Riflettiamo Insieme

nella vigna ...

Venite vicino

Questa sera torniamo a riflettere con una riflessione della nostra cara Enza:

“Venite vicino”. La chiave di lettura di questa parola per me è una: attingere alla fonte. Avvicinatevi a me, fate uno sforzo. Vi ho dato l’intelligenza perché possiate conoscermi. Vi ho dato un cuore, perché possiate amarmi, vi ho dato una chiesa perché possiate condividere.

“Andrete lontano”. Si Signore, vicino a te superiamo frontiere e ostacoli, perchè sei tu il motore della nostra esistenza e più nessuno riuscirà a fermarci. Grazie!

ARGOMENTO CHE PROPONGO PER UNA BUONA RIFLESSIONE DI COME IL CRISTIANO DEVE ESSERE NELLA CHIESA.
“LA CORRESPONSABILITA’ NELLA CHIESA”

PREMESSA:
Nella nostra diocesi bresciana ci si sta preparando al prossimo sinodo per le unità pastorali.
La mancanza di sacerdoti, la mobilità dei fedeli e il crollo della fede, ha portato il nostro vescovo a fare un sinodo per unire le parrocchie perché collaborino insieme. Lo Spirito di Cristo parla soprattutto attraverso i "segni dei tempi" e le persone ripiene della sua grazia. Ecco perché il Sinodo, in un contesto di preghiera e di ascolto della Parola di Dio, prevede sempre anche una consultazione del popolo di Dio, un discernimento spirituale comunitario, in vista di un nuovo cammino comune ed ecclesiale.

VANGELO. (MC 8,1-10)
In quei giorni, essendoci di nuovo molta folla che non aveva da mangiare, chiamò a sé i discepoli e disse loro: «Sento compassione di questa folla, perché già da tre giorni mi stanno dietro e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle proprie case, verranno meno per via; e alcuni di loro vengono di lontano». Gli risposero i discepoli: «E come si potrebbe sfamarli di pane qui, in un deserto?». E domandò loro: «Quanti pani avete?». Gli dissero: «Sette». Gesù ordinò alla folla di sedersi per terra. Presi allora quei sette pani, rese grazie, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; dopo aver pronunziata la benedizione su di essi, disse di distribuire anche quelli. Così essi mangiarono e si saziarono; e portarono via sette sporte di pezzi avanzati. Erano circa quattromila. E li congedò.
Salì poi sulla barca con i suoi discepoli e andò dalle parti di Dalmanùta.

In questo Vangelo ci sono molti spunti per pensare come anche noi, nella nostra vita, non siamo diversi da quegli apostoli ma pure da quei quattromila presenti da tre giorni nel deserto andati per ascoltare Gesù.
In questo Vangelo Gesù dice: “Sento compassione di questa folla”. La compassione che prova Gesù è reale, sa che quella gente ha fame. Poteva tranquillamente far scendere la manna e tutto si sarebbe risolto, invece vediamo come coinvolge gli apostoli ma pure gli altri, Gesù non vuole fare le cose da solo.
Io immagino anche il proprietario di quei sette pani e pochi pesciolini, erano suoi, poteva sfamare lui e i suoi figli, invece ha avuto fiducia in Gesù, li ha donati, li ha messi a disposizione e ha collaborato a ciò che gli veniva chiesto. Poi il mio pensiero va pure agli apostoli quando Gesù disse loro di distribuire quei pochi pani dopo che li aveva benedetti. Quale faccia avranno fatto? Distribuire a quattromila persone qualche boccone di pane? Invece hanno ascoltato e lo stupore è stato grande: tutti hanno mangiato e si sono sfamati.

La corresponsabilità è fatta anche di gesti concreti di condivisione e generosità. Dobbiamo allora porci alcune domande. Qual è la nostra disponibilità ad aprirci agli altri e condividere il nostro tempo, le nostre energie e le nostre risorse?
Quei sette pani e pochi pesci, non sarebbero certamente bastati senza l’intervento di Gesù. Ci siamo mai chiesti quanto siamo aperti all’azione di Gesù nella nostra vita? Quanta fiducia abbiamo in Lui?
La nostra vita di ogni giorno è scandita dagli incontri che ci capitano, dalle cose che diciamo, dai gesti che facciamo, dalle decisioni piccole o grandi che prendiamo……. Ma cos’è che dà realmente sostanza e senso alle nostre azioni? Cosa, o chi, ci muove davvero?

Oggi quando penso al mio passato fatto di molto lavoro, di disponibilità, di condivisione, non posso fare a meno di pensare quanta grazia il Signore mi ha concesso per essermi donata sempre o quasi sempre gratuitamente. Ho un rammarico però, ed è quello di non essere mai stata collaboratrice nella mia comunità cristiana, nella mia parrocchia per ovvi motivi. Ho agito spesso da cristiana nella mia società ma è diverso che muoversi nella e con la chiesa. Ne sono cosciente ora che do la mia collaborazione e che vivo l’esperienza di dono comunitario, di collaborazione e di piccole responsabilità.
Ognuno di noi nella chiesa è apostolo che agisce, ma senza la fiducia in Gesù, senza ammettere che è Lui che ci ha chiamati ad operare possiamo rovinare tutto.
Sappiamo bene tutti che il sacerdote è una persona  che può avere grandi capacità organizzative e spirituali ma può avere anche alcuni difetti. Ci sono sacerdoti che faticano a dare in mano delle responsabilità ai laici, faticano ad aprirsi ad altre realtà, ma ci sono pure laici che si credono sacerdoti e da qui arrivano i problemi difficili da gestire.
Le parrocchie sono state create proprio per avere dei punti di incontro con il Signore nell’eucarestia, nei vari sacramenti; dove i fedeli si incontrano per ascoltare la Parola di Dio, ma che nei tempi, grazie ad alcuni santi sacerdoti, sono sorti pure gli oratori, punto di aggregazione e di formazione cristiana per i giovani. Dobbiamo capire che la parrocchia non è proprietà di nessuno e i battezzati sono chiamati ad operare, chi in un modo chi nell’altro in base ai propri carismi per il bene di tutti.


