, che ci ha fatto conoscere la figura di San Giovanni Maria Vianney, attraverso la lettura riflessiva di due omelie da lui pronunciate che ci invitano ad una profonda riflessione su noi stessi:

Lavorare per il Cielo 
 
Molti sono i cristiani, figli miei, che non sanno assolutamente perché sono al mondo… “Mio Dio, perché mi hai messo al mondo?”. “Per salvarti”. “E perché vuoi salvarmi?”. “Perché ti amo”.
Com’è bello conoscere, amare e servire Dio! Non abbiamo nient’altro da fare in questa vita. Tutto ciò che facciamo al di fuori di questo, è tempo perso. Bisogna agire soltanto per Dio, mettere le nostre opere nelle sue mani… Svegliandosi al mattino bisogna dire: “Oggi voglio lavorare per te, mio Dio! Accetterò tutto quello che vorrai inviarmi in quanto tuo dono. Offro me stesso in sacrificio. Tuttavia, mio Dio, io non posso nulla senza di te: aiutami!”.
Oh! Come rimpiangeremo, in punto di morte, tutto il tempo che avremo dedicato ai piaceri, alle conversazioni inutili, al riposo anziché dedicarlo alla mortificazione, alla preghiera, alle buone opere, a pensare alla nostra miseria, a piangere sui nostri peccati! Allora ci renderemo conto di non aver fatto nulla per il cielo.
Che triste, figli miei! La maggior parte dei cristiani non fa altro che lavorare per soddisfare questo “cadavere” che presto marcirà sotto terra, senza alcun riguardo per la povera anima, che è destinata ad essere felice o infelice per l’eternità. La loro mancanza di spirito e di buon senso fa accapponare la pelle!
Vedete, figli miei, non bisogna dimenticare che abbiamo un’anima da salvare ed un’eternità che ci aspetta. Il mondo, le ricchezze, i piaceri, gli onori passeranno; il cielo e l’inferno non passeranno mai. Stiamo quindi attenti!
I santi non hanno cominciato tutti bene, ma hanno finito tutti bene. Noi abbiamo cominciato male: finiamo bene, e potremo un giorno congiungerci a loro in cielo.

Confidare in Dio
  
Coloro che vivono secondo il mondo ritengono sia troppo difficile salvarsi. Eppure non vi è nulla di più facile: basta osservare i comandamenti di Dio e della Chiesa ed evitare i sette peccati capitali; oppure, se preferite, fare il bene ed evitare il male; tutto qua!
I buoni cristiani che si danno da fare per salvare la propria anima sono sempre felici e contenti: godono anticipatamente della felicità del cielo e saranno felici per l’eternità. I cattivi cristiani, invece, quelli che si dannano, sono da compatire: mormorano, sono tristi e lo saranno per l’eternità.
Un buon cristiano, un avaro del cielo, tiene in poco conto i beni terreni: egli pensa soltanto a render bella la propria anima, ad accumulare ciò che lo renderà felice in eterno, ciò che dura in eterno. Guardate i re, gli imperatori, i grandi della terra: sono molto ricchi, ma sono contenti? Se amano il buon Dio, sì; ma se non lo amano, no, non sono contenti. Personalmente trovo che non vi sia nulla di più triste dei ricchi, quando non amano il buon Dio.
Andate pure di continente in continente, di regno in regno, di ricchezza in ricchezza, di piacere in piacere: non troverete la felicità che cercate. La terra e quanto contiene non possono appagare un’anima immortale più di quanto un pizzico di farina, in bocca ad un affamato, possa saziarlo.

Preghiera per la Libia

In questi giorni così duri, è tempo di unirci in preghiera per la Libia. Vi proponiamo una preghiera che ci ha colpito particolarmente; l'abbiamo trovata in Internet e l'unica cosa che sappiamo è che l'autore si chiama "innamorata di Gesù": 


Signore, Tu vedi cosa sta accadendo, Tu conosci ogni cosa, perchè scruti nei cuori di tutti gli uomini. Non abbiamo meriti ai tuoi occhi, forse non siamo nemmeno degni di essere ascoltati. Però ti preghiamo per i nostri fratelli. Abbi pietà Signore. Le persone continuano a morire. Uomini, donne e piccoli innocenti per questa sfrenata corsa al potere. Tu sai, mio Signore, che questa è opera di satana. Abbi pietà Signore di questi poveri figli che sono caduti nelle sue grinfie. Liberali Signore e ristabilisci la pace e la fratellanza fra gli uomini. Trasforma i loro cuori di adulti in piccoli cuori di bambini, cosicchè anche loro, proprio come fanno i bambini quando bisticciano, possano fermarsi un momento, avvicinarsi ai loro fratelli e tendere loro la mano in segno di pace. Proprio come noi, che spesso quando eravamo piccoli, litigavamo per cose futili con i nostri piccoli compagni di giochi, però poi ci avvicinavamo a loro e tendevamo loro il mignolino. Le nostre manine si univano e insieme sorridendo dicevamo:
Mannaggia il diavoletto
che c'ha fatto bisticciar
pace pace pace

la minestra non mi piace

Alzatevi e non temete

Concludiamo la giornata liturgica attraverso l'ormai consueto appuntamento di meditazione con le riflessioni di noti sacerdoti e movimenti religiosi. Oggi riflettiamo attraverso le parole di mons. Gianfranco Poma:

La domenica di Abramo e della Trasfigurazione segna la seconda tappa della quaresima: Gen.12,1-4 e Matt.17,1-9 sono testi fondamentali nel cammino della nostra formazione umana e cristiana. Abramo è chiamato ad uscire dalla propria terra per partire verso un paese che Dio gli donerà: è il cammino della libertà, è l'avventura della pura grazia. "Lascia la tua terra" può essere tradotto anche: "Va' verso te stesso". La "terra promessa" verso la quale Abramo è invitato da Dio a camminare è l'autenticità della esistenza alla quale può arrivare uscendo da tutti i condizionamenti che impediscono la libertà: l'avventura della vita è la ricerca della verità e della autenticità che Dio solo può donare all'uomo, Dio che è con noi e che sperimentiamo camminando nell'intimo di noi stessi.
L'esperienza della Trasfigurazione, che oggi è offerta a noi come a Pietro, Giacomo e Giovanni, ci porta alla realizzazione piena del cammino della libertà iniziato con la chiamata rivolta da Dio ad Abramo: nello splendore del volto di Gesù, nella luce candida delle sue vesti, si rivela la sua vita intima, e noi contempliamo chi è Dio e chi è l'uomo.
Luca, nella sua redazione dell' evento della Trasfigurazione, dice così: "Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto…" (Lc.9,28-29). Secondo questa tradizione, la Trasfigurazione fu essenzialmente una esperienza spirituale, una esperienza originale di preghiera, una preghiera sul monte. Più degli altri evangelisti, Luca si ferma a sottolineare la preghiera di Gesù: nei momenti forti della sua vita, Gesù prega, e la sua preghiera comincia sempre con l'invocazione: "Padre…" Nel contesto della Trasfigurazione, la preghiera prende tutto il suo significato: esprime la intimità di Gesù con il Padre. Con la preghiera Gesù abbatte la frontiera di carne che lo separa da Dio, e crea un contatto con il divino così reale, così forte, che la gloria di Dio risplende sul suo volto e sulla sua veste.
Anche per noi, la preghiera di Gesù di cui siamo resi partecipi nella Liturgia, è la via attraverso la quale accediamo alla intimità con Dio: Dio Trinità, mistero di Amore. Ma cos'è la preghiera di Gesù? C'è un filo che collega direttamente la Trasfigurazione con la Passione di Gesù: anche in quel momento Gesù prega. "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato" (Matt.27,46), "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito" (Lc.23,46). La preghiera è l'esperienza più autenticamente umana di Gesù, nella quale ha la percezione della radicale debolezza di tutto, del più terribile nulla e per questo anche dell'infinito tutto che è l'Amore. La preghiera è per Gesù l'esperienza dell'abbandono più totale: la lontananza diventa "affidamento" solo in Dio, percepito come "Dio mio", come il Padre al quale il Figlio si consegna. E la preghiera è l'esperienza nella quale il Figlio accoglie la risposta del Padre: al nulla sperimentato dal Figlio risponde l'Amore infinito del Padre. La preghiera non può non essere Passione: la Trasfigurazione è la risposta dell'Amore del Padre al Figlio che, spogliato di tutto si affida a Lui, è la umile carne calata nella storia resa splendente dalla gloria del Padre.
Sulla preghiera di Gesù si configura la nostra preghiera. Luca colloca la Trasfigurazione appena prima dell'inizio del grande viaggio che Gesù compie verso Gerusalemme "per essere consegnato nelle mani degli uomini" (Lc.9,44): "mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto…ed ecco, due uomini conversavano con lui. Erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria e parlavano del suo esodo che stava per compiersi a Gerusalemme…" (Lc.9,29-30) Nella preghiera Gesù vive la concretezza della sua vita, l'angoscia di ciò che lo attende, ma vive tutto non ripiegato su se stesso, come se dovesse contare solo sulle proprie forze, vive come figlio che parla, confida, ha l'amore del padre. E il Padre gli dona di sperimentare che la sua fragilità (il suo volto, le sue vesti) è il luogo della gloria. Matteo colloca la Trasfigurazione in un contesto nel quale Gesù sta istruendo i suoi discepoli. Dopo il primo annuncio della Passione, alla reazione di Pietro che gli dice: "Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai", Gesù risponde con forza: "Va' dietro a me, Satana, tu mi sei di scandalo…" e poi continua: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Matt.16,21-24). La Trasfigurazione diventa esperienza pedagogica per i discepoli (oggi per noi), perché sappiano bene che cosa significa e non abbiano paura di seguire Gesù per la via che egli ha scelto: la via dell'esperienza filiale dell'ascolto della Parola del Padre, del fare la sua volontà, la via del servo di Dio che dona tutto. E' la via di Mosè e di Elia, servi di Dio, ma che Dio ha esaltato nella sua gloria. E' la via attraverso la quale il servo "non ha più bellezza, tanto è stato sfigurato" (Is.52,14) eppure il "suo volto brilla come il sole e le sue vesti diventano candide come la neve": è la via dell'Amore onnipotente di Dio che passa attraverso la fragile debolezza dell'uomo. La Trasfigurazione è parte essenziale della pedagogia di Dio, perché i discepoli di Gesù vedano che la sua forza sta nella debolezza umana (2 Cor.12,9) e imparino (Pietro per primo), a non pretendere di possedere la gloria di Dio senza sperimentare la debolezza del figlio. A Pietro, alla Chiesa, a noi che oggi riviviamo il mistero nella Liturgia, la Trasfigurazione propone una profonda esperienza di fede: la nube luminosa ci copre con la sua ombra, lo Spirito dell'Amore del Padre ci avvolge, ne sentiamo la forza che ci infonde coraggio, speranza. Ma con Pietro non pretendiamo di cancellare la nube: rimane la "voce" che continua a dire: "Questi è il mio Figlio, l'amato, in cui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo". E' la voce del Padre "che sta nei cieli": ascoltare la Parola di Dio è la fede. A noi è dato di guardare Gesù, solo, che cammina con noi, è il Figlio, l'amato, nel quale il Padre si compiace perché rende visibile sulla terra, nell'oscurità di ogni giorno, la luce dell'Amore del Padre.
Gesù si accosta a noi ("Io sono con voi tutti i giorni" Matt.28,20) per dirci: "Alzatevi e non temete". E noi possiamo riprendere il cammino, siamo fragili, possiamo cadere, ma sappiamo che Lui è con noi: anche nella notte più buia, risplende la luce.
La Trasfigurazione è la quotidianità della nostra esperienza di Cristo risorto, ed è il nostro ingresso, con lui, nella libertà della terra promessa.

