Questa sera pubblichiamo la terza parte della bellissima fiaba tratta dal libro di Eric-Emmanuel Schmitt "Oscar e la dama in rosa", segnalataci dalla nostra Enza:
Caro Dio,
oggi ho vissuto la mia adolescenza e non è andato tutto liscio. Che roba! Ho avuto un sacco di noie con i miei amici, con i miei genitori e tutto a causa delle ragazze. Stasera non sono scontento di avere vent’anni perché mi dico che, uffa, il peggio è alle spalle. La pubertà, grazie tante! Una volta sola può bastare!
In primo luogo, Dio, ti faccio notare che non sei venuto. Oggi ho dormito pochissimo, visti i problemi di pubertà che ho avuto. Dunque mi sarei accorto se ti fossi presentato. E poi, te lo ripeto: se sonnecchio, scuotimi.
Al risveglio Nonna Rosa c’era già. Durante la colazione mi ha raccontato i suoi combattimenti contro Tetta Reale, una lottatrice belga, che ingurgitava tre chili di carne cruda al giorno, annaffiata da ettolitri di birra; sembra che l’arma più potente di Tetta Reale fosse l’alito, a causa della fermentazione carne-birra, e che solo quello mandasse a mandare al tappeto le sue avversarie. Per sconfiggerla, Nonna Rosa aveva dovuto improvvisare una nuova tattica: mettere un passamontagna, impregnarlo di lavanda e farsi chiamare la Giustiziera di Carprentas. Il catch, dice sempre, richiede anche dei muscoli nel cervello.
“Chi ti piace di più Oscar?”
“Qui? All’ospedale?”
“Si.”
“Bacon, Einstein, Pop Corn.”
“e fra le ragazze?”
La domanda mi ha bloccato. Non avevo voglia di rispondere. Ma Nonna Rosa aspettava e, davanti a una lottatrice a livello internazionale, non si può tergiversare più di tanto.
“Peggy Blue.”
Peggy Blu è la bambina blu. Sta nella penultima stanza in fondo al corridoio. Sorride gentilmente ma non parla quasi mai. Si direbbe una fata che riposa un po’ all’ospedale. Ha una malattia complicata, la sindrome del bambino blu, un problema di sangue che dovrebbe andare ai polmoni e che non ci va, rendendo tutta la pelle azzurrognola. E’ in attesa di un’operazione che la renderà rosa. Io trovo che sia un peccato. La trovo bellissima in blu, Peggy Blue. C’è un sacco di luce e di silenzio intorno a lei, si ha l’impressione di entrare in una cappella quando ci si avvicina.
“Glielo hai detto?
“Non mi pianterò davanti a lei per dirle “Peggy Blue, mi piaci tanto”.
“Si. Perché non lo fai?”
“Non so nemmeno se sa che esisto.”
“Ragione di più.”
“Ha visto la testa che ho? Dovrebbe apprezzare gli extraterrestri, e di questo non sono sicuro.”
“Io ti trovo molto bello, Oscar.”
Allora Nonna Rosa ha frenato un po’ la conversazione
E’ piacevole sentire questo genere di cose, fa drizzare i peli, ma non si sa più cosa rispondere esattamente.
“Non voglio sedurre solo con il mio corpo, Nonna Rosa,”
“che cosa provi per lei?”
“Ho voglia di proteggerla dai fantasmi.”
“cosa? Ci sono dei fantasmi, qui?”
“ si tutte le notti. Ci svegliano e non si sa perché. Si ha male perché pizzicano. Si ha paura perché non si vedono. Si fa fatica a riaddormentarsi.”
“Ne percepisci spesso, tu, di fantasmi?”
“No. Io ho un sonno profondo. Ma Peggy Blue la sento spesso gridare la notte. Mi piacerebbe molto proteggerla.”
“Vaglielo a dire.”
“A ogni modo, non potrei farlo veramente perché, la notte, non si ha il permesso di lasciare la propria stanza. E’ il regolamento.”
“I fantasmi conoscono il regolamento? No. Sicuramente no. Sii furbo: se ti sentono annunciare a Peggy Blue che monterai di guardia per proteggerla da loro, non oseranno venire stasera.”
“Ma….ma…..”
“Quanti anni hai, Oscar?”
“Non lo so. Che ore sono?”
“Le dieci. Vai per i quindici anni. Non credi che sia ora di avere il coraggio dei tuoi sentimenti?”
Alle dieci e mezzo mi sono deciso e sono andato fino alla porta della sua stanza, che era aperta.
“Ciao Peggy, sono Oscar.”
Era sdraiata sul suo letto, sembrava Biancaneve quando aspetta il principe, quando quei coglioni di nani credono che sia morta, Biancaneve come le foto di neve in cui la neve è azzurra e non bianca.
Si è girata verso di me e allora mi sono chiesto se mi avrebbe scambiato per il principe o per uno dei nani. Io avrei detto “nano” a causa della mia testa d’uovo, ma lei non ha aperto bocca ed è questo il bello di Peggy Blue, che non dice mai niente e che tutto rimane misterioso.