Per la sua missione la chiesa ha bisogno di tutti i battezzati per l’edificazione del corpo di Cristo.
Si tratta di una responsabilità “originaria”, in quanto è fondata non solo sull’operato del clero, ma su un incarico affidato “dal Signore stesso per mezzo del Battesimo e della Confermazione”. Il Concilio afferma che i sacri pastori non sono stati istituiti da Cristo per assumersi da soli la salvezza che la chiesa ha ricevuto nei confronti del mondo, ma che il loro magnifico incarico è quello di pascere i fedeli e di riconoscere i loro servizi e i loro carismi, in modo che tutti concordemente cooperino, nella loro misura, all’opera comune. (Lumen Gentium 30)

Se la missione richiede la partecipazione corresponsabile di tutti i battezzati, è perché trova il suo fondamento nella “Comunione”.
Si tratta in primo luogo della comunione con Dio Padre mediante Gesù Cristo nello Spirito Santo. La Chiesa infatti, si presenta come “un popolo adunato dall’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Lumen Gentium 4) La Chiesa attinge dalla comunione Trinitaria, rivelata e trasmessa da Gesù Cristo, la sua essenza, la sua origine e la sua vita, soprattutto attraverso la Parola di Dio e i Sacramenti, in modo particolare attraverso l’Eucarestia, il Sacramento principale, a cui tutti gli altri sono ordinati. La comunione, che costituisce l’essenza della Chiesa, riguarda però anche la comunione fraterna e la carità verso tutti gli uomini. la Chiesa oggi sarà capace di servire il vangelo, di essere segno credibile del Regno di Dio, di entrare in dialogo col mondo, solo se riuscirà a dare visibilità, anche mediante una corrispondente organizzazione, al suo essere comunione.
Voglio terminare con un piccolo mio pensiero alla fine di questo pomeriggio di discernimento. La chiesa non deve fare politica ma vivere la politica si, è suo dovere. Contrastare scelte che danneggiano l’uomo è doveroso. Le associazioni cattoliche che si interessano di politica per il bene comune, non fanno altro che un servizio di comunione verso i più deboli e abbandonati. E’ il compito del cristiano operare in qualsiasi ambito per portare pace e solidarietà.
Pace e bene a tutti!

Una fiaba metafisica per raccontare l'ineluttabile - VI

Questa sera pubblichiamo altre due parti della bellissima fiaba tratta dal libro di Eric-Emmanuel Schmitt "Oscar e la dama in rosa", segnalataci dalla nostra Enza, ed ormai vicina alla sua conclusione:

Caro Dio,

ho sessant’anni passati e pago il prezzo di tutti gli eccessi di ieri sera. Non mi sento in gran forma oggi.
Mi ha fatto piacere tornare a casa mia, all’ospedale. Quando si è vecchi, si diventa così, non si ha più voglia di viaggiare. E’ certo che non ho più voglia di andarmene.
Quello che ti ho detto nella mia lettera di ieri è che da Nonna Rosa, su una mensola, lungo le scale, c’è una statua di Peggy Blue. Te lo giuro. Esattamente uguale, di gesso, con lo stesso viso molto dolce, lo stesso colore azzurro sui vestiti e sulla pelle. Nonna Rosa sostiene che si tratta della Vergine Maria, tua madre da quanto ho capito, una madonna che si trova in casa sua da parecchie generazioni. Ha accettato di darmela. L’ho messa sul mio comodino. A ogni modo, tornerà un giorno nella famiglia di Nonna Rosa, poiché l’ho adottata.
Peggy Blue sta meglio. E’ venuta a farmi visita in sedia a rotelle. Non si è riconosciuta nella statua ma abbiamo passato un bel momento insieme. Abbiamo ascoltato lo schiaccianoci tenendoci la mano e la cosa ci ha ricordato i bei tempi.
Non riesco a scriverti di più perché trovo la stilografica un po’ pesante.
Tutti sono indisposti qui, persino il dottor Dȕsseldorf, a causa dell’indigestione da cioccolatini, foies gras, marrons glaces e dello champagne che tutti i genitori dei pazienti hanno offerto al personale curante. Mi piacerebbe molto che mi facessi visita.

A domani, baci
Oscar.