Preghiera di Giovanni Paolo II a san Giuseppe

Nel giorno dedicato a San Giuseppe, riportiamo il pensiero e la preghiera del Venerabile Giovanni Paolo II:

"Beato l'uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli stolti, ma si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte" (Sal 1, 1-2).

"Bene, servo buono e fedele... prendi parte alla gioia del tuo padrone" (Mt 25, 21).

Giuseppe ha sperimentato sia l'amore della verità, cioè il puro amore di contemplazione della verità divina che irradiava dall'umanità di Cristo, sia l'esigenza dell'amore, cioè l'amore altrettanto puro del servizio, richiesto dalla tutela e dallo sviluppo di quella stessa umanità...
Oltre che nella sicura protezione, la Chiesa confida anche nell'insigne esempio di Giuseppe, un esempio che supera i singoli stati di vita e si propone all'intera comunità cristiana, quali che siano in essa la condizione e i compiti di ciascun fedele.

O caro San Giuseppe,
amico e protettore di tutti,
custode di Gesù
e di tutti quelli
che invocano il tuo aiuto.
Tu sei grande
perché ottieni da Dio
tutto quello che gli uomini ti chiedono.
Ti prego di accogliere
la mia preghiera:
veglia e custodisci tutte le famiglie
perché vivano l'armonia,
l'unità, la fede,
l'amore che regnava nella Famiglia di Nazareth.
Guarda con tenerezza particolare
le famiglie dei disoccupati,
dona a tutti un lavoro,
affinché con la loro opera
creino un mondo migliore
e diano lode a Dio Creatore.
Ti affido la Chiesa,
in particolare il Papa,
i Vescovi, i Sacerdoti e tutti i Missionari
perché si sentano sostenuti dalla tua paternità.
Chi li può amare più di te, o caro San Giuseppe?
Proteggi tutte le persone consacrate,
perché trovino nella tua obbedienza
e adesione alla volontà di Dio
l'esempio per vivere nel silenzio,
nell'umiltà, nella gioia
e nella missionarietà
la vita di unione con Dio
che le rende felici nel compimento
della divina volontà.
La gioia di sentirsi di Dio è così grande
che non ha paragoni;
solo in Dio si trova tutta la felicità.
San Giuseppe esaudisci la mia preghiera.

La Via Crucis - II - III stazione

Torniamo a meditare la Via Crucis attraverso le riflessioni di don Tonino Bello e della nostra Patrizia:

 

III Stazione

Gesù cade per la prima volta.

Dal libro del profeta Isaia (53,4-6)

“Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti, noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti.”

Riflessione

Dal deserto del digiuno e dalla tentazione fino al monte Calvario, Gesù passa attraverso le strade scoscese di questa terra. E quando arriva ai primi tornanti del Calvario, non cerca deviazioni di comodo, ma vi si inerpica fino alla croce. Sì, la pace, prima che traguardo, è cammino. E per giunta, cammino in salita. Vuol dire, allora, che ha le sue tabelle di marcia e i suoi ritmi, i suoi rallentamenti e le sue accelerazioni. Forse anche le sue soste.