Sono venuto ad annunciarti che stasera e tutte le sere a venire, se vuoi, monterò di guardia davanti alla tuia stanza per proteggerti dai fantasmi.”
Mi ha guardato, ha battuto le ciglia e ho avuto l’impressione che il film andasse al rallentatore, che l’aria diventasse più rarefatta, il silenzio più silenzioso, che camminassi come nell’acqua e che tutto cambiasse avvicinandomi al suo letto, illuminato da una luce che scendeva da chissà dove.
“Ehi, vacci piano, Testa d’uovo: sarò io a montar di guardia a Peggy!”
Pop Corn stava nel vano della porta, o piuttosto riempiva il vano della porta. Ho tremato. Certo che, se avesse fatto lui la guardia, nessun fantasma sarebbe più riuscito a passare. Pop Corn ha strizzato l’occhio a Peggy.
“Ehi, Peggy? Tu e io siamo amici no?”
Peggy ha guardato il soffitto. Pop Corn ha ritenuto fosse una conferma e mi ha trascinato fuori.
“Se vuoi una ragazza, prendi Sandrine, Peggy è zona proibita.”
“Con quale diritto?”
“Con il diritto che ero qui prima di te. se non sei contento, possiamo batterci.”
“In realtà sono supercontento.”
Ero un po’ stanco e sono andato a sedermi nella sala dei giochi, dove, per l’appunto, c’era Sandrine. E’ leucemica come me, ma la sua cura sembra riuscire. La chiamano la Cinese, perché porta una parrucca nera, lucida, dai capelli diritti, con una frangia, che la fa somigliare ad una cinese. Mi guarda e fa scoppiare una bolla di gomma americana.
“Puoi baciarmi, se vuoi.”
“Perché? La gomma non ti basta?”
“Non sei nemmeno capace, scemo. Sono sicura che non l’hai mai fatto.”
“Questa poi, mi fai proprio ridere a quindici anni l’ho gia fatto parecchie volte, posso assicurartelo.”
“Hai quindici anni?” mi fa lei sorpresa.
Controllo il mio orologio.
“Si. Quindici anni passati.”
“Ho sempre sognato di essere baciata da un grande di quindici anni.”
“Certo, è allettante”
E allora mi fa una smorfia impossibile con le labbra che spinge in avanti, simile ad una ventosa che si schiacci su un vetro e capisco che aspetta un bacio.
Voltandomi, vedo tutti i compagni che mi osservano. Non ho modo di tirarmi indietro. Devo essere un uomo, è il momento.
Mi avvicino e la bacio. Mi afferra con le braccia, non riesco più a staccarmi, sento il bagnato e, tutt’a un tratto, senza avvertimenti, mi infila la sua gomma. Per la sorpresa, l’ho mandata giù. Ero furioso.
E’ in quel momento che una mano mi ha battuto sulla schiena. Le disgrazie non arrivano mai sole: i miei genitori. Era domenica e lo avevo scordato!
“Ci presenti la tua amica, Oscar?”
“Non è mia amica.”
“Ce la presenti lo stesso ?”
“Sandrine. I miei genitori. Sandrine.”
“Sono lietissima di conoscervi” dice la Cinese assumento un’aria sdolcinata.
L’avrei strozzata.
“Vuoi che Sandrine venga con noi nella tua stanza?”
“No. Sandrine resta qui.”
Tornato a letto, mi sono reso conto che ero stanco e ho dormito un po’. A ogni modo, non volevo parlare con loro.
Quando mi sono svegliato, ho visto che naturalmente mi avevano portato dei regali. Da quando sono ricoverato in permanenza all’ospedale, i miei genitori hanno qualche difficoltà con la conversazione; allora mi portano dei regali e trascorrono dei pomeriggi schifosi a leggere le regole del gioco e le istruzioni per l’uso. Mio padre si accanisce nello studio dei fogli illustrativi: anche quando sono in turco o giapponese, non si scoraggia. E’ campione del mondo del pomeriggio domenicale sciupato.
Oggi mi ha portato un lettore di compact. Non l’ho potuto criticare anche se ne avevo voglia.
“Non siete venuti ieri?”
“Ieri? Perché mai? Possiamo solo la domenica. Che cosa te lo fa pensare?”
“Qualcuno ha visto la vostra auto nel parcheggio.”
“Non c’è solo una Jeep rossa al mondo. Le macchine sono intercambiabili.”
“Si. Non sono come i genitori. Peccato.”
Sono rimasti impietriti. Allora ho preso il lettore e ho ascoltato per due volte Lo schiaccianoci, senza fermarmi, davanti a loro. Due ore senza che potessero dire una parola. Sistemati.
“Ti piace?”
“Si. Ho sonno.”
