Concludiamo la meditazione l'orazione teresiana:
Il libro vivente: Dio
«Quando fu proibita la lettura di molti libri in volgare, mi dispiacque assai perché alcuni mi ricreavano molto e non avrei potuto più leggere, perché quelli permessi erano in latino. Ma il Signore mi disse: Non affliggerti perché io ti darò un libro vivente.
Non avendo ancora avuto alcuna visione non capivo che cosa quelle parole potessero significare. Ma lo compresi chiaramente dopo pochi giorni, perché ebbi tanto da pensare e da raccogliermi per quello che vedevo, e il Signore mi istruiva con tanta tenerezza e in così varie maniere, che quasi non ebbi più bisogno di libri o almeno di poco.
Per apprendere la verità non ebbi allora altro libro che Dio. E benedetto quel libro che lascia così bene impresso quello che si deve leggere e praticare da non dimenticarsene più» (Vit. 26, 5).
Bellezza di Gesù
«La visione di Gesù Cristo mi impresse nell'anima la sua incomparabile bellezza che ho ancora presente. (...). E ne trassi il profitto che dirò.
Avevo un difetto gravissimo, da cui mi erano venuti molti mali. Quando mi accorgevo che una persona mi voleva bene e mi era simpatica, mi affezionavo ad essa fino ad averla sempre nella mente. Non già che volessi offendere Dio, ma mi compiacevo nel vederla, nel pensare a lei e alle buone qualità che possedeva. E questo bastava perché l'anima mia ne andasse perduta, tanto quell'affezione mi era dannosa. Ma dopo aver visto la grande bellezza del Signore, non vi fu più una persona che al suo confronto mi apparisse così piacevole da occupare ancora il mio spirito. Per esserne del tutto libera, mi basta gettare uno sguardo sull'immagine che porto in me, e innanzi alla bellezza e alla perfezione del mio Signore, le cose di quaggiù non fanno che disgustarmi» (Vit. 37, 4).
La Samaritana e l'acqua divina
«Ero molto devota di S. Maria Maddalena e pensavo spesso alla sua conversione, specie quando mi comunicavo. Sapendo che il Signore stava allora con me, mi gettavo ai suoi piedi immaginandomi che le mie lacrime non meritassero di essere del tutto di-sprezzate. Non sapevo quello che dicevo, facendo Egli già molto con acconsentire che io le spargessi per Lui, giacché i miei sentimenti si dileguavano quasi subito. Intanto mi raccomandavo a questa Santa gloriosa affinché mi ottenesse perdono» (Vit. 9, 2; cfr. Cam. 34, 7).
«Quante volte mi sono ricordata dell'acqua viva di cui parlò il Signore alla Samaritana! Sono molto devota di quel fatto evangelico, e lo ero fin da bambina, tanto che senza neppur comprendere quello che dicevo, supplicavo spesso il Signore a darmi di quell'acqua: in camera mia tenevo un quadro che rappresentava Gesù vicino al pozzo con sotto le parole: «Domine, da mihi aquam!» (Vit. 30, 19).
Accogliere il Signore
«La Domenica delle Palme, appena fatta la comunione (...), mentre ne assaporavo la dolcezza straordinaria, il Signore mi disse: Figliola, voglio che il mio sangue ti giovi. Non temere che la mia misericordia ti manchi. Io l'ho versato fra acerbissimi dolori, mentre tu lo godi fra inenarrabili delizie. Vedi dunque che ti pago bene il banchetto che oggi mi prepari.
Disse così perché da più di trent'anni, il giorno delle Palme, quando potevo, mi accostavo alla comunione cercando di prepararmi l'anima in modo da poter ospitare il Signore, parendomi che gli Ebrei fossero stati troppo crudeli quando, dopo averlo accolto con tanto trionfo, lasciarono che andasse a mangiare lontano, e facevo conto di trattenerlo con me, benché non gli apprestassi che un soggiorno assai misero, come ora mi accorgo. E così mi abbandonavo ad alcune ingenue considerazioni che il Signore doveva gradire» (Rel. 26).
