Carissimi, meditiamo la presenza viva di Gesù nell'Eucaristia, atraverso questa riflessione di don Dolindo Ruotolo:
Nel mondo tutto è morte, tutto è rovina; noi in realtà non viviamo, ma moriamo tutti i giorni, camminiamo su questa terra, e quasi per ironia diciamo di vivere: «quotidie morior» dice san Paolo. In questa carne si sente la conseguenza del peccato, o quella che san Paolo chiama lo stipendio di questo triste capitale, la morte: «stipendium peccati mors». Noi ce ne sentiamo aggravate le spalle e sentiamo la morte in tutti i muscoli nostri e sotto dei nostri occhi in realtà tutto muore: cadono le foglie, si appassiscono i fiori, tramonta il sole, si logorano gli stessi abiti che indossi. È tutto uno spettacolo di morte, di passaggio; come è tutto uno spettacolo di vita, di ritorno. Noi, però, del ritorno delle cose umane non ci consoliamo, perché in fondo, per noi, ogni ritorno segna un nuovo passaggio.
Così diceva, rammaricato, il santo Giobbe: «L'albero conserva la sua speranza, se è tagliato ripulluna, ma a me quale speranza è riservata?"
Io sento Gesù come un Padre a cui è stato detto: «Vogliamo sentire una poesia ancora più bella». E tu ci rispondi: «E se vi facessi sentire una cosa veramente più bella, come rimarreste voi? sareste come annientati dalla dolcezza!».
«Tu non sei, o Gesù mio, solo la mia vita spirituale, sei la mia vita nella risurrezione, la mia vita nell'eternità.
Eccomi ancora una volta ai piedi tuoi. Gli anni mi pesano, la vita si trascina faticosamente verso il sepolcro, io sento in me una nostalgia, una malinconia... qualche cosa di vaporoso che non arrivo a discernere, che non riesco a distinguere. Mi sento annientato, umiliato, confuso; mi pare di essere, se è possibile dire, un ramo staccato dal tronco, un tralcio separato dalla vite.
Io ti guardo, mi raccolgo, ed ecco che la morte mi appare bella, è un passaggio verso di Te; il sepolcro mi appare glorioso, è un omaggio alla tua grandezza, una confessione della mia nullità. L'immagine stessa di un corpo putrefatto mi appare poetica perché Tu, Tu hai segnato quella carne e quelle ossa, della tua vita immortale, ed è per Te che questo mio corpo non è qualche cosa che si è dissolto e si è marcito, ma è propriamente e veramente la semente che è riposta nel terreno per sbocciare a suo tempo.
Tu, Redentore mio, sei il filo germinatore, e, se me lo permetti, il cotilèdone
Foglia carnosa che accompagna l'embrione delle piante fanerogame per nutrirlo mentre germoglia (n.d.r.) germinatore.
Io davanti a Te sento la mia immortalità anche nel corpo, non perché ne abbia diritto, ma perché risuoni in me l'eco della tua divina parola e della tua promessa: «Chi mangia il mio corpo, e beve il mio sangue sarà risuscitato da me nell'ultimo giorno».
Dunque, Tu sei la vita di questa stessa carne che marcisce, di questo stesso corpo che declina, di questa stessa vita che dispare, perché Tu sei la Risurrezione e la vita.
Io morirò, Gesù mio, morirò. Oh, dolce momento, o morte che diventi vita!
Due lottatori si contendono il mio povero frale: da una parte lo spettro scarno della morte, la quale ha mandato davanti a sé, la sua staffetta, direi quasi: l'infermità, il malanno, il dolore, l'affanno.
Tu sei l'altro lottatore, il vincitore della morte, la Resurrezione e la vita. Tu l'avevi detto, Redentore mio: «Se la morte ti incoglie, chiamami, io sono la Resurrezione e la vita». Tu vieni vivo, cioè inondi, inondi di gioia la mia piccola stanzuccia; si accendono intorno al mio letto le candele, tremola la fiamma, risplende e vive anche la piccola candela che prima giaceva separata e come morta (La candela nella Chiesa è l'immagine della vita di Gesù).
Tu vieni, io ti invoco. La morte si nasconde, le sue scarne mani si ritirano, il suo dominio è spezzato, tu hai teso verso di me il dito tuo onnipotente e per il Tesoro Eucaristico riproduci la palpitazione vera del Sacrificio tuo della Croce.
Tu l'hai detto severamente: «Dov'è o morte la tua vittoria?» Ella è svanita.
Tu hai nutrito la tua creatura; nel nutrirla come viatico le hai dato il principio della vita eterna. La creatura tua è stata già da te trasportata fuori del suo corpo, per così dire; Tu nel Viatico santo l'hai fatta già cittadina del Cielo, dimodochè questo corpo non può dire più che cade sotto i colpi terribili della morte, ma si addormenterà nelle braccia tue, reclinerà sul tuo petto il suo capo stanco, passerà, e lascerà le spoglie perché tu le hai preparato il manto reale della gloria, perché tu stesso l'accompagni nell'ingresso della Vita eterna.
Tu mi hai fatto per te, e morendo sulla Croce mi hai predestinato al Cielo. Ebbene, Gesù Cristo mio, non mi hai vista mai bambina, piangere sola in una stanza, smarrita, senza nessuno; non mi hai vista mai in una strada, sola, e come abbandonata, lacrimare?
Sono tanto piccola, atomo impercettibile che di fronte alla mia terra mi sento già smarrita, che non so rintracciare, magari, la via per ritornare a casa. Che cosa farei io, uscendo fuori di questo mondo, se tu non mi accompagnassi? Sono figlia tua e tu vieni nella morte per accompagnarmi nell'eternità.
Ecco, l'anima si stacca dal corpo; è un istante, è un momento. Eccola davanti a Dio: quest'anima non sente che il peso delle sue iniquità e delle sue colpe, non sente che l'oppressione del suo nulla; e siccome esce sempre macchiata, benché tenuemente, ma sempre macchiata, quest'anima è come annebbiata, non ritrova il suo Dio, benché vi tenda, vi tenda,benché si trovi già alla sua divina presenza.
Tu, Redentore mio bello, Tu sei per me la guida, la luce, la forza, la riparazione della mia miseria; l'anima mia è stata raccolta in un carcere tenebroso dove si purifica. Io, io gemo, ardo, spasimo, mi torturo, grido, grido, grido al mio Dio, grido ai miei cari, grido alla Chiesa; e Tu ti offri, e dalla terra sale il profumo dell'amore tuo Eucaristico.
Io mi sento rinfrescata, rigenerata, rifatta. La caligine si stempera, si dilegua, appare l'eterno, l'infinito Sole: Dio Uno e Trino.
Tu, Gesù mio sei la mia luce, il mio lume di gloria, la mia forza, la mia spinta. Io volo, volo e nell'infinita Trinità io scorgo il Mediatore mio, io ricordo le tue fattezze umane. Padre mio, Tu sei la mia vita eterna. Cosi sia.
Tu sei la mia vita nell'eternità
Pubblicato da
Angel
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venerdì 7 gennaio 2011
2 commenti:
Davvero una riflessione straordinariamente grande. Che intensa spiritualità! E che conforto poi.. soprattutto dopo aver vissuto l'amarezza dei giorni scorsi, amarezza trasformata in dolcezza dall'Amore di Cristo!
Grazie per questa riflessione di Don Dolindo Ruotolo!
Tutte le riflessioni di questo sacerdote sono sempre profonde e ricche di spiritualità! Un caro saluto!
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