Carissimi, il nostro cuore oggi è triste perché ci ha lasciati la nostra cara Patrizia a cui abbiamo dedicato questa sezione da lei fortemente voluta. La vogliamo per questo ricordare attraverso la prima riflessione che ha inaugurato due anni fa questo spazio:
Amare qualcuno, non significa pensarla come lui, come spesso si crede, ma significa amare come Lui ci ama! Dall' Incarnazione alla Pentecoste i Vangeli sono pieni di racconti di come Lui ci ha amati e ci ama, della tenerezza che ha avuto nei confronti degli uomini, anche(o soprattutto?) di quelli ritenuti indegni dagli uomini che invece, si ritenevano "giusti". Ha iniziato i Miracoli trasformando l' acqua in vino, su richiesta di Maria, che da piena di Grazia qual era, si era resa conto dell'imbarazzo degli sposi; ha continuato più o meno così, provando sempre compassione per le necessità degli uomini; moltiplicando pani e pesci, scacciando demoni, ridando la vista ai ciechi, facendo camminare i paralitici, risuscitando addirittura i morti. Ma soprattutto ci ha dato se stesso, nel Sacramento dell' Eucaristia, che sarebbe continuato nella Chiesa, col dono dello Spirito Santo, insegnandoci così che "Non di solo pane vive l'uomo".
Non ho mai conosciuto nessuno che abbia amato così! Ci ha anche affidati a Sua Madre, che ci protegge sempre e non ci abbandona mai. Non si può certo dire che abbia fatto tutto ciò per quelli che la pensavano come Lui, o che appartenevano alla Sua famiglia o al Suo popolo, anzi nella Sua patria non ha potuto compiere che pochi miracoli a causa della loro incredulità! Mentre ad esempio i Samaritani beneficiano di numerosi Suoi interventi e colloqui. Quello che conta per essere soccorsi da Lui è sentirsi bisognosi, assetati di giustizia, di pace, di Amore e invocare il Suo intervento Misericordioso. Ancora oggi è così!
Quindi anche tra cristiani deve essere così: l'amore per l'altro non deve partire dal fatto che è nostro amico o ha le nostre stesse idee politiche, come spesso succede, ma dalla gratuità! Quindi non si può neanche imporre! Gesù non ha mai imposto la Sua Presenza,(anche se senza di essa non c'è salvezza) ma si è sempre donato a chi Lo cercava! Se riflettessimo più spesso sul Suo Amore che è così libero, ogni nostra pretesa o imposizione sugli altri cesserebbe; ogni violenza anche, perchè LUI si è fatto uccidere, non ha ucciso nessuno, non ha nemmeno reagito, imprecato, odiato, no,no,no! Ma ha detto: "Perdona loro perchè non sanno quello che fanno" Signore rendici capaci di amare come TU ami; mostrati a tutti, fa' che tutti invochino la Tua Infinita Sconvolgente Misericordia, grazie.
Amare qualcuno... ricordando Patrizia
Raccolta di scritti di Sant'Antonio Abate
Oggi desideriamo proporre una raccolta di scritti di Sant'Antonio Abate celebrato in questa giornata per trarre utili spunti di meditazione:
"Il dominio di sé, la mitezza, la castità, la solidità di carattere, la pazienza insieme alle altre virtù sono le armi date da Dio per resistere alle prove ed aiutarci nel combattimento spirituale. Addestrandoci in esse e mantenendoci pronti alla pugna, nessun contrasto, per quanto aspro, grave, devastatore e intollerabile ci apparirà invincibile. Chi non possiede saggezza, mai pensa che ogni vicissitudine è per condurci al bene; la prova manifesta le nostre virtù e ci rende degni di essere coronati da Dio".
Rifletti sulla vanità breve ed illusoria della giocondità dei ricchi, acquisterai la conoscenza di quanto è migliore la vita virtuosa, amata da Dio.
"Questa conoscenza ti permetterà di vedere uomini non interiormente liberi applauditi per l'eloquenza, l'erudizione e i beni posseduti, e non avrai più amarezza o rimpianto o risentimento per nulla.
Comprenderai che il pessimo male dell'anima sono i desideri insaziabili di ricchezze e piaceri, uniti all'ignoranza della verità".
Una mente, fertile per l'amore di Dio e salda nella fede delle realtà invisibili, è guida e cammino verso Dio.
Chi non ha conoscenza sufficiente per separare il bene dal male, non può erigersi a giudice di ciò che è bene o male tra gli uomini. L'uomo che ha conoscenza sperimentale di Dio, è buono; quando uno non è buono vuol dire che non ha la pienezza della conoscenza e non è partecipe della conoscenza che viene da Dio. Conoscere Dio significa possedere la bontà essenziale".