***

Caro Dio,

oggi ho avuto da settanta a ottant’anni e ho molto riflettuto. Ho usato il regalo natalizio di Nonna rosa.
Non so se te ne avevo parlato. E’ una pianta del Sahara che vive tutta la sua vita in un solo giorno. Non appena il seme riceve dell’acqua germoglia, diventa stelo, mette le foglie, fa un fiore, produce dei semi, avvizzisce, si appiattisce e, pugg, la sera è morto. E’ un regalo straordinario, ti ringrazio di averlo inventato. L’abbiamo annaffiata stamattina alle sette, Nonna Rosa, i miei genitori e io (a proposito, non so se te l’ho detto, in questo momento abitano da Nonna Rosa perché è meno lontano) e ho potuto seguire tutta la sua esistenza. Ero commosso. E’ piuttosto gracile e striminzita, non ha nulla di un baobab ma ha fatto valorosamente tutto il suo lavoro di pianta, come una grande, davanti a noi in una giornata, senza fermarsi. Con Peggy blue abbiamo letto a lungo il dizionario medico. E’ il suo libro preferito. Le malattie l’appassionano e si chiede quali potrà avere in futuro. Io ho cercato le parole che mi interessavano: “Vita”, “Fede”, “Dio”. Forse non mi crederai, non c’erano! Nota, questo prova già che né la vita, né la morte, , né la fede, né tu siete malattie. Il che rappresenta una notizia abbastanza buona. Però, in un libro così serio, dovrebbero esserci delle risposte alle domande più serie, no?
“Nonna Rosa, ho l’impressione che, nel dizionario medico, ci siano solo delle cose particolari, dei problemi che possono capitare a questo o a quel tizio. Ma non ci sono le cose che riguardano tutti: la Vita, la Morte, la Fede, Dio.”
“Forse bisognerebbe consultare un Dizionario filosofico, Oscar. Tuttavia, anche se trovi le idee che cerchi, rischi ugualmente di rimanere deluso. Propone parecchie risposte molto diverse per ogni nozione.”
“Come mai?”
“Le domande più interessanti rimangono domande. Avvolgono un mistero. A ogni risposta, si deve associare un “Forse”. Sono solo le domande senza interesse ad avere una risposta definitiva.”
“Vuole dire che per “Vita” non c’è soluzione?”
“Voglio dire che per “Vita” ci sono parecchie soluzioni, dunque nessuna soluzione.”
“Quello che penso io, Nonna Rosa, è che l’unica soluzione per la vita sia vivere.”
Il Dottor Dűsseldorf è passato a vederci con la sua aria da cane bastonato che lo rende ancora più espressivo, con le sue grandi sopracciglia nere.
“Si pettina la sopracciglia, Dottor Dűsseldorf?” ho chiesto.
Si è guardato attorno molto sorpreso, con l’aria di chiedere a Nonna Rosa e ai miei genitori se avesse udito bene. Ha finito di dire di si con voce soffocata.
“Non bisogna fare una faccia simile, Dottor Dűsseldorf. Ascolti, le parlerò francamente perché io sono sempre stato molto corretto sul piano medicina e lei è stato impeccabile sul piano malattia. La smetta con quell’espressione colpevole. Non è colpa sua se è costretto ad annunciare brutte notizie alle persone, malattie dai nomi latini e guarigioni impossibili. Deve rilassarsi, distendersi. Non è Dio Padre. Non è lei a comandare la natura. Lei è solo un riparatore. Deve rallentare, Dottor Dűsseldorf, diminuire la pressione e non darsi troppa importanza, altrimenti non potrà continuare a lungo con questo mestiere. Guardi già la faccia che ha.”
Ascoltandomi, il Dottor Dűsseldorf aveva la bocca come se stesse bevendo un uovo. Poi ha sorriso, ha fatto un vero sorriso e mi ha abbracciato.
“Hai ragione, Oscar. Grazie di avermelo ricordato.”
“Di nulla, Dottore, al suo servizio. Torni quando vuole.”
Ecco, Dio. La tua visita, invece, continuo ad aspettarla. Vieni. Non esitare. Vieni, anche se ho molta gente intorno in questo momento. Mi farebbe davvero piacere.

A domani, baci,
Oscar

Amare qualcuno... ricordando Patrizia

Carissimi, il nostro cuore oggi è triste perché ci ha lasciati la nostra cara Patrizia a cui abbiamo dedicato questa sezione da lei fortemente voluta. La vogliamo per questo ricordare attraverso la prima riflessione che ha inaugurato due anni fa questo spazio:

Amare qualcuno, non significa pensarla come lui, come spesso si crede, ma significa amare come Lui ci ama! Dall' Incarnazione alla Pentecoste i Vangeli sono pieni di racconti di come Lui ci ha amati e ci ama, della tenerezza che ha avuto nei confronti degli uomini, anche(o soprattutto?) di quelli ritenuti indegni dagli uomini che invece, si ritenevano "giusti". Ha iniziato i Miracoli trasformando l' acqua in vino, su richiesta di Maria, che da piena di Grazia qual era, si era resa conto dell'imbarazzo degli sposi; ha continuato più o meno così, provando sempre compassione per le necessità degli uomini; moltiplicando pani e pesci, scacciando demoni, ridando la vista ai ciechi, facendo camminare i paralitici, risuscitando addirittura i morti. Ma soprattutto ci ha dato se stesso, nel Sacramento dell' Eucaristia, che sarebbe continuato nella Chiesa, col dono dello Spirito Santo, insegnandoci così che "Non di solo pane vive l'uomo".
Non ho mai conosciuto nessuno che abbia amato così! Ci ha anche affidati a Sua Madre, che ci protegge sempre e non ci abbandona mai. Non si può certo dire che abbia fatto tutto ciò per quelli che la pensavano come Lui, o che appartenevano alla Sua famiglia o al Suo popolo, anzi nella Sua patria non ha potuto compiere che pochi miracoli a causa della loro incredulità! Mentre ad esempio i Samaritani beneficiano di numerosi Suoi interventi e colloqui. Quello che conta per essere soccorsi da Lui è sentirsi bisognosi, assetati di giustizia, di pace, di Amore e invocare il Suo intervento Misericordioso. Ancora oggi è così! 


Quindi anche tra cristiani deve essere così: l'amore per l'altro non deve partire dal fatto che è nostro amico o ha le nostre stesse idee politiche, come spesso succede, ma dalla gratuità! Quindi non si può neanche imporre! Gesù non ha mai imposto la Sua Presenza,(anche se senza di essa non c'è salvezza) ma si è sempre donato a chi Lo cercava! Se riflettessimo più spesso sul Suo Amore che è così libero, ogni nostra pretesa o imposizione sugli altri cesserebbe; ogni violenza anche, perchè LUI si è fatto uccidere, non ha ucciso nessuno, non ha nemmeno reagito, imprecato, odiato, no,no,no! Ma ha detto: "Perdona loro perchè non sanno quello che fanno" Signore rendici capaci di amare come TU ami; mostrati a tutti, fa' che tutti invochino la Tua Infinita Sconvolgente Misericordia, grazie. 

Raccolta di scritti di Sant'Antonio Abate

Oggi desideriamo proporre una raccolta di scritti di Sant'Antonio Abate celebrato in questa giornata per trarre utili spunti di meditazione:


"Il dominio di sé, la mitezza, la castità, la solidità di carattere, la pazienza insieme alle altre virtù sono le armi date da Dio per resistere alle prove ed aiutarci nel combattimento spirituale. Addestrandoci in esse e mantenendoci pronti alla pugna, nessun contrasto, per quanto aspro, grave, devastatore e intollerabile ci apparirà invincibile. Chi non possiede saggezza, mai pensa che ogni vicissitudine è per condurci al bene; la prova manifesta le nostre virtù e ci rende degni di essere coronati da Dio".