Hanno capito che dovevano andarsene. Erano a disagio in modo evidente. Non riuscivano a decidersi sentivo che volevano dirmi delle cose e che non ce la facevano. Era bello vederli soffrire a loro volta.
Poi mia madre si è precipitata contro di me, mi ha stretto molto forte, e ha detto con voce scossa: “Ti voglio bene, mio piccolo Oscar, ti voglio tanto bene.”
Avrei voluto resistere, ma all’ultimo momento l’ho lasciata fare, mi ricordava il tempo passato, il tempo delle coccole pure e semplici, il tempo in cui non aveva il tono angosciato per dirmi che mi voleva bene.
Dopo credo di essermi addormentato un po’.
Nonna Rosa è la campionessa del risveglio. Arriva sempre al traguardo, nel momento in cui apro gli occhi. E in quel momento ha sempre un sorriso.
“Allora i tuoi genitori?”
“Nulli come al solito. Beh, mi hanno regalato lo schiaccianoci.”
“Lo schiaccianoci? Questa è bella. Avevo un’amica che si chiamava così. Una campionessa formidabile. Spezzava il collo delle sue avversarie fra le cosce. E Peggy Blue, sei andato a trovarla?”
“Non me ne parli. E’ fidanzata con Pop Corn.”
“Te lo ha detto lei?”
“No, è stato lui.”
“Un bluff!”
“Non credo. Sono sicuro che le piace più di me. E’ più forte, più rassicurante.”
“Un bluff, ti dico! Io che sembravo un topo sul ring, ne ho battute tante di lottatrici che somigliavano a balene o a ippopotami. Per esempio, Plum Pudding, l’irlandese, centocinquanta chili a digiuno in slip prima della sua Guinness, avambraccia come cosce, bicipiti come prosciutti, gambe come colonne. Niente vita, impossibili le prese. Imbattibile!”
“Come ha fatto?”
“Quando non è possibile la presa, vuol dire che una è rotonda e che rotola. L’ho fatta correre per stancarla, e poi l’ho atterrata, Plum Pudding. Ci è voluto un argano per rialzarla. Tu, Oscar, hai l’ossatura leggera e poca ciccia, questo è certo, ma la seduzione non dipende solo dall’osso o dalla carne, dipende anche dalla qualità del cuore. e di qualità del cuore tu ne hai in abbondanza.”
“Io?”
“Va’ a trovare Peggy Blur e dille quello che hai sullo stomaco.”
“Sono un po’ stanco.”
“Stanco? Che età hai a quest’ora? Diciott’anni? A diciott’anni non si è mai stanchi.”
Nonna Rosa ha un modo di parlare che da energia.
La notte era scesa, i rumori risuonavano più forti nella penombra, il linoleum del corridoio rifletteva la luna.
Sono entrato da Peggy e le ho allungato il mio lettore di compact.
“Tieni. Ascolta il valzer dei fiocchi di neve. E’ talmente bello che mi fa pensare a te.”
Peggy ha ascoltato il valzer dei fiocchi di neve. Sorrideva come se il valzer fosse un suo vecchio amico che le raccontava cose buffe all’orecchio.
Mi ha restituito l’apparecchio e mi ha detto: “E’ bello”.
Era la sua prima parola. E’ carina, no, come prima parola?
“Peggy Blue, volevo dirti: non voglio che ti faccia operare. Sei bella così. Sei bella in blu.”
Ho visto bene che le mie parole le facevano piacere.
“Voglio che sia tu, Oscar a proteggermi dai fantasmi.”
“Conta su di me, Peggy.”
Ero fiero da matti, alla fine, ero stato io a vincere!
“Baciami.”
E’ veramente una cosa da ragazze il bacio, come se per loro fosse davvero un bisogno, ma Peggy, a differenza della Cinese, non è una viziosa, mi ha teso la guancia e darle un bacio è piaciuto anche a me, per davvero.
“Buonanotte, Peggy.”
“Buonanotte, Oscar.”
Ecco, Dio, questa è stata la mia giornata. Capisco che l’adolescenza venga definita l’età ingrata.
E’ dura. Ma alla fine, a vent’anni suonati, le cose si aggiustano. Allora ti rivolgo la mia richiesta del giorno: vorrei che Peggy e io ci sposassimo. Non sono certo che il matrimonio appartenga alle cose dello spirito, se è questo il tuo settore. Esaudisci questo genere di desiderio, il desiderio da agenzia matrimoniale? Se non è di tua competenza, dimmelo al più presto affinché possa rivolgermi alla persona giusta. Senza voler metterti fretta, ti segnalo che non ho molto tempo. Dunque: matrimonio di Oscar e Peggy Blue. Si o no. Vedi se ce la fai, la cosa mi andrebbe proprio.
A domani, baci,
Oscar
P.S. A proposito: qual è, insomma, il tuo indirizzo?
Una fiaba metafisica per raccontare l'ineluttabile - III
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Riscoprire la fede
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lunedì 21 novembre 2011
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