Siate voi cibo per loro
La porta del Paradiso
Rosarium Virginis Mariae - XVIII parte
Carissimi,concludiamo la meditazione del Santo Rosario che abbiamo osservato attraverso la Lettera Apostolica "Rosarium Virginis Mariae del Beato Giovanni Paolo II: in quest'ultimo passo egli ci ricorda come il Santo Rosario sia un vero tesoro da riscoprire:
CONCLUSIONE - Ultima parte
Il Rosario, un tesoro da riscoprire
43. Carissimi fratelli e sorelle! Una preghiera così facile, e al tempo stesso così ricca, merita davvero di essere riscoperta dalla comunità cristiana. Facciamolo soprattutto in questo anno, assumendo questa proposta come un rafforzamento della linea tracciata nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, a cui i piani pastorali di tante Chiese particolari si sono ispirati nel programmare l'impegno per il prossimo futuro.
Mi rivolgo in particolare a voi, cari Confratelli nell'Episcopato, sacerdoti e diaconi, e a voi, operatori pastorali nei diversi ministeri, perché, facendo esperienza personale della bellezza del Rosario, ne diventiate solerti promotori.
Confido anche in voi, teologi, perché praticando una riflessione al tempo stesso rigorosa e sapienziale, radicata nella Parola di Dio e sensibile al vissuto del popolo cristiano, facciate scoprire, di questa preghiera tradizionale, i fondamenti biblici, le ricchezze spirituali, la validità pastorale.
Conto su di voi, consacrati e consacrate, chiamati a titolo particolare a contemplare il volto di Cristo alla scuola di Maria.
Guardo a voi tutti, fratelli e sorelle di ogni condizione, a voi, famiglie cristiane, a voi, ammalati e anziani, a voi giovani: riprendete con fiducia tra le mani la corona del Rosario, riscoprendola alla luce della Scrittura, in armonia con la Liturgia, nel contesto della vita quotidiana.
Che questo mio appello non cada inascoltato! All'inizio del venticinquesimo anno di Pontificato, affido questa Lettera apostolica alle mani sapienti della Vergine Maria, prostrandomi spiritualmente davanti alla sua immagine nello splendido santuario a Lei edificato dal beato Bartolo Longo, apostolo del Rosario. Faccio volentieri mie le parole toccanti con le quali egli chiude la celebre Supplica alla Regina del Santo Rosario: « O Rosario benedetto di Maria, catena dolce che ci rannodi a Dio, vincolo di amore che ci unisci agli Angeli, torre di salvezza negli assalti dell'inferno, porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più. Tu ci sarai conforto nell'ora dell'agonia. A te l'ultimo bacio della vita che si spegne. E l'ultimo accento delle nostre labbra sarà il nome tuo soave, o Regina del Rosario di Pompei, o Madre nostra cara, o Rifugio dei peccatori, o Sovrana consolatrice dei mesti. Sii ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo ».
Dal Vaticano, il 16 ottobre dell'anno 2002, inizio del venticinquesimo di Pontificato.
Lo Spirito Santo nella storia della Salvezza
Rosarium Virginis Mariae - XVII parte
CONCLUSIONE - Seconda parte
La famiglia: i genitori...
41. Preghiera per la pace, il Rosario è anche, da sempre, preghiera della famiglia e per la famiglia. Un tempo questa preghiera era particolarmente cara alle famiglie cristiane, e certamente ne favoriva la comunione. Occorre non disperdere questa preziosa eredità. Bisogna tornare a pregare in famiglia e a pregare per le famiglie, utilizzando ancora questa forma di preghiera.
Se nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte ho incoraggiato la celebrazione della Liturgia delle Ore anche da parte dei laici nella vita ordinaria delle comunità parrocchiali e dei vari gruppi cristiani,(39) altrettanto desidero fare per il Rosario. Si tratta di due vie non alternative, ma complementari, della contemplazione cristiana. Chiedo pertanto a quanti si dedicano alla pastorale delle famiglie di suggerire con convinzione la recita del Rosario.
La famiglia che prega unita, resta unita. Il Santo Rosario, per antica tradizione, si presta particolarmente ad essere preghiera in cui la famiglia si ritrova. I singoli membri di essa, proprio gettando lo sguardo su Gesù, recuperano anche la capacità di guardarsi sempre nuovamente negli occhi, per comunicare, per solidarizzare, per perdonarsi scambievolmente, per ripartire con un patto di amore rinnovato dallo Spirito di Dio.