Rifletti sulla vanità breve ed illusoria della giocondità dei ricchi, acquisterai la conoscenza di quanto è migliore la vita virtuosa, amata da Dio. 


"Questa conoscenza ti permetterà di vedere uomini non interiormente liberi applauditi per l'eloquenza, l'erudizione e i beni posseduti, e non avrai più amarezza o rimpianto o risentimento per nulla. 

Comprenderai che il pessimo male dell'anima sono i desideri insaziabili di ricchezze e piaceri, uniti all'ignoranza della verità".

"Chiunque si adopri a condurre una esistenza libera dal male e illuminata dall'amore di Dio, abbandoni ogni stima di se stesso ed ogni ricerca di gloria effimera, vigili a riformare le sue forze vitali interiori ed esteriori. 


Una mente, fertile per l'amore di Dio e salda nella fede delle realtà invisibili, è guida e cammino verso Dio. 


Chi non ha conoscenza sufficiente per separare il bene dal male, non può erigersi a giudice di ciò che è bene o male tra gli uomini. L'uomo che ha conoscenza sperimentale di Dio, è buono; quando uno non è buono vuol dire che non ha la pienezza della conoscenza e non è partecipe della conoscenza che viene da Dio. Conoscere Dio significa possedere la bontà essenziale".


"Non devono venire scoraggiati o spinti a disperare quelli che non hanno inclinazione al bene. Cerchino, invece, di raggiungere la vita pura e gradita a Dio, anche se appare inaccessibile e irraggiungibile. Pensino che devono vigilare su loro stessi nel modo migliore che possono. Anche se non raggiungeranno la pienezza della vita pura, vigilando attentamente su sé‚ stessi, o miglioreranno, o almeno non diverranno peggiori, e questo è un non piccolo bene per l'anima".

"L'anima che ha raggiunto l'integrità prima, per la sua sottile essenza, è resa santa e luminosa da Dio, così la mente pensa ciò che è giusto e partorisce buone intenzioni e azioni rette. 

Ma quando è dissacrata dal peccato, Dio fugge da casa, o per meglio dire è l'anima che precipita lungi da Dio e i mali spiriti prendendo possesso del suo pensiero suggeriscono cose inverosimili: adulteri, delitti, rapine e simili terribili opere".

Breve introduzione alla preghiera del cuore

Questa sera torniamo a riflettere insieme grazie ad una vera perla segnalataci dalla nostra Enza:

Breve introduzione alla preghiera del cuore



don Diego Facchetti, assistente diocesano AdP



1. «Pregate ininterrottamente»

Come rispondere all’esortazione del Vangelo: «Vegliate in ogni momento pregando» (Lc 21, 36); come è possibile «pregare sempre, senza stancarsi mai» (Lc 18, 1), «pregare ininterrottamente» (cfr. 1Ts 5, 17; Ef 6, 18)?

Nel monachesimo, più precisamente nell’esicasmo (da ἡσυχία = vivere in silenzio, in pace, nel raccoglimento, per situarsi in stabile intimità con Dio), per il quale la perfezione dell’uomo consiste nell’unione con Dio in una preghiera incessante, si utilizzava la ripetizione costante di brevi orazioni.

Cassiano († 430/435), ad es., raccomandava la ripetizione del Sal 69 (70), 2: «Vieni a salvarmi, o Dio, vieni presto, Signore, in mio aiuto» (Collationes 10, 10: SCh 54, pp. 85-90, in Conferenze spirituali, ed. Paoline, s.l. 1966, vol. 1, pp. 430-436).

Agostino († 430) scrive: «Si dice che i fratelli in Egitto abbiano preghiere frequenti, tuttavia brevissime e come lanciate rapidamente (raptim quodam iaculatas), affinché nelle pause troppo prolungate non si disperda e s’affievolisca quella tensione, già stabilita con vigile attenzione, che è grandissimamente necessaria a chi prega» (ep. 130, 10, 20 [a Proba]: PL 33, 501; ed. Paoline, Milano 1981 [LCO. Testi 11], p. 110).

La tradizione orientale parlò di preghiera monologica, perché contiene un’espressione, un pensiero ripetuto continuamente.

Nello sviluppo ulteriore, dal V al XIII secolo, tra queste brevi preghiere assunse rilievo particolare l’invocazione del nome di Gesù, ed a questo esercizio fu attribuita una speciale efficacia.

«Se... l’uomo incomincia a progredire con l’osservanza dei precetti e invoca incessantemente il Signore Gesù, allora il fuoco della santa grazia si distribuisce anche ai sensi esteriori del cuore a consumare interamente la zizzania della terra umana... Pertanto, chi vuole purificare il proprio cuore, lo infiammi perpetuamente con il ricordo del Signore Gesù, avendo questo solo come studio e opera incessante» (Diadoco di Fotica [Epiro, metà V sec.], Cento capitoli sulla perfezione cristiana 85. 97, in La Filocalia, vol. 1, Gribaudi, Torino 1982, pp. 385. 394).

«L’esichia consiste nello stare in continua adorazione del Signore, sempre alla sua presenza, con il ricordo di Gesù aderente al tuo respiro, allora potrai toccare con mano i vantaggi dell’esichia» (Giovanni Climaco [† 649 ca] La scala del paradiso 185 [gr. 27, append.], ed. Città Nuova, Roma 1989, p. 324).