Pensiero di Patrizia

Nel Tuo percorso sono avvenute tre cadute: per Te sono state cadute fisiche; per noi per me sono cadute che riguardano, forse, le tre principali virtù: Fede, Speranza, Carità.
Questa prima caduta riguarda forse la Fede. Signore non farci mai dubitare della Tua Divinità, della Tua Misericordia, del Tuo Amore, ma dovesse accadere, rialzaci subito, come TU Ti sei alzato subito dalle cadute.

[pausa di silenzio]

C. Signore, donaci di ripetere sempre con te: “Padre, non sia fatta la mia, ma la tua volontà“.


IV STAZIONE

Gesù incontra sua madre

Dal Vangelo di Luca (2,34-35.51)

“Simeone parlò a Maria, sua Madre: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori.E anche a te una spada trafiggerà l’anima” …Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore”

Riflessione

Nessun linguaggio umano deve essere stato così pregnante come quello di Maria. Fatto di monosillabi, veloci come un sì. 0 di sussurri, brevi come un fiat. 0 di abbandoni, totali come un Amen. 0 di riverberi biblici, ricuciti dal filo di una sapienza antica, alimentata da fecondi silenzi.

Pensiero di Patrizia

Tua Madre, crocifissa nel cuore, non Ti ha mai abbandonato. Non abbandona nemmeno noi; quando soffriamo, soffre con noi, lenisce addirittura le nostre sofferenze! Se cadiamo ci aiuta a rialzarci, ci esorta ad amarti a pregare ad avere fede! Grazie.

[pausa di silenzio]

C. Maria, aiutaci, perché nella brevità di un sì, detto all’Unico, ci sia dolce perderci. 

Te deum di ringraziamento

La messa celebrata dal card. Angelo Bagnasco per il 150.esimo anniversario dell'Unita' d'Italia si e' conclusa con il canto di ringraziamento del Te Deum. Per quest'occasione speciale, lo riportiamo e lo meditiamo anche qui:

Noi ti lodiamo, Dio ti proclamiamo Signore. O eterno Padre, tutta la terra ti adora. A te cantano gli angeli e tutte le potenze dei cieli: Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell'universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Ti acclama il coro degli apostoli e la candida schiera dei martiri; le voci dei profeti si uniscono nella tua lode; la santa Chiesa proclama la tua gloria, adora il tuo unico figlio, e lo Spirito Santo Paraclito. O Cristo, re della gloria, eterno Figlio del Padre, tu nascesti dalla Vergine Madre per la salvezza dell'uomo. Vincitore della morte, hai aperto ai credenti il regno dei cieli. Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre. Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi. Soccorri i tuoi figli, Signore, che hai redento col tuo sangue prezioso. Accoglici nella tua gloria nell'assemblea dei santi. Salva il tuo popolo, Signore, guida e proteggi i tuoi figli. Ogni giorno ti benediciamo, lodiamo il tuo nome per sempre. Degnati oggi, Signore, di custodirci senza peccato. Sia sempre con noi la tua misericordia: in te abbiamo sperato. Pietà di noi, Signore, pietà di noi. Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno.

Cristo nella storia

 Torniamo a riflettere sulla Chiesa insieme alla nostra Enza:

Cristo nella storia oggi si chiama Chiesa. In questo mistero è racchiusa la grandezza di Dio, che costantemente ci stupisce, perché Dio ha scelto di continuare a manifestarsi nel mondo attraverso di noi. E’ attraverso il “Si” di un sacerdote, che ogni giorno il pane si spezza e diventa Eucarestia. E’ attraverso il “Si” di una coppia di sposi che l’amore diventa immagine di Dio e continua a rivelarsi nella storia. E’ attraverso il “Si” di quanti vivono il lavoro come servizio che il Regno di Dio ogni giorno si costruisce e si manifesta.
Credere allora che vivere la Chiesa sia una scelta facoltativa nel percorso religioso vuol dire rinnegare la presenza dello Spirito di Dio nella storia e la possibilità che ciò, ogni giorno, sia rivelato attraverso noi stessi.
Signore, nella nostra vita di figli, di genitori, di sposi….
Signore, nel nostro vivere il lavoro come servizio….
Signore nelle scelte della nostra società….
Signore, rendici testimoni della nostra Chiesa.

La maldicenza secondo San Francesco di Sales

Concludiamo la giornata nella Vigna, che ci ha fatto conoscere la figura di San Francesco di Sales, attraverso una sua nuova riflessione tratta da "Filotea". La riflessione che proponiamo riguarda una piaga molto diffusa nel mondo, anche in mezzo a noi cristiani e cioè la maldicenza:

LA MALDICENZA

Il giudizio temerario causa preoccupazione, disprezzo del prossimo, orgoglio e compiacimento in se stessi e cento altri effetti negativi, tra i quali il primo posto spetta alla maldicenza, vera peste delle conversazioni. Vorrei avere un carbone ardente del santo altare per passarlo sulle labbra degli uomini, per togliere loro la perversità e mondarli dal loro peccato, proprio come il Serafino fece sulla bocca di Isaia.

