Concludiamo la giornata liturgica attraverso l'ormai consueto appuntamento di meditazione con le riflessioni di noti sacerdoti e movimenti religiosi. Oggi riflettiamo attraverso le parole di mons. Antonio Riboldi:
Ricordo una scena di quando ero parroco in Sicilia. Nella quotidiana guerra che la mafia combatteva, cercando di imporsi e vendicarsi, gruppo contro gruppo, in una spirale che tendeva a crescere e mai a diminuire, un giorno, venne ferito gravemente uno di loro.
Andai a visitarlo in ospedale. Intuendo che per lui era vicino l'incontro con Dio, lo esortavo a prepararsi degnamente, incominciando dal pentimento e dal perdono a chi lo aveva colpito.
La risposta fu secca: 'Se la mia sorte sarà la morte, lo perdonerò; se invece sopravviverò, lo ucciderò'. Una risposta agghiacciante, che nulla ha a che vedere con la legge del perdono e dell'amore, donata dal Vangelo e che riflette la fedeltà di Dio al Suo Amore per l'uomo: una fedeltà pagata con il duro prezzo della morte di Suo Figlio sulla croce. In altre parole, di fronte alle nostre tante offese, che sono sempre immense, perché rivolte, senza alcuna ragione, ad Uno che non ha confini nell'amore, Dio risponde sempre con la sua fedeltà, pronto sempre al perdono. È la follia del Cuore di Dio, un Dio talmente innamorato della sua creatura, che fa della riconciliazione la gemma più preziosa... sempre che noi riconosciamo le nostre colpe e siamo disposti a 'ritornare' a Lui, chiedendo perdono.
Noi viviamo quotidianamente tanto vicini gli uni gli altri, in famiglia, sul lavoro, ovunque, che è facile urtarsi, offendersi. Impossibile, finché viviamo su questa terra, pieni di debolezze, come siamo tutti, non inciampare, non urtarci, non andare incontro ad incomprensioni e offese, capaci di bruciare in un istante ogni rapporto di serenità tra di noi.
La vita è come un camminare su una strada piena di cocci; ci si ferisce continuamente reciprocamente. Si può tranquillamente affermare che vivere insieme è una continua battaglia, in cui a volte si è vincitori e a volte perdenti.
Dovessimo legarci al dito tutti i torti che riceviamo, avremmo in pochi giorni le mani impossibilitate a muoversi, perché sovraccariche di corde, tutti! Perché i torti si ricevono, ma si fanno anche agli altri! Non solo, ma, se ogni offesa che riceviamo dovesse essere ricambiata con un distacco da chi ci offende, estraniandolo dall'amore, presto rimarremmo soli, estremamente soli, noi che da Dio siamo stati creati con il desiderio e la ragione di amare ed essere amati... sarebbe l'autodistruzione totale dell'umanità: se chi ci offende fosse da considerarsi 'come morto' nel nostro cuore, la nostra vita - di ciascuno - diventerebbe un cimitero.
Ci avverte oggi il Siracide: "Il rancore e l'ira sono un abominio: il peccatore li possiede. Chi si vendica avrà la vendetta del Signore ed egli terrà sempre presenti i suoi peccati. Perdona l'offèsa del tuo prossimo e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati.
Se qualcuno conserva la collera verso un altro uomo, come oserà chiedere la guarigione al Signore? Egli non ha misericordia per un uomo simile e osa pregare per i suoi peccati?
Egli, che è soltanto carne, conserva rancore: chi perdonerà i suoi peccati?
Ricordati della tua fine e smetti di odiare; ricordati della dissoluzione e della morte e resta fedele ai comandamenti". (Sir. 27,28)
Gesù sulla croce dovrebbe suggerire a tutti il valore della Misericordia. Non aveva certamente né detto, né commesso alcunché da farsi perdonare, quando era tra noi... anzi, in quei tre anni, altro non aveva fatto che del bene, come solo Lui sa fare... e aveva insistito, nonostante la nostra natura fragile, a imitarLo nella bontà.
Fino a quando assunse totalmente la nostra condizione, addossandosi tutti i peccati dell'umanità, - e chi mai potrà calcolarli? I miei, i vostri... - Non fu facile per Lui, il Santo dei Santi, la Bontà infinita, che si era espressa nel farsi uno di noi, Figlio dell'Uomo, andare incontro alla Passione.