«Attenzione è il silenzio ininterrotto del cuore, da ogni pensiero; il silenzio che sempre e perennemente e ininterrottamente respira e invoca Cristo Gesù, Figlio di Dio e Dio; lui solo... La contemplazione la ricevono la perseverante preghiera di Gesù, la dolce tranquillità priva di fantasia dell’intelletto e lo stato che proviene da Gesù... L’oblio sa spegnere la custodia dell’intelletto come l’acqua spegne il fuoco. Ma la preghiera continua di Gesù, insieme a una sobrietà intensa, lo butta completamente via dal cuore» (Esichio il Sinaita [VIII-X sec.], A Teodulo. Discorso... sulla sobrietà e la virtù 5. 7. 102, in La Filocalia, vol. 1, cit., pp. 231-232. 249).

Nei secc. XIII e XIV sul monte Athos la prassi dell’invocazione del nome di Gesù era intensa e collegata con una tecnica psicosomatica, che puntava sul ritmo del proprio respiro.



2. La preghiera di Gesù (o a Gesù)

Nel trattatello Le tre forme di preghiera (attribuito a Simeone il Nuovo Teologo [† 1022], ma probabilmente opera di Niceforo l’Esicasta [sec. XIII]: cfr. La Filocalia , vol. 4, ed. cit., 1994, pp. 506-515) viene illustrata una «terza forma di attenzione e di preghiera». Non si tratta né di «guardare al cielo» e «tenere l’intelletto nelle realtà celesti» (prima forma: ib., p. 509); né di «custodire con l’intelletto i propri sensi» (seconda forma: ib., p. 510), ma di custodire il cuore. In tal modo l’intelletto, gustando la bontà del Signore (cfr. Sal 33 [34], 9), non vorrà più allontanarsi dal cuore e farà proprie le parole di Pietro: «È bello per noi essere qui!» (Mt 17, 4; cfr. ib., pp. 510-511).

Si propone l’invocazione del nome di Gesù con una formula che, seppure con qualche minima variante, conoscerà una grande diffusione, soprattutto tra i cristiani bizantini e slavi, ma recentemente anche in Occidente: «Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore». Questa formula unisce predicati biblici di Gesù con la richiesta di misericordia. In essa si può riconoscere particolarmente l’invocazione del cieco di Gerico («Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!»: Mc 10, 47) e la richiesta del pubblicano («O Dio, abbi pietà di me peccatore»: Lc 18, 13). In tal modo «la nostra povertà di peccatori è avvicinata ai titoli della sua grandezza. A lui ci accostiamo come mendicanti fiduciosi nella sua misericordia» (CdA 968).

Alla fine del sec. XVIII il vescovo Macario di Corinto († 1805) ed il monaco dell’Athos Nicodemo di Naxos († 1809) cercarono di ridare vita alla preghiera di contemplazione. Si dedicarono, perciò, alla raccolta di testi della tradizione esicasta, dai Padri del deserto sino ai teorici della preghiera di Gesù nei secc. XIII-XIV. Nacque, così, la Filocalìa, stampata a Venezia nel 1782 (cfr. la trad. italiana sulla 4a ed. di Atene 1974-76, 4 voll., curr. M.B. Artioli - M.F. Lovato della Comunità di Monteveglio, Gribaudi, Torino 1982-1987, già cit.; J. Gouillard [ed.], Piccola filocalia della preghiera del cuore, Paoline, Milano 1988). Grazie alla traduzione della Filocalìa (= Dobrotoljubie) dapprima ad opera di Paisij Velickovskij (Ucraina 1722 - Moldavia 1794) e poi di Teofane il Recluso († 1894), questa tradizione ebbe grande sviluppo in Russia e plasmò in maniera determinante la spiritualità russa del XIX sec.

La prassi della preghiera di Gesù nel senso dell’esicasmo fu conosciuta in Occidente grazie alla traduzione in varie lingue del testo Racconti di un pellegrino russo, le cui origini rimangono sconosciute. I primi quattro racconti che lo compongono sono apparsi forse per la prima volta nel 1870 ca a Kazan; gli ultimi tre nel 1911 (cfr. l’ed. cur. da C. Carretto, Cittadella, Assisi 198913, pp. 10; 18-20; 108; 27-28; e quella di Rusconi, Milano 199416, comprendente tutti i sette racconti).

I più recenti commentatori della preghiera di Gesù tendono a distinguere la preghiera stessa dalla tecnica psicosomatica che fu sviluppata in modo particolare nella tradizione del monte Athos. Tuttavia, proprio nel nesso tra l’elemento corporale e la preghiera fatta con la bocca ed il cuore vi è l’elemento unificante: la condizione di riposo raggiunta dalla persona diventa espressione insieme della fede e della dedizione a Dio rivelatosi in Cristo.

Il rosario è stato definito «la preghiera di Gesù dell’occidente»: una meditazione sulla vita di Gesù, in cui l’evento salvifico viene interiorizzato – mediante il «ruminare» continuo di un’orazione ripetitiva – affinché la vita sia compenetrata e plasmata dallo Spirito di Cristo.



3. Pregare con il cuore

Il Catechismo della Chiesa cattolica afferma:

«Il cuore è la dimora dove sto, dove abito (secondo l’espressione semitica o biblica: dove ‘discendo’). È il nostro centro nascosto, irraggiungibile dalla nostra ragione e dagli altri; solo lo Spirito di Dio può scrutarlo e conoscerlo. È il luogo della decisione, che sta nel più profondo delle nostre facoltà psichiche. È il luogo della verità, là dove scegliamo la vita o la morte. È il luogo dell’incontro, poiché, ad immagine di Dio, viviamo in relazione: è il luogo dell’alleanza» (C 2563).

Possiamo pregare con il cuore, in unione al Cuore di Gesù. La devozione al S. Cuore è essenzialmente eucaristica: davanti all’Eucaristia possiamo sostare in silenzio, o ripetendo una breve invocazione, o pregando le Litanie, o anche – se lo desideriamo – pregando con calma la Coroncina, che presenta i sentimenti di Gesù e spinge a una verifica dei nostri.

Come sappiamo, la preghiera liturgica ha, e deve avere, il primato perché la liturgia resta culmine di tutta l’azione della Chiesa, fonte della sua forza. Ma la preghiera liturgica trova la sua preparazione e il suo prolungamento nel tempo della vita quotidiana, nell’intimo del cuore del cristiano, e tenta di diventare incessante: quando mangiamo, quando lavoriamo, quando riposiamo... La preghiera di Gesù, la preghiera del cuore rappresenta il tentativo di un dialogo continuo con Dio.