Se si riuscisse a togliere la maldicenza dal mondo, sparirebbero gran parte dei peccati e la cattiveria. A chi strappa ingiustamente il buon nome al prossimo, oltre al peccato di cui si grava, rimane l'obbligo di riparare in modo adeguato secondo il genere della maldicenza commessa. Nessuno può entrare in Cielo portando i beni degli altri; ora, tra tutti i beni esteriori, il più prezioso è il buon nome. La maldicenza è un vero omicidio, perché tre sono le nostre vite: la vita spirituale, con sede nella grazia di Dio; la vita corporale, con sede nell'anima; la vita civile che consiste nel buon nome. Il peccato ci sottrae la prima, la morte ci toglie la seconda, la maldicenza ci priva della terza. Il maldicente, con un sol colpo vibrato dalla lingua, compie tre delitti.- uccide spiritualmente la propria anima, quella di colui che ascolta e toglie la vita civile a colui del quale sparla. Dice S. Bernardo che sia colui che sparla come colui che ascolta il maldicente, hanno il diavolo addosso, uno sulla lingua e l'altro nell'orecchio. Davide, riferendosi ai maldicenti dice: Hanno affilato le loro lingue come quelle dei serpenti.

Il serpente ha la lingua biforcuta, a due punte, come dice Aristotele; tale e quale è quella del maldicente, che con un sol morso ferisce e avvelena l'orecchio di chi ascolta e il buon nome di colui di cui parla male.

Per questo ti scongiuro, carissima Filotea, di non sparlare mai di alcuno, né direttamente, né indirettamente. Sta attenta a non attribuire delitti e peccati inesistenti al prossimo, a non svelare quelli rimasti segreti, a non gonfiare quelli conosciuti, a non interpretare in senso negativo il bene fatto, a non negare il bene che sai esistere in qualcuno, a non fingere di ignorarlo, tanto meno poi devi sminuirlo a parole; agendo in questo modo offenderesti seriamente Dio, soprattutto se dovessi accusare falsamente il prossimo o negassi la verità a lui favorevole; mentire e contemporaneamente nuocere al prossimo è doppio peccato.

Coloro che per seminare maldicenza fanno introduzioni onorifiche, e che la condiscono di piccole frasi gentili, o peggio di scherno, sono i maldicenti più sottili e più velenosi.

Protesto, dicono, che gli voglio bene e che per il resto è un galantuomo, ma, continuano, la verità va detta: ha avuto torto nel commettere quella perfidia; quella è una ragazza virtuosissima, ma si è lasciata sorprendere..., e simili piccole cornici!

Non capisci dov'è l'arte? Chi vuol scoccare una freccia, la tira più che può a sé, ma è soltanto per scagliarla con maggior forza: si può anche avere l'impressione che costoro tirino a sé la maldicenza, ma è soltanto per scoccarla con maggior sicurezza, per farla penetrare più a fondo nel cuore di coloro che ascoltano.

La maldicenza portata sotto forma di scherno è la più cattiva di tutte; fa pensare alla cicuta che, di per sé, non è un veleno molto forte, anzi ha un'azione lenta e facilmente vi si può porre rimedio, ma se viene '1 vino, è senza scampo; lo stesso è di una presa con maldicenza che, di natura sua, secondo il detto, entrerebbe da un orecchio e uscirebbe dall'altro e che invece penetra fortemente nella mente degli ascoltatori quando è presentata in un contesto di parole sottili e gioviali.

Dice Davide: Hanno il veleno dell'aspide sotto le loro labbra. La puntura dell'aspide è quasi impercettibile, e il suo veleno dà sulle prime un prurito gradevole, che allarga così il cuore e le viscere e favorisce così l'assorbimento del veleno, contro il quale non ci sarà più nulla da fare.

Non dire mai: Il tale è un ubriacone, anche se l'hai visto ubriaco davvero; quello è un adultero, perché l'hai visto in adulterio; è incestuoso perché l'hai sorpreso in quella disgrazia; una sola azione non ti autorizza a classificare la gente. Il sole si fermò una volta per favorire la vittoria di Giosuè e si oscurò un'altra volta per la vittoria del Salvatore; a nessuno viene in mente per questo di dire che il sole è immobile e oscuro.

Noè si ubriacò una volta; e così anche Lot e questi, in più, commise anche un grave incesto: non per questo erano ubriaconi, e non si può dire che quest'ultimo fosse incestuoso. E non si può dire che S. Pietro fosse un sanguinario perché una volta ha versato sangue, né che fosse bestemmiatore perché ha bestemmiato una volta.

Per classificare uno vizioso o virtuoso bisogna che abbia fatto progressi e preso abitudini; è dunque una menzogna affermare che un uomo è collerico o ladro, perché l'abbiamo visto adirato o rubare una volta soltanto.

Anche se un uomo è stato vizioso per lungo tempo, sì rischia di mentire chiamandolo vizioso.

Simone il lebbroso chiamò Maddalena peccatrice, perché lo era stata prima; mentì, perché non lo era più, anzi era una santa penitente; e Nostro Signore la difese. Quell'altro Fariseo vanesio considerava grande peccatore il pubblicano, ingiusto, adultero, ladro; ma si ingannava, perché proprio in quel momento era giustificato.