L' "Orazione dell'orto"
«Non potendo discorrere con l'intelletto, procuravo di rappresentarmi Gesù Cristo nel mio interno, specialmente secondo quei tratti della sua vita in cui lo vedevo più solo, e mi pareva di trovarmi meglio. Mi sembrava che essendo solo ed afflitto mi avrebbe accolta più facilmente, come persona bisognosa di aiuto. Di simili ingenuità ne avevo parecchie.
Mi trovavo molto bene con 1' "Orazione dell'orto" dove gli tenevo compagnia. Pensavo al sudore e all'afflizione che vi aveva sofferto, e desideravo di potergli asciugare quel sudore così penoso. Ma ripensando ai miei gravi peccati, ricordo bene che non ne avevo il coraggio. Me ne stavo con Lui fino a quando i miei pensieri lo permettevano, perché mi disturbavano assai» (Vit. 9, 3; cfr. Cam. 27, 4).
Eucaristia
«Il Signore le aveva dato una fede così viva che quando sentiva dagli altri che avrebbero desiderato di vivere al tempo in cui nostro Signore era sulla terra, rideva tra se stessa, sembrandole che possedendo nel SS. Sacramento lo stesso Cristo che allora si vedeva, non vi fosse altro da bramare».
«So inoltre di questa persona che per parecchi anni, benché non ancora molto perfetta, le sembrava di vedere con gli stessi occhi del corpo, al momento della Comunione, nostro Signore che le entrava nell'anima. Allora ella procurava di ravvivare la fede, faceva il possibile per distaccarsi dalle cose esteriori e si ritirava col Signore nella sua anima, dove sapeva di averlo visto discendere. Cercava di raccogliere i suoi sensi per far loro comprendere il gran bene che avevano: dico che cercava di raccoglierli per evitare che impedissero all'anima di comprenderlo. Si considerava ai piedi del Signore e, quasi lo vedesse con gli occhi del corpo, piangeva con la Maddalena in casa del Fariseo. Anche allora che non aveva devozione sensibile, la fede non mancava di assicurarla che il Signore era veramente nella sua anima».
«Appena vi comunicate chiudete gli occhi del corpo e aprite quelli dell'anima per fissarli in fondo al vostro cuore, dove il Signore è disceso. Vi dico, vi torno a dire e ve lo vorrei ripetere all'infinito, che se vi abituerete a questa pratica ogni qualvolta vi accosterete alla Comunione, il Signore non si nasconderà mai così in pieno da non manifestarsi con qualcuno dei molti espedienti che ho detto. Ciò sarà sempre in proporzione al vostro desiderio, potendolo voi desiderare con tanto ardore da indurlo talvolta a manifestarsi del tutto» (Cam. 34, 6, 7, 12).
L'amicizia di Dio
«La visione di nostro Signore e la continua conversazione che avevo con Lui aumentarono di molto il mio amore e la mia fiducia: comprendevo che se è Dio, è anche Uomo, e che come tale non solo non si meraviglia della debolezza umana, ma sa pure che questa nostra misera natura va soggetta a molte cadute, causa il primo peccato che Egli è venuto a riparare».
«Benché sia Dio, posso trattare con Lui come con un amico. Non è Egli come i signori della terra che ripongono la loro grandezza in un esteriore apparato di autorità. Con costoro non si può parlare che in certe ore e nemmeno da tutti. Se un poveretto vuol parlare deve far giri e rigiri, implorar favori e sudar sangue».
«Oh Signor mio e mio Re, se si potesse dipingere la grandezza che in Voi rifulge! È impossibile non riconoscere che siete la stessa Maestà! A guardarVi si rimane pieni di stupore, soprattutto nel vederVi anche così umile e così pieno d'amore con una creatura come me. Passato quel primo senso di sgomento che nasce dalla vista di tanta Vostra grandezza, si può trattare con Voi e parlarVi liberamente. E dopo si ha un altro timore più grande, quello di offendervi, ma non già per paura del castigo, non essendovi allora per l'anima altro maggior castigo che quello di perderVi» (Vit. 37, 5.6; cfr. Ivi, 8-9; 34, 8).
L'orazione di Santa Teresa d'Avila - Ultima parte
Pubblicato da
Angel
at
martedì 19 ottobre 2010
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