"Non devono venire scoraggiati o spinti a disperare quelli che non hanno inclinazione al bene. Cerchino, invece, di raggiungere la vita pura e gradita a Dio, anche se appare inaccessibile e irraggiungibile. Pensino che devono vigilare su loro stessi nel modo migliore che possono. Anche se non raggiungeranno la pienezza della vita pura, vigilando attentamente su sé‚ stessi, o miglioreranno, o almeno non diverranno peggiori, e questo è un non piccolo bene per l'anima".
"L'anima che ha raggiunto l'integrità prima, per la sua sottile essenza, è resa santa e luminosa da Dio, così la mente pensa ciò che è giusto e partorisce buone intenzioni e azioni rette.
Ma quando è dissacrata dal peccato, Dio fugge da casa, o per meglio dire è l'anima che precipita lungi da Dio e i mali spiriti prendendo possesso del suo pensiero suggeriscono cose inverosimili: adulteri, delitti, rapine e simili terribili opere".
Breve introduzione alla preghiera del cuore
Questa sera torniamo a riflettere insieme grazie ad una vera perla segnalataci dalla nostra Enza:
Breve introduzione alla preghiera del cuore
don Diego Facchetti, assistente diocesano AdP
1. «Pregate ininterrottamente»
Come rispondere all’esortazione del Vangelo: «Vegliate in ogni momento pregando» (Lc 21, 36); come è possibile «pregare sempre, senza stancarsi mai» (Lc 18, 1), «pregare ininterrottamente» (cfr. 1Ts 5, 17; Ef 6, 18)?
Nel monachesimo, più precisamente nell’esicasmo (da ἡσυχία = vivere in silenzio, in pace, nel raccoglimento, per situarsi in stabile intimità con Dio), per il quale la perfezione dell’uomo consiste nell’unione con Dio in una preghiera incessante, si utilizzava la ripetizione costante di brevi orazioni.
Cassiano († 430/435), ad es., raccomandava la ripetizione del Sal 69 (70), 2: «Vieni a salvarmi, o Dio, vieni presto, Signore, in mio aiuto» (Collationes 10, 10: SCh 54, pp. 85-90, in Conferenze spirituali, ed. Paoline, s.l. 1966, vol. 1, pp. 430-436).
Agostino († 430) scrive: «Si dice che i fratelli in Egitto abbiano preghiere frequenti, tuttavia brevissime e come lanciate rapidamente (raptim quodam iaculatas), affinché nelle pause troppo prolungate non si disperda e s’affievolisca quella tensione, già stabilita con vigile attenzione, che è grandissimamente necessaria a chi prega» (ep. 130, 10, 20 [a Proba]: PL 33, 501; ed. Paoline, Milano 1981 [LCO. Testi 11], p. 110).
La tradizione orientale parlò di preghiera monologica, perché contiene un’espressione, un pensiero ripetuto continuamente.
Nello sviluppo ulteriore, dal V al XIII secolo, tra queste brevi preghiere assunse rilievo particolare l’invocazione del nome di Gesù, ed a questo esercizio fu attribuita una speciale efficacia.
«Se... l’uomo incomincia a progredire con l’osservanza dei precetti e invoca incessantemente il Signore Gesù, allora il fuoco della santa grazia si distribuisce anche ai sensi esteriori del cuore a consumare interamente la zizzania della terra umana... Pertanto, chi vuole purificare il proprio cuore, lo infiammi perpetuamente con il ricordo del Signore Gesù, avendo questo solo come studio e opera incessante» (Diadoco di Fotica [Epiro, metà V sec.], Cento capitoli sulla perfezione cristiana 85. 97, in La Filocalia, vol. 1, Gribaudi, Torino 1982, pp. 385. 394).
«L’esichia consiste nello stare in continua adorazione del Signore, sempre alla sua presenza, con il ricordo di Gesù aderente al tuo respiro, allora potrai toccare con mano i vantaggi dell’esichia» (Giovanni Climaco [† 649 ca] La scala del paradiso 185 [gr. 27, append.], ed. Città Nuova, Roma 1989, p. 324).