Poiché la bontà di Dio è così grande che basta un momento per chiedere e ottenere la sua grazia, come facciamo a sapere che uno, che era peccatore ieri, lo sia anche oggi? Il giorno precedente non ci autorizza a giudicare quello presente, e il presente non ci autorizza a giudicare il passato. Solo l'ultimo li classificherà tutti.

Non potremo mai dire che un uomo è cattivo senza pericolo di mentire. In caso che sia necessario parlare possiamo dire che ha commesso tale o tal'altra azione cattiva, che ha condotto una vita disordinata in tale periodo, che agisce male al presente; ma non è lecito da ieri tirare delle conclusioni per oggi, né da oggi per ieri, e ancor meno da oggi per domani.

Se è vero che bisogna essere molto attenti a non parlare mai male del prossimo, però bisogna anche guardarsi dall'estremo opposto, in cui cadono alcuni, i quali, per paura di fare della maldicenza, lodano e dicono bene del vizio.

Se ti imbatti in un maldicente senza pudore, per scusarlo, non dire che è una persona libera e franca; di una persona apertamente vanesia, non dire che è generosa e senza complessi; le libertà pericolose non chiamarle semplicità e ingenuità; non camuffare la disobbedienza con il nome di zelo, l'arroganza con il nome di franchezza, la sensualità con il nome di amicizia.

Cara Filotea, per fuggire il vizio della maldicenza, non devi favorire, accarezzare, e nutrire gli altri vizi; ma con semplicità e franchezza, devi dire male del male e biasimare le cose da biasimare; solo se agiamo in questo modo diamo gloria a Dio.

Fa però attenzione ed attienti a quello che ora ti dirò.

Si possono lodevolmente biasimare i vizi degli altri, anzi è necessario e richiesto, quando lo esige il bene di colui di cui si parla o di chi ascolta.

Facciamo degli esempi: supponi che in presenza di ragazze vengano raccontate delle licenziosità commesse da Tizio e da Caia: è una cosa senz'altro pericolosa; oppure supponi che si parli della dissolutezza verbale di un tale o di una tale, sempre esemplificando; o ancora di una condotta oscena: se io non biasimo chiaramente quel male, o, peggio, tento di scusarlo, quelle tenere anime che ascoltano, avranno la scusa per lasciarsi andare a qualche cosa di simile; il loro bene esige che, con molta franchezza, biasimi all'istante quelle sconcezze. Potrei riservarmi di farlo in un altro momento soltanto se sapessi di ricavarne sicuramente un miglior risultato togliendo allo stesso tempo importanza ai colpevoli.

P, necessaria anche un'altra cosa: per parlare del soggetto devo averne l'autorità, o perché sono uno di quelli più in evidenza nel gruppo; nel qual caso se non parlo, avrò l'aria di approvare il vizio: se invece nel gruppo non godo di molta considerazione, devo guardarmi bene dal fare censure.

Più di tutto Poi è necessario che io sia ponderato ed esatto nelle parole, per non dirne una sola di troppo: per esempio. se devo riprendere le eccessive libertà di quel giovanotto e di quella ragazza, perché chiaramente esagerate e pericolose, devo saper conservare la misura per non gonfiare la cosa nemmeno di un soffio.

Se c'è soltanto qualche sospetto, dirò soltanto quello; se si tratta di sola imprudenza, non dirò di più; se non c'è né imprudenza, né sospetto di male, ma soltanto materia perché qualche spirito malizioso faccia della maldicenza, non dirò niente del tutto o dirò soltanto quello che è,

Quando parlo del prossimo, la mia bocca nel servirsi della lingua è da paragonarsi al chirurgo che maneggia il bisturi in un intervento delicato tra nervi e tendini: il colpo che vibro deve essere esattissimo nel non esprimere né di più né di meno della verità.

Un'ultima cosa: pur riprendendo il vizio, devi fare attenzione a non coinvolgere la persona che lo porta. Ti concedo di parlare liberamente soltanto dei peccatori infami, pubblici e conosciuti da tutti, ma anche in questo caso lo devi fare con spirito di carità e di compassione, non con arroganza e presunzione; tanto meno per godere del male altrui. farlo per quest'ultimo motivo è prova di un cuore vile e spregevole.

Faccio eccezione per i nemici dichiarati di Dio e della Chiesa; quelli vanno screditati il più possibile: ad esempio, le sette eretiche e scismatiche con i loro capi. E’ carità gridare al lupo quando si nasconde tra le pecore, non importa dove.

Tutti si prendono la libertà di giudicate e censurare i governanti e parlar male di intere reazioni, lasciandosi guidare dalla simpatia: Filotea, non commettere quest'errore. Tu, oltre all’offesa a Dio, corri il rischio di scatenare mille rimostranze.

Quando senti parlare male, se puoi farlo con fondatezza, metti in dubbio l'accusa; se non è possibile, dimostra compassione per il colpevole, cambia discorso, ricorda e richiama alla mente dei presenti che coloro i quali non sbagliano lo devono soltanto a Dio. Riporta in se stesso il maldicente con buone maniere; se sai qualche cosa di bene della persona attaccata, dilla.