Ricordiamo tutti la notte dell'agonia nel Getsemani. Sudò sangue e pregò il Padre: 'Se possibile, passi da me questo calice, ma, non la mia, ma la Tua volontà sia fatta '.
E poi si consegnò a chi era venuto, tradendolo, a catturarlo... e fu davvero un continuo dolore, un perdere tutto, fino alla beffa', all'essere schiaffeggiato dai soldati, al ricevere sputi - segno di massimo disprezzo - all'essere rivestito come un pagliaccio delle vesti di porpora,"facendosi gioco di Lui, incoronandolo di spine: 'Ecco il vostro re! '. Nessuna compassione nel caricarlo della croce, nessuna quando cadeva sotto il peso della croce. E alla fine lo hanno crocifisso sul Calvario, dove si punivano i delinquenti più gravi e pericolosi.
Davvero venne calpestata ogni briciola della sua dignità e senza alcuna ragione, perché Lui non aveva offeso nessuno, anzi, era venuto per pagare tutte le nostre offese a Dio e ai fratelli.
È davvero incredibile che ci sia Qualcuno, Dio, che voglia 'pagare' le nostre offese, anziché, come facciamo noi, rispondere ad offesa con offesa: è la grande lezione del perdono.
Un perdono che noi sperimentiamo nel sacramento della Riconciliazione. È lì, se abbiamo davvero un cuore contrito, che Lui è Padre che accoglie 'il figlio prodigo'.
Oggi Gesù ci insegna tutto questo nel Vangelo:
"Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: 'Signore, quante volte dovrò perdonare a mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?'. E Gesù gli rispose: 'Fino a settanta volte sette!. A proposito il regno dei cieli è simile ad un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fossero venduti lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva e saldasse così il suo debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa.
Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui, che gli doveva cento denari e afferratolo lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo:
Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone ciò che era accaduto.
Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito, perché mi hai pregato. Non dovevi anche tu avere pietà del tuo compagno, come io ho avuto pietà di te? E sdegnato il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli fosse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello". (Mt. 18,21-35)
Una grande testimonianza del perdono ci fu data dal beato Giovanni Paolo II. Ricordiamo tutti l'attentato in piazza S. Pietro: se non morì fu un vero miracolo, come lui stesso affermò. Quando poté volle andare a visitare il suo attentatore, Alì Agcia, in prigione, per confermargli il suo perdono. La storia, se da una parte racconta vendette atroci, dall'altra mostra in tanti la bellezza del perdono. Ed è a questa bellezza che dovremmo guardare quando ci sentiamo offesi, e pronti anche a non aver paura a chiedere perdono, quando ad offendere siamo stati noi.
Oggi prego Maria SS. ma: "E' facile pensarti, Madre dolorosa, confusa tra la gente che seguiva tuo Figlio sulla via del Calvario.
'Quel povero uomo', come era considerato dalle pie donne, che non riuscirono a trattenere la loro naturale tenerezza verso chi soffriva.
'Quel maledetto condannato' per coloro che lo consideravano solo un delinquente senza dignità. Nessuna pietà per il condannato: la vergogna, la morte doveva gustarle fino in fondo.
Purtroppo i prezzi della nostra cosiddetta giustizia vanno pagati fino in fondo.
La nostra giustizia, Maria SS. ma, qui sulla terra, a volte non conosce pietà né amore.
Ma Gesù ha cambiato questa logica perversa. Lui, maledetto dagli uomini, si lascia maledire senza opporre resistenza. Sulle Sue spalle sa di portare tutti i peccati del mondo e di quelli che lo maledicono. La Sua è una giustizia diversa: è fedeltà a noi, figli del Padre e che il Padre non rinuncia ad amare fino a caricare le nostre colpe sulle spalle del Suo Figlio, Amore come Lui.
E così Gesù, tuo Figlio, stringe la croce come fosse il cuore degli uomini, da non abbandonare mai, ma da salvare. 'Non sono venuto - dirà tuo Figlio e lo dice oggi a noi - a giudicare il mondo, ma a salvarlo 'E ancora: 'Non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva" per questo: 'Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno '.
Non mi rimane, cara Madre, che mettermi in ginocchio e riconoscente dire Grazie al Padre, al Figlio, allo Spirito d'Amore e a Te, per tanto amore vissuto e condiviso."
Costruttori di riconciliazione
Pubblicato da
Riscoprire la fede
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domenica 11 settembre 2011
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