Concludiamo la giornata liturgica attraverso l'ormai consueto appuntamento di meditazione con le riflessioni di noti sacerdoti e movimenti religiosi. Oggi riflettiamo attraverso le parole di mons. Gianfranco Poma:
La domenica di Abramo e della Trasfigurazione segna la seconda tappa della quaresima: Gen.12,1-4 e Matt.17,1-9 sono testi fondamentali nel cammino della nostra formazione umana e cristiana. Abramo è chiamato ad uscire dalla propria terra per partire verso un paese che Dio gli donerà: è il cammino della libertà, è l'avventura della pura grazia. "Lascia la tua terra" può essere tradotto anche: "Va' verso te stesso". La "terra promessa" verso la quale Abramo è invitato da Dio a camminare è l'autenticità della esistenza alla quale può arrivare uscendo da tutti i condizionamenti che impediscono la libertà: l'avventura della vita è la ricerca della verità e della autenticità che Dio solo può donare all'uomo, Dio che è con noi e che sperimentiamo camminando nell'intimo di noi stessi.
L'esperienza della Trasfigurazione, che oggi è offerta a noi come a Pietro, Giacomo e Giovanni, ci porta alla realizzazione piena del cammino della libertà iniziato con la chiamata rivolta da Dio ad Abramo: nello splendore del volto di Gesù, nella luce candida delle sue vesti, si rivela la sua vita intima, e noi contempliamo chi è Dio e chi è l'uomo.
Luca, nella sua redazione dell' evento della Trasfigurazione, dice così: "Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto…" (Lc.9,28-29). Secondo questa tradizione, la Trasfigurazione fu essenzialmente una esperienza spirituale, una esperienza originale di preghiera, una preghiera sul monte. Più degli altri evangelisti, Luca si ferma a sottolineare la preghiera di Gesù: nei momenti forti della sua vita, Gesù prega, e la sua preghiera comincia sempre con l'invocazione: "Padre…" Nel contesto della Trasfigurazione, la preghiera prende tutto il suo significato: esprime la intimità di Gesù con il Padre. Con la preghiera Gesù abbatte la frontiera di carne che lo separa da Dio, e crea un contatto con il divino così reale, così forte, che la gloria di Dio risplende sul suo volto e sulla sua veste.
Anche per noi, la preghiera di Gesù di cui siamo resi partecipi nella Liturgia, è la via attraverso la quale accediamo alla intimità con Dio: Dio Trinità, mistero di Amore. Ma cos'è la preghiera di Gesù? C'è un filo che collega direttamente la Trasfigurazione con la Passione di Gesù: anche in quel momento Gesù prega. "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato" (Matt.27,46), "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito" (Lc.23,46). La preghiera è l'esperienza più autenticamente umana di Gesù, nella quale ha la percezione della radicale debolezza di tutto, del più terribile nulla e per questo anche dell'infinito tutto che è l'Amore. La preghiera è per Gesù l'esperienza dell'abbandono più totale: la lontananza diventa "affidamento" solo in Dio, percepito come "Dio mio", come il Padre al quale il Figlio si consegna. E la preghiera è l'esperienza nella quale il Figlio accoglie la risposta del Padre: al nulla sperimentato dal Figlio risponde l'Amore infinito del Padre. La preghiera non può non essere Passione: la Trasfigurazione è la risposta dell'Amore del Padre al Figlio che, spogliato di tutto si affida a Lui, è la umile carne calata nella storia resa splendente dalla gloria del Padre.
Sulla preghiera di Gesù si configura la nostra preghiera. Luca colloca la Trasfigurazione appena prima dell'inizio del grande viaggio che Gesù compie verso Gerusalemme "per essere consegnato nelle mani degli uomini" (Lc.9,44): "mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto…ed ecco, due uomini conversavano con lui. Erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria e parlavano del suo esodo che stava per compiersi a Gerusalemme…" (Lc.9,29-30) Nella preghiera Gesù vive la concretezza della sua vita, l'angoscia di ciò che lo attende, ma vive tutto non ripiegato su se stesso, come se dovesse contare solo sulle proprie forze, vive come figlio che parla, confida, ha l'amore del padre. E il Padre gli dona di sperimentare che la sua fragilità (il suo volto, le sue vesti) è il luogo della gloria. Matteo colloca la Trasfigurazione in un contesto nel quale Gesù sta istruendo i suoi discepoli. Dopo il primo annuncio della Passione, alla reazione di Pietro che gli dice: "Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai", Gesù risponde con forza: "Va' dietro a me, Satana, tu mi sei di scandalo…" e poi continua: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Matt.16,21-24). La Trasfigurazione diventa esperienza pedagogica per i discepoli (oggi per noi), perché sappiano bene che cosa significa e non abbiano paura di seguire Gesù per la via che egli ha scelto: la via dell'esperienza filiale dell'ascolto della Parola del Padre, del fare la sua volontà, la via del servo di Dio che dona tutto. E' la via di Mosè e di Elia, servi di Dio, ma che Dio ha esaltato nella sua gloria. E' la via attraverso la quale il servo "non ha più bellezza, tanto è stato sfigurato" (Is.52,14) eppure il "suo volto brilla come il sole e le sue vesti diventano candide come la neve": è la via dell'Amore onnipotente di Dio che passa attraverso la fragile debolezza dell'uomo. La Trasfigurazione è parte essenziale della pedagogia di Dio, perché i discepoli di Gesù vedano che la sua forza sta nella debolezza umana (2 Cor.12,9) e imparino (Pietro per primo), a non pretendere di possedere la gloria di Dio senza sperimentare la debolezza del figlio. A Pietro, alla Chiesa, a noi che oggi riviviamo il mistero nella Liturgia, la Trasfigurazione propone una profonda esperienza di fede: la nube luminosa ci copre con la sua ombra, lo Spirito dell'Amore del Padre ci avvolge, ne sentiamo la forza che ci infonde coraggio, speranza. Ma con Pietro non pretendiamo di cancellare la nube: rimane la "voce" che continua a dire: "Questi è il mio Figlio, l'amato, in cui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo". E' la voce del Padre "che sta nei cieli": ascoltare la Parola di Dio è la fede. A noi è dato di guardare Gesù, solo, che cammina con noi, è il Figlio, l'amato, nel quale il Padre si compiace perché rende visibile sulla terra, nell'oscurità di ogni giorno, la luce dell'Amore del Padre.
Gesù si accosta a noi ("Io sono con voi tutti i giorni" Matt.28,20) per dirci: "Alzatevi e non temete". E noi possiamo riprendere il cammino, siamo fragili, possiamo cadere, ma sappiamo che Lui è con noi: anche nella notte più buia, risplende la luce.
La Trasfigurazione è la quotidianità della nostra esperienza di Cristo risorto, ed è il nostro ingresso, con lui, nella libertà della terra promessa.
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