Perché mi hai dato questa Chiesa, Signore?

Chiesa chi sei? Questa è la domanda che dovremmo porre per comprendere che cosa la Chiesa rappresenta e perchè Gesù l'ha concepita così come è. La nostra cara Enza, oggi, ci porta a riflettere proprio su questo:


Se volessimo fare un sondaggio chiedendo: “Cos’è la Chiesa?”, certo nessuno dovrebbe stupirsi se trovassimo al primo posto fra le risposte una Chiesa identificata con preti, Papa, e gerarchie. Al secondo posto probabilmente ci troveremmo indicato un luogo geografico. Non ci dovremmo stupire, appunto, perché se così non fosse non riusciremmo a spiegarci come molti, che si definiscono religiosi, ci tengono rapidamente a precisare: “Dio si, ma la Chiesa…..!”. ma non basta, perché alla medesima domanda qualcuno ha anche risposto: “Chiesa si, ma Dio…..in fondo non so!”. Ma allora, forse la domanda dovrebbe essere: “Chiesa chi sei?”.
Signore, quando la voce di chi urla sembra più forte……
Quando la confusione delle lingue ci smarrisce…..
Quando non sappiamo riconoscere la tua voce…..
Sostieni la nostra fragilità.
 

*** *** ***

Perché mi hai dato questa Chiesa, Signore, la cui ricchezza mi scandalizza, la cui ipocrisia mi turba, la cui ambiguità mi confonde?
Perché mi hai dato questa comunità, Signore, perché proprio queste persone, di cui conosco i difetti, di cui mi irritano i limiti, di cui le scelte talvolta mi confondono?
Perché non mi hai dato una Chiesa perfetta, una Chiesa entusiasmante, dei compagni di strada da ammirare ed infallibili…..?
Prego e sorrido, Signore, la Tua sapiente delicatezza mi affascina. In una Chiesa perfetta, senza rughe, quale posto per me, così imperfetto? In una comunità di puri e santi, con quale solitudine vivrei la mia povertà, con che vergogna la mia fragilità!
Signore, tu ci ami nonostante la nostra povertà.
Signore, tu ci ami per la nostra povertà.
Signore, tu ci ami attraverso la nostra povertà.
Signore, per questo noi ti ringraziamo!

Sezione dedicata alla nostra amica Patrizia:

Il Dolore solo se è accettato e offerto diviene gioia, altrimenti può diventare disperazione. Il maligno tenta sempre di farci imboccare questa strada, che porta alla distruzione di sè e degli altri.
La domanda, il grido ci salva, perchè, come un bambino quando invoca la mamma è aiutato da lei, a maggior ragione o tanto più la nostra Mamma Celeste viene in nostro soccorso, portandoci lo Spirito Consolatore che ci fa ritornare la speranza.

Questo dolore non è capito dagli uomini, difficilmente ci possono aiutare, di solito LO aumentano!

Solo TU Signore ci comprendi totalmente, perchè siamo opera Tua. Fa' o Signore che possiamo amare anche chi non comprendiamo o non ci comprende, grazie. (Patrizia)

Gesù Cristo

Gesù Cristo
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».

Riflettiamo

Impariamo a soffermarci sulle parole e meditiamone il loro significato

L'importanza della preghiera

Chi prega, certamente si salva; chi non prega certamente si danna. Tutti i beati, eccettuati i bambini, si sono salvati col pregare. Tutti i dannati si sono perduti per non pregare; se pregavano non si sarebbero perduti. E questa è, e sarà la loro maggiore disperazione nell’inferno, l’aversi potuto salvare con tanta facilità, quant’era il domandare a Dio le di lui grazie, ed ora non essere i miseri più a tempo di domandarle

(Sant'Alfonso Maria De' Liguori)

Accrescere la cultura

«Io voglio vivere per Gesù e per la Chiesa. La scienza che serve a farmi vivere sempre più per il Signore e per la Chiesa è la cultura della mia vita e tutta la mia vita di cultura». Ogni giorno, ogni ora, ogni istante io sento il bisogno di accrescere le mie conoscenze. E la Chiesa è una fonte inesauribile di vita e di cultura per me!».

(San Pio da Pietrelcina)

Il dono della Sapienza

Nella Sapienza c’è uno spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, mobile, penetrante, senza macchia, terso, inoffensivo, amante del bene, acuto, libero, benefico, amico dell’uomo, stabile, sicuro, senz’affanni. 
Onnipotente, onniveggente e che pervade tutti gli spiriti intelligenti, puri, sottilissimi. 
È un’emanazione della potenza di Dio, un effluvio genuino della gloria dell’Onnipotente, per questo nulla di contaminato in essa s’infiltra. 
È un riflesso della Luce perenne, uno specchio senza macchia dell’attività di Dio e un’immagine della sua bontà.

