Questa sera pubblichiamo altre due parti della bellissima fiaba tratta dal libro di Eric-Emmanuel Schmitt "Oscar e la dama in rosa", segnalataci dalla nostra Enza, ed ormai vicina alla sua conclusione:
Caro Dio,
ho sessant’anni passati e pago il prezzo di tutti gli eccessi di ieri sera. Non mi sento in gran forma oggi.
Mi ha fatto piacere tornare a casa mia, all’ospedale. Quando si è vecchi, si diventa così, non si ha più voglia di viaggiare. E’ certo che non ho più voglia di andarmene.
Quello che ti ho detto nella mia lettera di ieri è che da Nonna Rosa, su una mensola, lungo le scale, c’è una statua di Peggy Blue. Te lo giuro. Esattamente uguale, di gesso, con lo stesso viso molto dolce, lo stesso colore azzurro sui vestiti e sulla pelle. Nonna Rosa sostiene che si tratta della Vergine Maria, tua madre da quanto ho capito, una madonna che si trova in casa sua da parecchie generazioni. Ha accettato di darmela. L’ho messa sul mio comodino. A ogni modo, tornerà un giorno nella famiglia di Nonna Rosa, poiché l’ho adottata.
Peggy Blue sta meglio. E’ venuta a farmi visita in sedia a rotelle. Non si è riconosciuta nella statua ma abbiamo passato un bel momento insieme. Abbiamo ascoltato lo schiaccianoci tenendoci la mano e la cosa ci ha ricordato i bei tempi.
Non riesco a scriverti di più perché trovo la stilografica un po’ pesante.
Tutti sono indisposti qui, persino il dottor Dȕsseldorf, a causa dell’indigestione da cioccolatini, foies gras, marrons glaces e dello champagne che tutti i genitori dei pazienti hanno offerto al personale curante. Mi piacerebbe molto che mi facessi visita.
A domani, baci
Oscar.
***
Caro Dio,
oggi ho avuto da settanta a ottant’anni e ho molto riflettuto. Ho usato il regalo natalizio di Nonna rosa.
Non so se te ne avevo parlato. E’ una pianta del Sahara che vive tutta la sua vita in un solo giorno. Non appena il seme riceve dell’acqua germoglia, diventa stelo, mette le foglie, fa un fiore, produce dei semi, avvizzisce, si appiattisce e, pugg, la sera è morto. E’ un regalo straordinario, ti ringrazio di averlo inventato. L’abbiamo annaffiata stamattina alle sette, Nonna Rosa, i miei genitori e io (a proposito, non so se te l’ho detto, in questo momento abitano da Nonna Rosa perché è meno lontano) e ho potuto seguire tutta la sua esistenza. Ero commosso. E’ piuttosto gracile e striminzita, non ha nulla di un baobab ma ha fatto valorosamente tutto il suo lavoro di pianta, come una grande, davanti a noi in una giornata, senza fermarsi. Con Peggy blue abbiamo letto a lungo il dizionario medico. E’ il suo libro preferito. Le malattie l’appassionano e si chiede quali potrà avere in futuro. Io ho cercato le parole che mi interessavano: “Vita”, “Fede”, “Dio”. Forse non mi crederai, non c’erano! Nota, questo prova già che né la vita, né la morte, , né la fede, né tu siete malattie. Il che rappresenta una notizia abbastanza buona. Però, in un libro così serio, dovrebbero esserci delle risposte alle domande più serie, no?
“Nonna Rosa, ho l’impressione che, nel dizionario medico, ci siano solo delle cose particolari, dei problemi che possono capitare a questo o a quel tizio. Ma non ci sono le cose che riguardano tutti: la Vita, la Morte, la Fede, Dio.”
“Forse bisognerebbe consultare un Dizionario filosofico, Oscar. Tuttavia, anche se trovi le idee che cerchi, rischi ugualmente di rimanere deluso. Propone parecchie risposte molto diverse per ogni nozione.”
“Come mai?”
“Le domande più interessanti rimangono domande. Avvolgono un mistero. A ogni risposta, si deve associare un “Forse”. Sono solo le domande senza interesse ad avere una risposta definitiva.”
“Vuole dire che per “Vita” non c’è soluzione?”
“Voglio dire che per “Vita” ci sono parecchie soluzioni, dunque nessuna soluzione.”
“Quello che penso io, Nonna Rosa, è che l’unica soluzione per la vita sia vivere.”
Il Dottor Dűsseldorf è passato a vederci con la sua aria da cane bastonato che lo rende ancora più espressivo, con le sue grandi sopracciglia nere.
“Si pettina la sopracciglia, Dottor Dűsseldorf?” ho chiesto.
Si è guardato attorno molto sorpreso, con l’aria di chiedere a Nonna Rosa e ai miei genitori se avesse udito bene. Ha finito di dire di si con voce soffocata.
“Non bisogna fare una faccia simile, Dottor Dűsseldorf. Ascolti, le parlerò francamente perché io sono sempre stato molto corretto sul piano medicina e lei è stato impeccabile sul piano malattia. La smetta con quell’espressione colpevole. Non è colpa sua se è costretto ad annunciare brutte notizie alle persone, malattie dai nomi latini e guarigioni impossibili. Deve rilassarsi, distendersi. Non è Dio Padre. Non è lei a comandare la natura. Lei è solo un riparatore. Deve rallentare, Dottor Dűsseldorf, diminuire la pressione e non darsi troppa importanza, altrimenti non potrà continuare a lungo con questo mestiere. Guardi già la faccia che ha.”
Ascoltandomi, il Dottor Dűsseldorf aveva la bocca come se stesse bevendo un uovo. Poi ha sorriso, ha fatto un vero sorriso e mi ha abbracciato.
“Hai ragione, Oscar. Grazie di avermelo ricordato.”
“Di nulla, Dottore, al suo servizio. Torni quando vuole.”
Ecco, Dio. La tua visita, invece, continuo ad aspettarla. Vieni. Non esitare. Vieni, anche se ho molta gente intorno in questo momento. Mi farebbe davvero piacere.
A domani, baci,
Oscar
Una fiaba metafisica per raccontare l'ineluttabile - VI
Pubblicato da
Riscoprire la fede
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martedì 14 febbraio 2012
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