Pubblichiamo oggi una breve riflessione di un nostro caro amico, Fabio, che salutiamo caramente. E' un'ottima riflessione che pone l'attenzione su un vizio, purtroppo, diffuso anche in mezzo a noi cristiani:
Asteniamoci dalla mormorazione. Noi non siamo chiamati a giudicare i nostri fratelli. Detestiamo questo vizio, ricordando che la carità ci obbliga ad evitarlo ad ogni costo.
Tutti sappiamo che la mormorazione consiste nel manifestare ad un altro le mancanze del nostro prossimo, spesso distruggendo il suo buon nome. Ciò avviene ogni volta che riportiamo i difetti altrui. Forse con maggiore danno se lo facciamo senza indicare detti difetti, ma usando espressioni che alludono a cose nascoste; così, per esempio, la frase: "Se io potessi parlare!"; oppure, nell'ascoltare maldicenze, rispondere: "Io anche avrei da dire, ma preferisco tacere". Questo è terribile perché credo che una tale riserva danneggi molto più della manifestazione aperta di ciò che è successo; induce a sospettare, infatti, che si nascondano cose molto gravi.
Qualcuno potrebbe dire: «Io, quando parlo del mio prossimo, riferisco sempre cose risapute, per cui non credo di togliere la buona riputazione, dato che quello che dico non l'ho visto io ma mi è stato riferito. In tal caso la mia mancanza non è tanto grave perché si tratta di cose pubblicamente conosciute. Si sa che, quando un delitto è pubblico, diminuisce la gravità del parlarne».
Io credo invece che anche in quest'ultimo caso chi si compiace di riferire le mancanze dei propri fratelli dimostra di avere nel petto un cuore completamento freddo, privo di amore e di carità.Vediamo come Egli si è comportato con i più grandi peccatori. Riguardo a Giuda, giunto il momento di manifestare il suo tradimento, lo fa con molta carità e delicatezza, senza palesare il suo nome. Egli dice: "Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà" (Mt 26, 23). In tal modo ciascuno prese rivolta a sé l'allusione e tutti chiesero pieni di spavento "Signore, sono forse io?". Gesù, sebbene li vedesse spaventati, non fece alcun nome, solo disse in segreto a Giovanni "Colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò" (Gv 13, 26). E lo fece con tanta discrezione che nessun altro se ne accorse. Se Gesù manifestò questo al suo amato discepolo fu perché Giovanni lo amava profondamente. Colui che ama ha carità verso i propri fratelli; tace e nasconde le loro mancanze.
Siamo caritatevoli, perché la carità è il vincolo che ci unisce gli uni agli altri e tutti a Gesù. In ogni momento della nostra vita, solleviamo gli occhi più in alto e pensiamo che sarà veramente degno di approvazione in noi, non questo o quel metodo di virtù, ma il frutto della carità. Questo è ciò che Gesù ci chiede.
La mormorazione: una ferita alla carità
Pubblicato da
Angel
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sabato 8 gennaio 2011
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