Perché non realizzare una respirazione congiunta dei due «polmoni» della Chiesa (Oriente-Occidente), proprio indirizzando il cuore dell’uomo all’incontro e alla sua plasmazione sul Cuore del Redentore? Ancor oggi, in cui gli uomini sentono, forse talvolta in modo confuso, il bisogno della preghiera continua, essa può essere una grazia offerta a tutti, per unirsi a Dio, ma anche per andare verso il prossimo. Affermava Lev Gillet, il «monaco della Chiesa d’Oriente» († 1980):

«Il nome di Gesù è un mezzo concreto e potente di trasfigurare gli uomini nella loro profonda e divina realtà... Questi uomini e queste donne che incontriamo... andiamo verso loro con il nome di Gesù nel nostro cuore e sulle nostre labbra, pronunciamo silenziosamente su di loro questo nome (che è il loro vero nome)» (Un Moine de l’Église d’Orient, La prière de Jésus...., Chevetogne 1963, p. 80).

Annunzio del Giorno della Pasqua

Dopo la proclamazione del Vangelo, il diacono o il sacerdote o un altro ministro idoneo può dare l’annunzio del giorno della Pasqua:

Fratelli carissimi, la gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno.
Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza.
Centro di tutto l’anno liturgico è il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, che culminerà nella domenica di Pasqua l'8 aprile.
In ogni domenica, Pasqua della settimana, la santa Chiesa rende presente questo grande evento nel quale Cristo ha vinto il peccato e la morte.
Dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi:
Le Ceneri, inizio della Quaresima, il 22 febbraio.
L’Ascensione del Signore, il 20 maggio.
La Pentecoste, il 27 maggio.
La prima domenica di Avvento, il 2 dicembre.
Anche nelle feste della santa Madre di Dio, degli apostoli, dei santi e nella commemorazione dei fedeli defunti, la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore.

A Cristo che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia, lode perenne nei secoli dei secoli.
Amen.


FAMIGLIA, piccola chiesa domestica

Oggi la Chiesa festeggia la Santa Famiglia di Nazareth. Vogliamo riflettere sul valore della famiglia attraverso l'Omelia risalente a qualche anno fa, per la precisione al 2008, di mons. Antonio Riboldi:


Se c'è un immenso bene per tutti noi - genitori e figli - una vera scuola di vita, con la V maiuscola, è il dono della famiglia.
Chi di noi non ha nostalgia della sua famiglia? Del papà, della mamma, dei fratelli?
Nella mia famiglia, con la severità di papà, vera autorità che fa crescere, c'era la dolcezza di mamma (quanta pazienza con noi!) e la gioia turbolenta di essere in sette fratelli.
C'era tanta povertà, che difficilmente oggi si può immaginare, ma compensata da tanto, tanto affetto e tanta fede e rispetto, per cui la famiglia era davvero il bene insostituibile per ciascuno. Quante volte, nelle mie riflessioni, parlo di mamma!
Una famiglia che aveva la sua solidità nel sincero e profondo amore che c'era tra i genitori, anche se provati da tante difficoltà: un amore che non si affidava, come spesso accade oggi, al solo sentimento, che svanisce presto, lasciando quel vuoto che poi uccide l'amore, ma un amore che era decisione ferma di 'amare l'altro, volerlo amare, più di se stessi'.
Ci si svegliava al mattino e tutti, anche se singolarmente, recitavamo subito le preghiere del mattino e terminavamo il giorno con il S. Rosario. Oggi pare che tutto sia divorato dalla TV, dalla corsa al consumismo e Dio trova poco spazio nelle nostre giornate.
Nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, all'articolo 16 si dichiara: ?La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto a essere protetta dalla società e dallo Stato?. Già siamo molto lontani dall'attuazione di questo principio etico, universalmente accettato, o almeno così dovrebbe essere!
Ma, soprattutto, da quando la famiglia ha cessato di essere una 'piccola Chiesa domestica', si è approfondita quella crisi che tutti soffriamo.
Ecco dunque che la Chiesa celebra oggi - e molto opportunamente - la Festa della Sacra Famiglia, ossia di Giuseppe sposo, Maria Mamma e Gesù Figlio.
Così la Chiesa descrive mirabilmente la famiglia - al di là di tutte le pericolose sciocchezze che si scrivono oggi -: ?L'Autore di tutte le cose (Dio) ha costituito il matrimonio quale principio e fondamento della umana società e con la sua grazia l'ha reso grande sacramento, in riferimento a Cristo e alla Chiesa. I coniugi cristiani sono cooperatori della grazia e testimoni della fede reciprocamente e nei confronti dei figli e di tutti gli altri familiari. Sono essi i primi araldi della fede ed educatori dei loro figli; li formano alla vita cristiana e apostolica con la parola e l'esempio, li aiutano con prudenza nella scelta della loro vocazione e favoriscono con diligenza la sacra vocazione eventualmente in essi scoperta" (AA 11).
Non possiamo nasconderci come lo sbando di tanti ragazzi o giovani, che eufemisticamente si definisce 'sballo', abbia la sua radice proprio da quello che si insegna e testimonia nelle famiglie. Ogni figlio che nasce, dono del Padre e, prima ancora Suo figlio, è un preziosissimo 'racconto di bellezza di animo' che, lentamente, con l'età, sarà chiamato, responsabilmente a formare lo stupendo scenario della santità.
Il giorno in cui un bambino viene presentato alla Chiesa, perché, con il Battesimo, divenga figlio di Dio e quindi membro della grande famiglia celeste, che domani si riunirà in cielo, ai genitori si chiede la promessa di un'educazione alla fede.
Compito primario di mamma e papà non delegabile.
La Chiesa, nelle tappe della vita - la Cresima, il Matrimonio - cerca di verificare e colmare i vuoti educativi. Ci si accorge, tante volte, della grande ignoranza, come se negli anni passati non avessero ricevuto nessuna educazione di 'figli di Dio'.
E per quanti sforzi possa fare la Chiesa, nella catechesi, non potrà mai supplire all'educazione della famiglia. Che grande responsabilità dei genitori!
Sono sempre stato del parere che l'educazione religiosa, che i genitori impartiscono, sia l'atto di carità più grande si possa esercitare, perché si dà 'forma divina alla vità.
Cosi come, venir meno a questo grande compito, è il più grande danno alla vita dei figli ed il più grave peccato, di cui si dovrà rendere conto a Dio e ?ai figli stessi!
È davvero sulla sacralità della famiglia, sul suo compito di catechesi e, quindi, di formazione alla vita secondo Dio, che si gioca la bontà e bellezza di ogni famiglia, ripeto, insostituibile e non delegabile ad altri, neppure all'opera dei catechisti che, pur facendo di tutto per dare un senso spirituale alla vita, non basteranno.
È istruttivo, allora, ciò che l'Evangelista Luca racconta oggi: ?Quando venne il tempo della loro purificazione, secondo la Legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino Gesù a Gerusalemme, per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombe. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto di Israele. Lo Spirito Santo che era sopra di lui gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte prima di avere veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò nel tempio: e mentre i genitori vi portavano il Bambino Gesù, per adempiere alla Legge, lo prese fra le braccia e benedisse Dio dicendo: Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele. Il padre e la madre di Gesù si stupirono delle cose che si dicevano di lui. Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazareth. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza e la grazia di Dio era sopra di Lui? (Lc 2, 22-40).
Cerchiamo di imitare l'esempio della Sacra Famiglia, come è descritta dal caro Paolo VI:
?Le lezioni che ci dà Nazareth
lezione di silenzio: rinasca in noi la stima del silenzio, ammirabile e indispensabile atmosfera dello spirito; rinasca in noi questa stima, circondati come siamo da tanti frastuoni e voci clamorose nella nostra vita moderna e supersensibilizzata.
O silenzio di Nazareth, insegnaci il raccoglimento interiore, dacci la disposizione ad ascoltare le buone ispirazioni e le parole dei veri maestri. Insegnaci la necessità del lavoro di preparazione, dello studio, della vita interiore personale, della preghiera che Dio solo vede nel segreto.
Lezione di vita di famiglia: Nazareth ci insegni che cos'è la famiglia, la sua comunione di amore, la sua austera e semplice bellezza, il suo carattere sacro ed inviolabile. Impariamo da Nazareth com'è dolce e insostituibile la formazione che essa dà. Impariamo come la sua funzione stia all'origine e alla base della vita sociale.
Lezione di lavoro: o Nazareth, casa del 'figlio del falegname'. Vorremmo qui comprendere e di qui celebrare la legge severa e redentrice della fatica umana. Qui ricomporre la dignità del lavoro, richiamare qui che il lavoro non può essere fine a se stesso, ma che a garantire la sua libertà e dignità, sono, al di sopra dei valori economici, i valori che lo finalizzano? (5/1/1964 a Nazareth).
Con Madre Teresa di Calcutta preghiamo:
?Padre dei Cieli, ci hai dato un modello di vita nella Sacra famiglia di Nazareth.
Aiutaci, Padre d'amore, a fare della nostra famiglia un'altra Nazareth,
dove regnano l'amore, la pace e la gioia.
Che possa essere profondamente contemplativa,
insensatamente 'eucaristica' e vibrante di gioia.
Aiutaci a stare insieme nella gioia e nel dolore, grazie alla preghiera in famiglia.
Insegnaci a vedere Gesù nei membri della nostra famiglia,
soprattutto se vestiti di sofferenza.
Che il Cuore eucaristico di Gesù renda i nostri cuori mansueti e umili come il Suo.
Aiutaci a svolgere santamente i nostri doveri familiari.
Che possiamo amarci come Dio ama ciascuno di noi,
sempre, ogni giorno,
e saperci perdonare i difetti come Tu perdoni i nostri peccati?

Sezione dedicata alla nostra amica Patrizia:

Il Dolore solo se è accettato e offerto diviene gioia, altrimenti può diventare disperazione. Il maligno tenta sempre di farci imboccare questa strada, che porta alla distruzione di sè e degli altri.
La domanda, il grido ci salva, perchè, come un bambino quando invoca la mamma è aiutato da lei, a maggior ragione o tanto più la nostra Mamma Celeste viene in nostro soccorso, portandoci lo Spirito Consolatore che ci fa ritornare la speranza.

Questo dolore non è capito dagli uomini, difficilmente ci possono aiutare, di solito LO aumentano!

Solo TU Signore ci comprendi totalmente, perchè siamo opera Tua. Fa' o Signore che possiamo amare anche chi non comprendiamo o non ci comprende, grazie. (Patrizia)

Gesù Cristo

Gesù Cristo
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».

Riflettiamo

Impariamo a soffermarci sulle parole e meditiamone il loro significato

L'importanza della preghiera

Chi prega, certamente si salva; chi non prega certamente si danna. Tutti i beati, eccettuati i bambini, si sono salvati col pregare. Tutti i dannati si sono perduti per non pregare; se pregavano non si sarebbero perduti. E questa è, e sarà la loro maggiore disperazione nell’inferno, l’aversi potuto salvare con tanta facilità, quant’era il domandare a Dio le di lui grazie, ed ora non essere i miseri più a tempo di domandarle

(Sant'Alfonso Maria De' Liguori)

Accrescere la cultura

«Io voglio vivere per Gesù e per la Chiesa. La scienza che serve a farmi vivere sempre più per il Signore e per la Chiesa è la cultura della mia vita e tutta la mia vita di cultura». Ogni giorno, ogni ora, ogni istante io sento il bisogno di accrescere le mie conoscenze. E la Chiesa è una fonte inesauribile di vita e di cultura per me!».