Molti problemi delle famiglie contemporanee, specie nelle società economicamente evolute, dipendono dal fatto che diventa sempre più difficile comunicare. Non si riesce a stare insieme, e magari i rari momenti dello stare insieme sono assorbiti dalle immagini di un televisore. Riprendere a recitare il Rosario in famiglia significa immettere nella vita quotidiana ben altre immagini, quelle del mistero che salva: l'immaginedel Redentore, l'immagine della sua Madre Santissima. La famiglia che recita insieme il Rosario riproduce un po' il clima della casa di Nazareth: si pone Gesù al centro, si condividono con lui gioie e dolori, si mettono nelle sue mani bisogni e progetti, si attingono da lui la speranza e la forza per il cammino.
... e i figli
42. A questa preghiera è anche bello e fruttuoso affidare l'itinerario di crescita dei figli. Non è forse, il Rosario, l'itinerario della vita di Cristo, dal concepimento, alla morte, fino alla resurrezione e alla gloria? Diventa oggi sempre più arduo per i genitori seguire i figli nelle varie tappe della vita. Nella società della tecnologia avanzata, dei mass media e della globalizzazione, tutto è diventato così rapido e la distanza culturale tra le generazioni si fa sempre più grande. I più diversi messaggi e le esperienze più imprevedibili si fanno presto spazio nella vita dei ragazzi e degli adolescenti, e per i genitori diventa talvolta angoscioso far fronte ai rischi che essi corrono. Si trovano non di rado a sperimentare delusioni cocenti, constatando i fallimenti dei propri figli di fronte alla seduzione della droga, alle attrattive di un edonismo sfrenato, alle tentazioni della violenza, alle più varie espressioni del non senso e della disperazione.
Pregare col Rosario per i figli, e ancor più con i figli, educandoli fin dai teneri anni a questo momento giornaliero di « sosta orante » della famiglia, non è, certo, la soluzione di ogni problema, ma è un aiuto spirituale da non sottovalutare. Si può obiettare che il Rosario appare preghiera poco adatta al gusto dei ragazzi e dei giovani d'oggi. Ma forse l'obiezione tiene conto di un modo di praticarlo spesso poco accurato. Del resto, fatta salva la sua struttura fondamentale, nulla vieta che per i ragazzi e i giovani la recita del Rosario – tanto in famiglia quanto nei gruppi – si arricchisca di opportuni accorgimenti simbolici e pratici, che ne favoriscano la comprensione e la valorizzazione. Perché non provarci? Una pastorale giovanile non rinunciataria, appassionata e creativa – le Giornate Mondiali della Gioventù me ne hanno dato la misura! – è capace di fare, con l'aiuto di Dio, cose davvero significative. Se il Rosario viene ben presentato, sono sicuro che i giovani stessi saranno capaci di sorprendere ancora una volta gli adulti, nel far propria questa preghiera e nel recitarla con l'entusiasmo tipico della loro età.
Santi Anna e Gioacchino
Concludiamo la giornata che ci ha fatto riscoprire la figura dei Santi Anna e Gioacchino, attraverso l'omelia del Cardinal Tarcisio Bertone:
DEI SANTI GENITORI DELLA BEATA VERGINE MARIA
OMELIA DEL CARDINALE TARCISIO BERTONE
Parrocchia di Sant'Anna in Vaticano
Giovedì, 26 luglio 2007
Questa Celebrazione Eucaristica ci offre l'occasione per sperimentare la beatitudine di coloro che ascoltano la Parola di Dio; che entrano in relazione viva con il suo disegno di salvezza, attraverso la comunione con il Corpo, Sangue e Anima di Cristo, nostro Salvatore.
"Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l'udirono!" (Mt 13, 16-17). Gesù fa sentire ai suoi discepoli la grandezza del dono ricevuto. Ad essi non parla in parabole del regno di Dio. Le parabole velavano una dottrina che l'interpretazione di molti rischiava di distorcere in senso nazionalistico e materiale; ad essi, che erano docili e umili, Gesù comunicava l'esatta interpretazione delle parabole: la felicità e la liberazione è per tutti, soprattutto per gli emarginati, gli ammalati, gli oppressi, i deboli, le donne, gli esclusi, i piccoli, gli stranieri, i poveri; l'origine di questa liberazione terrena ed eterna è Dio, che egli annuncia come Padre, Figlio e Spirito Santo.
Il Dio Trinitario non è un mistero incomprensibile, del quale è meglio non parlare. Il suo mistero è il mistero dell'Amore, nel quale tutti siamo inseriti. Ma per comprenderlo occorre diventare amici di Gesù - come ci invita costantemente a fare il Santo Padre - suoi intimi, suoi discepoli, occorre seguirlo nella sua missione.