«Attenzione è il silenzio ininterrotto del cuore, da ogni pensiero; il silenzio che sempre e perennemente e ininterrottamente respira e invoca Cristo Gesù, Figlio di Dio e Dio; lui solo... La contemplazione la ricevono la perseverante preghiera di Gesù, la dolce tranquillità priva di fantasia dell’intelletto e lo stato che proviene da Gesù... L’oblio sa spegnere la custodia dell’intelletto come l’acqua spegne il fuoco. Ma la preghiera continua di Gesù, insieme a una sobrietà intensa, lo butta completamente via dal cuore» (Esichio il Sinaita [VIII-X sec.], A Teodulo. Discorso... sulla sobrietà e la virtù 5. 7. 102, in La Filocalia, vol. 1, cit., pp. 231-232. 249).
Nei secc. XIII e XIV sul monte Athos la prassi dell’invocazione del nome di Gesù era intensa e collegata con una tecnica psicosomatica, che puntava sul ritmo del proprio respiro.
2. La preghiera di Gesù (o a Gesù)
Nel trattatello Le tre forme di preghiera (attribuito a Simeone il Nuovo Teologo [† 1022], ma probabilmente opera di Niceforo l’Esicasta [sec. XIII]: cfr. La Filocalia , vol. 4, ed. cit., 1994, pp. 506-515) viene illustrata una «terza forma di attenzione e di preghiera». Non si tratta né di «guardare al cielo» e «tenere l’intelletto nelle realtà celesti» (prima forma: ib., p. 509); né di «custodire con l’intelletto i propri sensi» (seconda forma: ib., p. 510), ma di custodire il cuore. In tal modo l’intelletto, gustando la bontà del Signore (cfr. Sal 33 [34], 9), non vorrà più allontanarsi dal cuore e farà proprie le parole di Pietro: «È bello per noi essere qui!» (Mt 17, 4; cfr. ib., pp. 510-511).
Si propone l’invocazione del nome di Gesù con una formula che, seppure con qualche minima variante, conoscerà una grande diffusione, soprattutto tra i cristiani bizantini e slavi, ma recentemente anche in Occidente: «Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore». Questa formula unisce predicati biblici di Gesù con la richiesta di misericordia. In essa si può riconoscere particolarmente l’invocazione del cieco di Gerico («Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!»: Mc 10, 47) e la richiesta del pubblicano («O Dio, abbi pietà di me peccatore»: Lc 18, 13). In tal modo «la nostra povertà di peccatori è avvicinata ai titoli della sua grandezza. A lui ci accostiamo come mendicanti fiduciosi nella sua misericordia» (CdA 968).
Alla fine del sec. XVIII il vescovo Macario di Corinto († 1805) ed il monaco dell’Athos Nicodemo di Naxos († 1809) cercarono di ridare vita alla preghiera di contemplazione. Si dedicarono, perciò, alla raccolta di testi della tradizione esicasta, dai Padri del deserto sino ai teorici della preghiera di Gesù nei secc. XIII-XIV. Nacque, così, la Filocalìa , stampata a Venezia nel 1782 (cfr. la trad. italiana sulla 4a ed. di Atene 1974-76, 4 voll., curr. M.B. Artioli - M.F. Lovato della Comunità di Monteveglio, Gribaudi, Torino 1982-1987, già cit.; J. Gouillard [ed.], Piccola filocalia della preghiera del cuore, Paoline, Milano 1988). Grazie alla traduzione della Filocalìa (= Dobrotoljubie) dapprima ad opera di Paisij Velickovskij (Ucraina 1722 - Moldavia 1794) e poi di Teofane il Recluso († 1894), questa tradizione ebbe grande sviluppo in Russia e plasmò in maniera determinante la spiritualità russa del XIX sec.
La prassi della preghiera di Gesù nel senso dell’esicasmo fu conosciuta in Occidente grazie alla traduzione in varie lingue del testo Racconti di un pellegrino russo, le cui origini rimangono sconosciute. I primi quattro racconti che lo compongono sono apparsi forse per la prima volta nel 1870 ca a Kazan; gli ultimi tre nel 1911 (cfr. l’ed. cur. da C. Carretto, Cittadella, Assisi 198913, pp. 10; 18-20; 108; 27-28; e quella di Rusconi, Milano 199416, comprendente tutti i sette racconti).
I più recenti commentatori della preghiera di Gesù tendono a distinguere la preghiera stessa dalla tecnica psicosomatica che fu sviluppata in modo particolare nella tradizione del monte Athos. Tuttavia, proprio nel nesso tra l’elemento corporale e la preghiera fatta con la bocca ed il cuore vi è l’elemento unificante: la condizione di riposo raggiunta dalla persona diventa espressione insieme della fede e della dedizione a Dio rivelatosi in Cristo.