(San Pio da Pietrelcina)

Il dono della Sapienza

Nella Sapienza c’è uno spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, mobile, penetrante, senza macchia, terso, inoffensivo, amante del bene, acuto, libero, benefico, amico dell’uomo, stabile, sicuro, senz’affanni. 
Onnipotente, onniveggente e che pervade tutti gli spiriti intelligenti, puri, sottilissimi. 
È un’emanazione della potenza di Dio, un effluvio genuino della gloria dell’Onnipotente, per questo nulla di contaminato in essa s’infiltra. 
È un riflesso della Luce perenne, uno specchio senza macchia dell’attività di Dio e un’immagine della sua bontà.

Le preghiere dei Santi:

Le preghiere dei Santi:
Noi ci affidiamo a te. Non abbandonarci alla tristezza perché tu, Signore, sei con noi sempre. Tu non ci lascerai un istante. Se non avessi steso la mano, quante volte la nostra fede avrebbe vacillato! Tu, Signore, sei sempre intento ad accogliere le nostre confidenze. Aiutaci a non abbatterci nelle sofferenze fisiche e morali. Non permettere di affliggerci fino a perdere la pace interiore. Fa’ che camminiamo con buona fede, senza inquietudini e sconforti. Noi ci affidiamo a te: prendici la mano e guidaci pur per incogniti sentieri. Insegnaci ad affrontare la prova a mente serena, per amore tuo che la permetti. Donaci di acquistare tesori per la santa eternità. (San Pio da Pietrelcina)

Dio, nostro Padre, tu hai tanto amato gli uomini da mandare a noi il tuo unico Figlio Gesù, nato dalla Vergine Maria, per salvarci e ricondurci a te. Ti preghiamo, Padre buono, dona la tua benedizione anche a noi, ai nostri genitori, alle nostre famiglie e ai nostri amici. Apri il nostro cuore, affinché sappiamo ricevere Gesù nella gioia, fare sempre ciò che egli ci chiede e vederlo in tutti quelli che hanno bisogno del nostro amore. Te lo chiediamo nel nome di Gesù, tuo amato Figlio, che viene per dare al mondo la pace. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.(Venerabile Giovanni Paolo II)

Padre santo e giusto, Signore Re del cielo e della terra, ti rendiamo grazie per il fatto stesso che tu esisti, ed anche perché con un gesto della tua volontà, per l'unico tuo Figlio e nello Spirito Santo, hai creato tutte le cose visibili ed invisibili e noi, fatti a tua immagine e somiglianza, avevi destinato a vivere felici in un paradiso dal quale unicamente per colpa nostra siano stati allontanati. (San Francesco di Assisi)

Tu sei grande, Signore, e ben degno di lode; grande è la tua virtù, e la tua sapienza incalcolabile. E l’uomo vuole lodarti, una particella del tuo creato, che si porta attorno il suo destino mortale, che si porta attorno la prova del suo peccato e la prova che tu resisti ai superbi. Eppure l’uomo, una particella del tuo creato, vuole lodarti. Sei tu che lo stimoli a dilettarsi delle tue lodi, perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha pace finché non riposa in te. (Sant'Agostino))

“O Dio di grande Misericordia, bontà infinita, ecco che oggi tutta l’umanità grida dall’abisso della sua miseria alla Tua Misericordia, alla Tua compassione, o Dio, e grida con la voce potente della propria miseria. O Dio benigno, non respingere la preghiera degli esuli di questa terra. O Signore, bontà inconcepibile, che conosci perfettamente la nostra miseria e sai che non siamo in grado di innalzarci fino a Te con le nostre forze, Ti supplichiamo, previenici con la Tua grazia e moltiplica incessantemente su di noi la Tua Misericordia, in modo che possiamo adempiere fedelmente la Tua santa volontà durante tutta la vita e nell’ora della morte. L’onnipotenza della Tua Misericordia ci difenda dagli assalti dei nemici della nostra salvezza, in modo che possiamo attendere con fiducia, come figli Tuoi, la Tua ultima venuta...” (Santa Faustina Kowalska))

Affinché coloro che mi guardano non vedano la mia persona, ma Te in me. Rimani con me. Così risplenderò del Tuo splendore e potrò essere luce per gli altri. La mia luce verrà da Te solo, Gesù, non sarà mio nemmeno un piccolo raggio. Sei Tu che illuminerai gli altri attraverso di me. Ispirami la lode che Ti è più gradita, illuminando gli altri attorno a me. Che io Ti annunci non con le parole ma con l'esempio, con la testimonianza dei miei atti, con lo scatto visibile dell'amore che il mio cuore riceve da Te. Amen. (Madre Teresa di Calcutta))

Signore Gesù, tu hai dato la vita per me: io voglio donare la mia a te. Signore Gesù, tu hai detto: «Amore più grande non c'è che dare la vita per gli amici». Il mio supremo amore sei tu. È sera. Il giorno ormai declina. Resta con me Signore. Voglio seguirti portando la mia croce. Signore, vieni in mio aiuto e guidami nel cammino. La tua voce, Signore, ha un'eco profonda nel mio cuore. Gesù, mio Signore e mio Dio, voglio diventare in tutto simile a te, voglio soffrire e morire con te, per raggiungere con te la gioia della risurrezione. Tu, quel gran Dio che l'universo adora, vivi in me giorno e notte. E sempre la tua voce mi implora e mi ripete: «Ho sete, ho sete di amore»! Anch'io voglio ripetere la tua divina preghiera: ho sete d'amore. Io ho sete d'amore! Sazia la mia speranza, accresci in me, o Signore, il tuo ardore divino. Ho sete d'amore! Quale sofferenza, mio Dio, e come grande! Come vorrei volare da te! Il tuo amore, o Gesù, è il mio solo martirio; perché più brucia d'amore, più desidera amarti l'anima mia. Gesù, fa' che io muoia d'amore per te! (Santa Teresa di Gesù Bambino)