Cominciamo questo breve appuntamento suddiviso in tre parti che ci presenterà, attraverso le parole di Sant'Alfonso Maria de' Liguori, l'inferno per riflettere cosa voglia realmente dire la dannazione in quella prigione oscura di eterni dolori. A quanti dicono che l'inferno non esiste, a quanti pensano che laggiù si possa sopportare qualcosa pur di continuare nei loro peccati, a quanti scherzano su quel terribile luogo, è dedicato questo appuntamento e queste riflessioni del Santo Dottore perché possano cominciare a riflettere seriamente, perché possano convertirsi per una vita santa, perché l'inferno è un luogo "dove sarà pianto e stridore di denti", un luogo nel quale dobbiamo augurarci di non andare, un luogo che possiamo evitare facendo la Volontà di Dio e cioè facendo del bene e non peccando.
Cominciamo a leggere la prima parte che ci mostra come è realmente l'inferno e la pena alla quale sono destinati i peccatori:
Delle pene dell'inferno di Sant'Alfonso Maria de' Liguori
La pena del senso
Due mali fa il peccatore, allorchè pecca, lascia Dio sommo bene, e si rivolta alle creature: "Due malvagità ha commesso il mio popolo: hanno abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si sono scavate cisterne, cisterne screpolate che non contengono l'acqua". Perchè dunque il peccatore si volta alle creature con disgusto di Dio, giustamente nell'inferno sarà tormentato dalle stesse creature, dal fuoco e dai demoni, e questa è la pena del senso. Ma perchè la sua colpa maggiore, dove consiste il peccato, è il voltare le spalle a Dio, perciò la pena principale che sarà nell'inferno, sarà la pena del danno. Che è la pena d'aver perduto Dio.
Consideriamo prima la pena del senso. È di fede che vi è l'inferno. Che cosa è questo inferno? È il luogo dei tormenti, così chiamò l'inferno l'Epulone dannato (Luca 16. 28). Luogo di tormenti, dove tutti i sensi e le potenze del dannato hanno da avere il loro proprio tormento; e quanto più alcuno in un senso avrà offeso Dio, tanto più in quel senso avrà da esser tormentato. "Per quanto di sfarzo s'è data, altrettanto a lei date di tormento" {Apoc. 18. 7). Sarà tormentata la vista colle tenebre. Luogo tenebroso e coperto dalla caligine di morte. Che compassione fa il sentire che un povero uomo sta chiuso in una fossa oscura per mentre vive, per 40-50 anni di vita! L'inferno è una fossa chiusa da tutte le parti dove non entrerà mai raggio di sole o d'altra luce. Il fuoco che sulla terra illumina, nell'inferno sarà tutto oscuro. "La voce del Signore che forgia lingue di fuoco". Spiega S. Basilio: II Signore dividerà dal fuoco la luce, onde tal fuoco farà solamente l'officio di bruciare, ma non d'illuminare; e lo spiega più in breve Alberto Magno: Lo stesso fumo che uscirà da questo fuoco, componerà quella procella di tenebre, di cui parla S. Giacomo, che accecherà gli occhi dei dannati. Dice S. Tommaso che ai dannati è riservato tanto di luce solamente, quanto basta a più tormentarli. Vedranno in quel barlume di luce la bruttezza degli altri reprobi e dei demoni, che prenderanno forme orrende per spaventarli.
Sarà tormentato l'odorato. Che pena sarebbe trovarsi chiuso in una stanza con un cadavere fracido? "dai cadaveri salirà il fetore» (Is 34. 3). Il dannato ha da stare in mezzo a tanti milioni d'altri dannati, vivi alla pena, ma cadaveri per la puzza che mandano. Dice S. Bonaventura che se un corpo di un dannato fosse cacciato dall'inferno, basterebbe a far morire per la puzza tutti gli uomini. E poi dicono alcuni pazzi: Se vado all'inferno, non sono solo. Miseri! quanti più sono nell'inferno, tanto più penano.
Più penano (dico) per la puzza, per le grida e per la strettezza; poichè staranno nell'inferno l'un sopra l'altro, come pecore ammucchiate in tempo d'inverno. Anzi più, staranno come uve spremute sotto il torchio dell'ira di Dio. Dal che ne avverrà poi la pena dell'immobilità. Sicchè il dannato siccome cadrà nell'inferno nel giorno finale, cosi avrà da restare senza cambiare più sito e senza poter più muovere né un piede, né una mano, per mentre Dio sarà Dio.
Sarà tormentato l'udito cogli urli continui e pianti di quei poveri disperati. I demoni! faranno continui strepiti. Che pena è quando si vuole dormire e si sente un infermo che continuamente si lamenta, un cane che abbaia, o un fanciullo che piange? Miseri dannati, che hanno da sentire di continuo per tutta l'eternità quei rumori e le grida di quei tormentati! Sarà tormentata la gola colla fame; avrà il dannato una fame canina. Ma non avrà mai una briciola di pane. Avrà poi una tale sete, che non gli basterebbe tutta l'acqua del mare; ma non ne avrà neppure una stilla: una stilla ne domandava l'Epulone, ma questa non l'ha avuta ancora, e non l'avrà mai, mai.