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Le preghiere dei Santi:

Le preghiere dei Santi:
Noi ci affidiamo a te. Non abbandonarci alla tristezza perché tu, Signore, sei con noi sempre. Tu non ci lascerai un istante. Se non avessi steso la mano, quante volte la nostra fede avrebbe vacillato! Tu, Signore, sei sempre intento ad accogliere le nostre confidenze. Aiutaci a non abbatterci nelle sofferenze fisiche e morali. Non permettere di affliggerci fino a perdere la pace interiore. Fa’ che camminiamo con buona fede, senza inquietudini e sconforti. Noi ci affidiamo a te: prendici la mano e guidaci pur per incogniti sentieri. Insegnaci ad affrontare la prova a mente serena, per amore tuo che la permetti. Donaci di acquistare tesori per la santa eternità. (San Pio da Pietrelcina)

Dio, nostro Padre, tu hai tanto amato gli uomini da mandare a noi il tuo unico Figlio Gesù, nato dalla Vergine Maria, per salvarci e ricondurci a te. Ti preghiamo, Padre buono, dona la tua benedizione anche a noi, ai nostri genitori, alle nostre famiglie e ai nostri amici. Apri il nostro cuore, affinché sappiamo ricevere Gesù nella gioia, fare sempre ciò che egli ci chiede e vederlo in tutti quelli che hanno bisogno del nostro amore. Te lo chiediamo nel nome di Gesù, tuo amato Figlio, che viene per dare al mondo la pace. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.(Venerabile Giovanni Paolo II)

Padre santo e giusto, Signore Re del cielo e della terra, ti rendiamo grazie per il fatto stesso che tu esisti, ed anche perché con un gesto della tua volontà, per l'unico tuo Figlio e nello Spirito Santo, hai creato tutte le cose visibili ed invisibili e noi, fatti a tua immagine e somiglianza, avevi destinato a vivere felici in un paradiso dal quale unicamente per colpa nostra siano stati allontanati. (San Francesco di Assisi)

Tu sei grande, Signore, e ben degno di lode; grande è la tua virtù, e la tua sapienza incalcolabile. E l’uomo vuole lodarti, una particella del tuo creato, che si porta attorno il suo destino mortale, che si porta attorno la prova del suo peccato e la prova che tu resisti ai superbi. Eppure l’uomo, una particella del tuo creato, vuole lodarti. Sei tu che lo stimoli a dilettarsi delle tue lodi, perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha pace finché non riposa in te. (Sant'Agostino))

“O Dio di grande Misericordia, bontà infinita, ecco che oggi tutta l’umanità grida dall’abisso della sua miseria alla Tua Misericordia, alla Tua compassione, o Dio, e grida con la voce potente della propria miseria. O Dio benigno, non respingere la preghiera degli esuli di questa terra. O Signore, bontà inconcepibile, che conosci perfettamente la nostra miseria e sai che non siamo in grado di innalzarci fino a Te con le nostre forze, Ti supplichiamo, previenici con la Tua grazia e moltiplica incessantemente su di noi la Tua Misericordia, in modo che possiamo adempiere fedelmente la Tua santa volontà durante tutta la vita e nell’ora della morte. L’onnipotenza della Tua Misericordia ci difenda dagli assalti dei nemici della nostra salvezza, in modo che possiamo attendere con fiducia, come figli Tuoi, la Tua ultima venuta...” (Santa Faustina Kowalska))

Affinché coloro che mi guardano non vedano la mia persona, ma Te in me. Rimani con me. Così risplenderò del Tuo splendore e potrò essere luce per gli altri. La mia luce verrà da Te solo, Gesù, non sarà mio nemmeno un piccolo raggio. Sei Tu che illuminerai gli altri attraverso di me. Ispirami la lode che Ti è più gradita, illuminando gli altri attorno a me. Che io Ti annunci non con le parole ma con l'esempio, con la testimonianza dei miei atti, con lo scatto visibile dell'amore che il mio cuore riceve da Te. Amen. (Madre Teresa di Calcutta))

Signore Gesù, tu hai dato la vita per me: io voglio donare la mia a te. Signore Gesù, tu hai detto: «Amore più grande non c'è che dare la vita per gli amici». Il mio supremo amore sei tu. È sera. Il giorno ormai declina. Resta con me Signore. Voglio seguirti portando la mia croce. Signore, vieni in mio aiuto e guidami nel cammino. La tua voce, Signore, ha un'eco profonda nel mio cuore. Gesù, mio Signore e mio Dio, voglio diventare in tutto simile a te, voglio soffrire e morire con te, per raggiungere con te la gioia della risurrezione. Tu, quel gran Dio che l'universo adora, vivi in me giorno e notte. E sempre la tua voce mi implora e mi ripete: «Ho sete, ho sete di amore»! Anch'io voglio ripetere la tua divina preghiera: ho sete d'amore. Io ho sete d'amore! Sazia la mia speranza, accresci in me, o Signore, il tuo ardore divino. Ho sete d'amore! Quale sofferenza, mio Dio, e come grande! Come vorrei volare da te! Il tuo amore, o Gesù, è il mio solo martirio; perché più brucia d'amore, più desidera amarti l'anima mia. Gesù, fa' che io muoia d'amore per te! (Santa Teresa di Gesù Bambino)