Il rosario è stato definito «la preghiera di Gesù dell’occidente»: una meditazione sulla vita di Gesù, in cui l’evento salvifico viene interiorizzato – mediante il «ruminare» continuo di un’orazione ripetitiva – affinché la vita sia compenetrata e plasmata dallo Spirito di Cristo.
3. Pregare con il cuore
Il Catechismo della Chiesa cattolica afferma:
«Il cuore è la dimora dove sto, dove abito (secondo l’espressione semitica o biblica: dove ‘discendo’). È il nostro centro nascosto, irraggiungibile dalla nostra ragione e dagli altri; solo lo Spirito di Dio può scrutarlo e conoscerlo. È il luogo della decisione, che sta nel più profondo delle nostre facoltà psichiche. È il luogo della verità, là dove scegliamo la vita o la morte. È il luogo dell’incontro, poiché, ad immagine di Dio, viviamo in relazione: è il luogo dell’alleanza» (C 2563).
Possiamo pregare con il cuore, in unione al Cuore di Gesù. La devozione al S. Cuore è essenzialmente eucaristica: davanti all’Eucaristia possiamo sostare in silenzio, o ripetendo una breve invocazione, o pregando le Litanie, o anche – se lo desideriamo – pregando con calma la Coroncina, che presenta i sentimenti di Gesù e spinge a una verifica dei nostri.
Come sappiamo, la preghiera liturgica ha, e deve avere, il primato perché la liturgia resta culmine di tutta l’azione della Chiesa, fonte della sua forza. Ma la preghiera liturgica trova la sua preparazione e il suo prolungamento nel tempo della vita quotidiana, nell’intimo del cuore del cristiano, e tenta di diventare incessante: quando mangiamo, quando lavoriamo, quando riposiamo... La preghiera di Gesù, la preghiera del cuore rappresenta il tentativo di un dialogo continuo con Dio.
Perché non realizzare una respirazione congiunta dei due «polmoni» della Chiesa (Oriente-Occidente), proprio indirizzando il cuore dell’uomo all’incontro e alla sua plasmazione sul Cuore del Redentore? Ancor oggi, in cui gli uomini sentono, forse talvolta in modo confuso, il bisogno della preghiera continua, essa può essere una grazia offerta a tutti, per unirsi a Dio, ma anche per andare verso il prossimo. Affermava Lev Gillet, il «monaco della Chiesa d’Oriente» († 1980):
«Il nome di Gesù è un mezzo concreto e potente di trasfigurare gli uomini nella loro profonda e divina realtà... Questi uomini e queste donne che incontriamo... andiamo verso loro con il nome di Gesù nel nostro cuore e sulle nostre labbra, pronunciamo silenziosamente su di loro questo nome (che è il loro vero nome)» (Un Moine de l’Église d’Orient, La prière de Jésus...., Chevetogne 1963, p. 80).
Annunzio del Giorno della Pasqua
Dopo la proclamazione del Vangelo, il diacono o il sacerdote o un altro ministro idoneo può dare l’annunzio del giorno della Pasqua:
Fratelli carissimi, la gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno.
Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza.
Centro di tutto l’anno liturgico è il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, che culminerà nella domenica di Pasqua l'8 aprile.
In ogni domenica, Pasqua della settimana, la santa Chiesa rende presente questo grande evento nel quale Cristo ha vinto il peccato e la morte.
Dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi:
Le Ceneri, inizio della Quaresima, il 22 febbraio.
L’Ascensione del Signore, il 20 maggio.
La Pentecoste, il 27 maggio.
La prima domenica di Avvento, il 2 dicembre.
Anche nelle feste della santa Madre di Dio, degli apostoli, dei santi e nella commemorazione dei fedeli defunti, la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore.
A Cristo che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia, lode perenne nei secoli dei secoli.
Amen.
Fratelli carissimi, la gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno.
Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza.
Centro di tutto l’anno liturgico è il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, che culminerà nella domenica di Pasqua l'8 aprile.
In ogni domenica, Pasqua della settimana, la santa Chiesa rende presente questo grande evento nel quale Cristo ha vinto il peccato e la morte.
Dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi:
Le Ceneri, inizio della Quaresima, il 22 febbraio.
L’Ascensione del Signore, il 20 maggio.
La Pentecoste, il 27 maggio.
La prima domenica di Avvento, il 2 dicembre.
Anche nelle feste della santa Madre di Dio, degli apostoli, dei santi e nella commemorazione dei fedeli defunti, la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore.
A Cristo che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia, lode perenne nei secoli dei secoli.
Amen.