Continua la riflessione di Enza su San Giuseppe, padre putativo di Gesù:
CAMMINANDO CON SAN GIUSEPPE
4a PARTE
GESU’ VIENE PRESENTATO AL TEMPIO
Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre. Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore.
(Lc 2,21-24)
Giuseppe uomo giusto e osservante della Legge di Dio dopo la nascita di Gesù sapeva che doveva compiere il rito della circoncisione, per assegnare così al Bambino Gesù l’appartenenza al popolo dell’alleanza a cominciare da Abramo, capostipite e modello di fede per tutti i discendenti.
Giuseppe è un modello di fede che anche noi dobbiamo seguire, lui che “spera contro ogni speranza”, dobbiamo ritenerlo “Padre dei credenti”. Come Abramo ha obbedito, ha avuto fiducia, ha seguito la voce di Dio diventando Padre di tutti i popoli, così anche san Giuseppe è Padre di tutti noi Cristiani. Lui ha sentito la voce, l’ha ascoltata, ha obbedito, ha avuto fiducia in Dio, e proprio per il suo cuore buono unito alla conoscenza della Scrittura, ci ha donato senza timore alcuno la salvezza, e non da meno ha amato Maria proprio perché ha saputo entrare nel cuore di Dio.
Spesse volte mi trovo a pensare quante coppie di sposi si trovano nello stesso dilemma. Accettare o non accettare il bambino che deve nascere e che non è il bambino che si voleva. Magari è un bambino handicappato, oppure non lo si vorrebbe perché il momento non è il più felice causa ristrettezze economiche o per l’età ecc. Sappiamo che il Signore dona la vita e la prende sempre nel momento migliore per noi, siamo noi che diversamente con le nostre scelte roviniamo i suoi progetti per il nostro bene.
Avevo 15 anni quando mia madre semi-inferma si accorse di aspettare un bambino, lei aveva 41 anni e mio padre 50. Mi ricordo che tutti erano contro questa gravidanza. I miei genitori invece, molto credenti, rispondevano a tutti: “il Signore se ce lo dona avrà i suoi motivi”. Infatti, a parte la vita donata a mia sorella, persona buona e intelligente, mio padre, rimasto vedovo dopo 16 anni dalla nascita della figlia, ha potuto non solo godere dei benefici della sua compagnia essendo io ormai sposata con figli, ma pure di quella piccola e quotidiana assistenza e amorevolezza che lei le dava con la sua presenza. Mio padre non è mai rimasto solo! Posso allora tranquillamente dire, che per mio padre è stata la sua salvezza, perché non è caduto in quella brutta malattia che si chiama depressione causa la vedovanza, senza contare l’infinita gioia che ha prodotto in tutti noi la nascita della mia unica sorella.
Allora vediamo Giuseppe attento ed obbediente ad ogni indicazione che il Signore tramite l’Angelo gli dà. Infatti Giuseppe esercita la sua paternità imponendo al Bimbo il nome Gesù “colui che salva”, nome che è tutto un programma. Come si può vedere, Giuseppe esercita la sua autorità legale sul quel figlio che, davanti a Dio e agli uomini gli appartiene, e ricollegandosi agli antenati diventa stirpe di Davide suggellando le antiche profezie. A questo punto possiamo dire che Giuseppe sa rispettare molto bene la legge civile e religiosa, a vedere gli eventi contemplando Dio nella storia.
Otto giorni dopo la nascita il Bambino Gesù deve essere portato al tempio per la circoncisione, e gli sposi offrono in sacrificio due colombe. Anche da questa offerta possiamo immaginare le condizioni economiche di Maria e Giuseppe. Possiamo perciò pensare che anche la loro esistenza non era ricca di beni, ma vissuta nella semplicità del lavoro di Giuseppe artigiano falegname. Però questi due colombi che rappresentano la povertà, sono in realtà il dono più prezioso: la presentazione stessa del Salvatore.
Camminando sulla “via di Giuseppe”, ci imbattiamo nella nascita di Gesù dove siamo chiamati a riconoscerlo come Signore e Messia. Maria lo ha dato a noi fisicamente, ma ora tocca a Giuseppe e non a Maria, presentarlo al Tempio.
E’ bello vedere nei dipinti e nelle rappresentazioni d’arte, Giuseppe che è raffigurato col Bambino in braccio! Non porta se stesso e non ci manda in una direzione errata, ci indica invece in quel Figlio “la via giusta”.
Con Giuseppe siamo al centro della nostra fede e non in qualche bordo marginale. Come cristiani dobbiamo presentare, come fa Giuseppe, Cristo al mondo, per seguire Lui e percorrere la via della salvezza.
Poi vediamo un altro grande uomo al tempio: Simone, che suggella l’evento della presentazione. Dalle sue parole infatti, si realizza in quel Bambino il compimento delle profezie. Ci mostra subito Gesù come “luce per illuminare le genti, e gloria del popolo d’Israele”.
C’è però anche un presagio in ciò che dice a Maria: “quel Figlio sarà segno di contraddizione” e “una spada le trafiggerà l’anima. Sicuramente queste parole non saranno state leggere neppure per Giuseppe, il quale avrà capito che la via non sarebbe stata per loro, né facile né spianata, e che la sua missione, insieme alla sua sposa, sarebbe stata carica di dolore.
Come per il nostro santo anche noi dobbiamo mettere in conto che la vita non è “rose e fiori”, che la via giusta non è quella larga e in discesa, ma piuttosto stretta e in salita. Il Signore non ci risparmia dalle fatiche e dalle sofferenze, che anzi proprio il “presentare Cristo” può diventare motivo di contraddizione e di persecuzione.
PREGHIAMO
Ti preghiamo caro san Giuseppe, tu che hai dato il nome a Gesù , esercita la tua paternità su di noi che ricorriamo a te come figli tuoi. Insegnaci la forza della fede e aiutaci a presentare Gesù al mondo con amore, con una buona testimonianza di vita, affrontando ogni difficoltà e opposizione. Possiamo essere coerenti e fedeli credendo sempre nella verità e nella grazia del Signore con noi.