Camminando con San Giuseppe - Giuseppe esempio di lavoratore umile
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Riscoprire la fede
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giovedì 23 giugno 2011
Continua la riflessione di Enza su San Giuseppe, padre putativo di Gesù:
CAMMINANDO CON GIUSEPPE
7a PARTE
GIUSEPPE CI INSEGNA COME LAVORARE NELL’UMILTA’.
Gesù poi ritornò a Nazarerth con i genitori e ubbidiva loro volentieri. Sua Madre custodiva gelosamente dentro di se il ricordo di tutti questi fatti. Gesù intanto cresceva, progrediva in sapienza e godeva il favore di Dio e degli uomini.
(Lc 2,51-52)
Camminando sulla via di Giuseppe, arriviamo ora alla sua bottega. Riportata la sua famiglia a Nazareth dopo la fuga in Egitto, Giuseppe è impegnato nel lavoro quotidiano senza lamentarsi delle fatiche. Con le sue mani e il sudore della sua fronte sostiene la famiglia procurando il necessario per vivere.
Voglio soffermarmi un momento su questo particolare.
Sappiamo bene che il lavoro è molto importante e quando questo viene a mancare l’uomo finisce per ammalarsi. Infatti, vediamo tutti quelli che perdono o non trovano lavoro come cadono in malattie molto serie oppure come persone che, arrivate all’età del pensionamento e non avendo altri interessi, finiscono per ammalarsi o per vivere un’esistenza fatta di noia facendo soffrire spesso chi sta loro accanto.
Capita però che durante la nostra vita lavorativa, pur avendo un buon lavoro che ci fa vivere tranquilli, abbiamo sempre da lamentarci. Giuseppe no, Giuseppe è abituato ai grandi sacrifici. Non vi sono automobili e si va per forza a piedi; nemmeno le biciclette esistono, ed il mulo serve per portare le cose pesanti, il mulo per Giuseppe è uno strumento del suo lavoro. Non vi sono neppure i rubinetti, e l’acqua si va a prenderla alla fonte. Chissà quante volte anche Giuseppe, quando Maria era incinta, l’avrà aiutata a prendere l’acqua senza lamentarsi. Allora non c’era né televisione né le partite di calcio e neppure i bar, ma Giuseppe con la sua disponibilità e premura ha creato la serenità familiare che noi possiamo ben imparare. Meditando la vita di Giuseppe, possiamo anche noi migliorarci e, come Maria, meditare nel nostro cuore tutte le cose belle e brutte che ci possono accadere. Immagino che pure loro avranno discusso qualche volta, soprattutto quando Gesù si è smarrito a Gerusalemme e mi piace pensare a cosa (come avremmo fatto noi in una situazione del genere) Giuseppe abbia detto a Maria: ma non sai nemmeno badare a tuo figlio? Erano una famiglia, e come tale hanno vissuto le nostre stesse ansie e preoccupazioni, ma non si sente assolutamente dire che si siano maltrattati perché uno voleva aver ragione sull’altro, e questo è bello!
Giuseppe col suo lavoro va incontro ai bisogni della gente che lo chiama per le proprie necessità: riparare, creare, incollare…. Giuseppe non lavora per arricchirsi, magari disonestamente e a scapito degli sprovveduti, ma si accontenta di ciò che guadagna lavorando onestamente così come insegna il Signore: lavorare col sudore della fronte per migliorare il mondo.
Sappiamo che anche Gesù, passando gli anni e diventando un ragazzo, impara il lavoro del padre, tant’è che dopo alcuni anni la gente vedendo le sue opere dirà: ma non è il figlio del carpentiere? E più direttamente: non è costui il carpentiere?
Giuseppe è il modello dei lavoratori, è colui che lavora nel nascondimento, perché grandissimo è il compito che il Signore gli ha affidato, e non può che essere così: buono e umile. Egli mantenne Maria e Gesù, ma seppe rimanersene oscuro nella bottega dicendo si a quelle virtù ignorate dagli uomini. Lui seppe istruire il Salvatore del mondo; Giuseppe ci insegna l’amore al lavoro, la sua importanza per la dignità dell’uomo, e realizza il progetto divino della Creazione. Da lui possiamo imparare lo spirito di laboriosità, la coscienza della professione, fedeltà al dovere, un’attenzione al tempo da vivere in pienezza.
Ma, Il compito più difficile per Giuseppe, non è tanto fare il carpentiere, ma quello di essere educatore. Cosa non facile: è artigiano ed è un esempio per i lavoratori, ma è principalmente “custode del Redentore” e modello degli educatori. Dobbiamo ammettere che è proprio nella bottega di Nazareth che troviamo l’ispirazione dell’arte educativa.
Qui i padri di famiglia vi si possono rispecchiare, ma pure gli educatori dell’infanzia e dell’adolescenza. Dobbiamo anche ammettere che è colui o colei che non è legato da vincoli di parentela che spesso trova in Giuseppe un riferimento assai significativo. Non per nulla Madre Teresa di Calcutta gli era devotissima. Lei che oltre ad accogliere lebbrosi e poveri doveva educare tutta quella moltitudine di bimbi che accoglieva nel suo grembo, come poteva tralasciare l’insegnamento di Giuseppe? Madre Teresa seppur donna ha seguito nella sua totalità San Giuseppe. Donna di preghiera, di carità, di amore. Ha accolto, ha fatto da madre a molti figli pur non avendo generato.
Non è fuori luogo affermare che qui abbiamo la famiglia ideale e l’indicazione per l’affido e l’adozione di bambini, come pure possiamo attingere per quei compiti educativi tralasciando gli psicologi atei che in questi 50 anni troppi danni hanno fatto alle famiglie avendo voluto escludere Gesù e il suo insegnamento.
Allora c’è da operare una doppia identificazione: noi in Giuseppe e i figli in Gesù.
All’educatore spetta la parte di Giuseppe e di riconoscere Gesù in coloro che sono affidati alle loro cure. Giuseppe infatti viene invocato come “perfetto educatore”.
Allora, bene ha fatto la Chiesa cattolica a pensare ad un giorno dedicato a lui, a Giuseppe lavoratore.
Impariamo a conoscere quest’uomo per il giusto esercizio della paternità, di cui nella nostra società spesso si sfugge.
PREGHIERA
O San Giuseppe, aiutaci a lavorare nel silenzio e nell’umiltà. Sii d’esempio e d’aiuto a tutti i lavoratori. Nelle tue mani affidiamo i problemi del mondo dell’economia e del lavoro. Sostieni i genitori e che come te mettano in atto la “grazie e sapienza” per educare i bambini e i giovani che vivono un tempo non facile per la loro crescita sia fisica che spirituale.
Grazie caro san Giuseppe!
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