Concludiamo la giornata liturgica pasquale attraverso l'ormai consueto appuntamento di meditazione con le riflessioni di noti sacerdoti e movimenti religiosi. Oggi riflettiamo il mistero glorioso della Resurrezione, attraverso le parole di monsignor Gianfranco Poma:
La seconda domenica di Pasqua è chiamata "in albis" perché coloro che hanno ricevuto il battesimo nella notte di Pasqua portano una seconda volta la veste bianca, segno della nuova nascita in Cristo. Recentemente, per iniziativa di Giovanni Paolo II, è diventata "la domenica della misericordia", facendo eco alla prima lettera di Pietro (1,3): "nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediate la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia, non marcisce". E' chiamata anche "la domenica di Tommaso" perché ogni anno, in questa domenica, la Liturgia ci fa leggere il brano del Vangelo di Giovanni (Giov.20,19-31) che parla di lui, uno dei Dodici. Si tratta, della manifestazione di Gesù agli apostoli: Gesù tra i suoi, può essere il titolo di questa pagina che la Liturgia ci fa sperimentare. Attraverso il linguaggio narrativo, Giovanni presenta le modalità con cui Gesù viene e rimane nella Chiesa ed educa i discepoli perché "vedano" i segni della sua presenza e "credano" nella sua carne umana il Cristo, il Figlio di Dio e "credendo abbiano la vita nel suo nome". Questa pagina è in qualche modo, la sintesi di tutto il Vangelo: riattualizzandola nella Liturgia, siamo condotti a gustarne la inesauribile ricchezza mentre ci sentiamo rinati per una vita incontenibile. Se il Vangelo parla di "Gesù tra i suoi" intende farci sperimentare "Gesù con noi".
Tutto comincia alla sera di Pasqua: Maria di Magdala ha visto il Signore e ha ricevuto da lui la missione di annunciarlo ai discepoli (Giov.20,11-18), Piero e il discepolo che Gesù amava hanno visto la tomba vuota (Giov.20, 1-10). Ma i discepoli sono ancora chiusi: stretti tra loro per paura delle autorità giudaiche, le loro porte rimangono sprangate. E' destinata a noi la descrizione di Giovanni: sono i discepoli di Gesù, riuniti tra loro, ma in loro prevale la paura, le porte sono sbarrate per potersi difendere mentre "scende la sera di quel giorno, il primo dopo il sabato". L'annuncio della risurrezione non ha ancora afferrato la loro vita: il loro stare insieme è ancora in preda alla paura, pieno di ambiguità. Ed è sorprendente il seguito del racconto del Vangelo: dice quanto di più sconvolgente ed inatteso si possa pensare, ma lo dice in modo semplice, quasi ovvio. Questo per avvertirci che ciò che importa all'evangelista non né spiegarci come si sono svolti gli avvenimenti ma annunciarci una realtà, nuova e totalmente imprevedibile, che è entrata nella storia per liberare l'uomo da ogni paura e condizionamento e dargli la possibilità di realizzarsi al di là di ogni suo desiderio o progetto: "quando scendeva la sera… venne Gesù e stette in mezzo a loro". Questo è il lieto annuncio: là dove i suoi discepoli sono riuniti, fragili, deboli, sempre pieni di paura, lui "viene e rimane con loro". Gesù viene nella Chiesa, lungo la storia, continuamente: non la porta fuori dalla storia, la Chiesa condivide la fragilità e le paure di tutti gli uomini. Ma lui viene e rimane in mezzo ai suoi discepoli: hanno paura, ma la paura non li schiaccia; sentono la loro insicurezza ma non è la chiusura delle porte che garantisce la loro sopravvivenza. Lui viene e dice: "Pace a voi". Il primo giorno è iniziato: non è tutto finito nella tenebra della sera. C'è una forza nuova che vince tutte le forze avverse; non si misura sul loro stesso piano ma le svuota superandole. Lui "che conosce il soffrire" sa che i suoi discepoli saranno sempre immersi nelle difficoltà, ma lui che conosce l'amore del Padre, offre a loro la pienezza dei suoi doni, "la pace", la tranquillità interiore, la vera forza perché il male non vinca. La gioia è la condizione nuova dei discepoli perché "hanno visto il Signore": l'hanno visto nel suo mostrare le mani e il costato, hanno visto il suo amore senza limite. Come è possibile rimanere nella tristezza, nella paura, quando si sperimenta un tale Amore? E' incontenibile la ricchezza dei doni che la sua presenza comunica ai suoi discepoli: e nasce la loro missione verso il mondo E comincia il mondo nuovo: non è fatto dagli sforzi umani ma dal dono dello Spirito che lui, il Signore risorto effonde. E' un mondo nuovo perché nato da un Amore che ha perdonato il peccato di chi lo ha crocifisso, mostra la sua novità nel perdono che è la forza che vince l'odio, la pace che vince la guerra, la gioia che vince la tristezza, la libertà che vince ogni forma di schiavitù.
La comunità dei discepoli di Gesù trova il motivo della sua esistenza nella proclamazione: "Abbiamo visto il Signore!", nel mostrare la ricchezza dell'esperienza vissuta con lui che "viene e rimane in mezzo a loro", nel gustare la gioia per la pace che egli comunica, la forza nuova, la libertà, nello sperimentare la novità di una vita vissuta nello Spirito e la passione che spinge ad andare nel mondo per proclamare il coraggio di una vita che può osare tutto perché l'ostacolo più grande, il peccato, è stato vinto. E' così bella la vita con lui, il risorto! Potremmo volare! Ma il Vangelo ci riporta alla vita concreta e lo fa presentandoci l'esperienza di Tommaso, il "gemello". Ma gemello di chi? Di ciascuno di noi, che in lui, nella sua diffidenza e poi nella sua fede, può trovarsi completamente. Secondo alcuni esegeti, più che "gemello", Tommaso è "doppiato" (a due volti): figura estremamente significativa di ogni discepolo di Gesù. I sinottici hanno sottolineato che "tutti i discepoli dubitarono". Per Giovanni, Tommaso li riassume tutti: è assente la sera della prima venuta di Gesù, ma ha la nostalgia di lui. E lui viene di nuovo (è già la domenica!). Viene ad implorare Tommaso: "Tocca i segni del mio amore: non rimanere non credente ma credente". E Tommaso esprime l'atto di fede più intenso fatto da un discepolo in tutto il Vangelo: ha conosciuto "interiormente" chi è Gesù, il suo amore che non si ferma di fronte al dubbio umano, che cerca senza sosta chi è fragile, che non abbandona chi rimane sempre debole. E Tommaso, il discepolo a doppio volto, svolge un ruolo essenziale per la fede che deve diventare la vita per il mondo intero: egli ha visto e ha creduto e ha testimoniato per coloro che non vedendo, nella fatica quotidiana, nell'oscurità sempre rinascente, nella concretezza della mediocrità di una Chiesa sempre dubbiosa, sono chiamati a credere, a sperimentare la presenza di Gesù, sempre nuova, sempre così ricca, da rendere felice la vita di coloro che gridano a lui: "Mio Signore e mio Dio!"
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