Il motivo che ci riunisce intorno all'altare di questa Chiesa parrocchiale del Vaticano, dedicata a Sant'Anna, è la festa patronale. Anna e Gioacchino, esemplari sposi ebrei, hanno vissuto un tempo cruciale della storia della salvezza, nel momento in cui stava per avverarsi la promessa di Dio ad Abramo, e l'umanità stava per ricevere la risposta attesa dai giusti dell'Antico Testamento, che aspettavano la consolazione di Israele.
Abbiamo ascoltato le parole del Salmo 131 sulla fedeltà di Dio alla sua promessa: "Il Signore ha giurato a Davide e non ritratterà la sua parola: "Il frutto delle tue viscere io metterò sul tuo trono!". Il Signore ha scelto Sion, l'ha voluta per sua dimora: "Questo è il mio riposo per sempre; qui abiterò, perché l'ho desiderato"".
Anna e Gioacchino erano senz'altro del numero di quei pii ebrei che aspettavano la consolazione di Israele, e proprio a loro è stato dato un compito speciale nella storia della salvezza: sono stati scelti da Dio per generare l'Immacolata, la quale a sua volta è chiamata a generare il Figlio di Dio.
Conosciamo i nomi dei genitori della Beata Vergine tramite un testo non canonico, il Protovangelo di Giacomo. Essi sono citati nella pagina che precede l'annuncio dell'Angelo a Maria. Questa loro figlia non poteva non irradiare quella grazia tutta speciale della sua immacolatezza, la pienezza di grazia che la preparava per il disegno della maternità divina.
Possiamo immaginare quanto da lei avranno ricevuto questi due genitori, nello stesso tempo in cui esercitavano il loro compito di educatori. Il quadro che sovrasta l'altare di questa chiesa ci fa intuire qualcosa di quello che può essere stato il rapporto tra Sant'Anna e Maria anche nei confronti della Parola di Dio rivelata. Le univano, madre e figlia, oltre ai legami familiari, l'attesa condivisa del compimento delle promesse, la preghiera multiforme dei Salmi, il richiamo di una vita donata a Dio.
Avremo noi gli occhi e gli orecchi aperti per riconoscere un così alto mistero? Chiediamo ai Santi Anna e Gioacchino non solo di vedere e di udire il messaggio di Dio, ma anche di partecipare, con l'amore verso quanti incontreremo, al suo amore, in particolare portando a tutte le nostre famiglie luce e speranza. A Sant'Anna in particolare affidiamo le mamme, soprattutto quelle che sono ostacolate nella difesa della vita nascente o trovano difficoltà nel crescere ed educare i propri figli.
Papa Giovanni Paolo II nel visitare per la prima volta questa sua parrocchia di S. Anna (il 10 dicembre 1978), parlò, per così dire, della casa paterna di Maria, Madre di Cristo; di quella casa in cui, circondata dall'amore e dalla sollecitudine dei suoi genitori, Maria "imparava" da sua madre, come essere madre: "Quando dunque come "eredi della promessa" (cfr Gal 4, 28.31) divina, ci troviamo nel raggio di questa maternità - ha detto il Servo di Dio Giovanni Paolo II -, e quando risentiamo la sua santa profondità e pienezza, pensiamo allora che fu proprio Sant'Anna la prima a insegnare a Maria, sua figlia, come essere madre".
Ma c'è un altro aspetto che vorrei sottolineare: i Santi Anna e Gioacchino possono essere presi come modello anche per la loro santità vissuta in età avanzata. Secondo un'antica tradizione essi erano già anziani quando fu loro affidato il compito di dare al mondo, custodire e allevare la Santa Madre di Dio.
Nella Sacra Scrittura la vecchiaia è circondata di venerazione (2 Mac 6, 23). Il giusto non chiede di essere privato della vecchiaia e del suo peso; al contrario così egli prega: "Sei tu, Signore, la mia speranza, la mia fiducia fin dalla mia giovinezza... E ora nella vecchiaia e nella canizie, Dio, non abbandonarmi, finché io annunzi la tua potenza, a tutte le generazioni le tue meraviglie" (Sal 71 [70], 5-18).
Con la sua stessa presenza, la persona anziana ricorda a tutti, e specialmente ai giovani, che la vita sulla terra è una "parabola" con un suo inizio ed una sua fine: per provare la sua pienezza essa chiede di riferirsi a valori non effimeri e superficiali, ma solidi e profondi.
Purtroppo un gran numero di giovani del nostro tempo si avviano ad una concezione della vita in cui i valori etici diventano sempre più superficiali, dominati come sono da un edonismo imperante. Ciò che preoccupa soprattutto è che le famiglie si disgregano mano a mano che gli sposi giungono all'età matura e avrebbero maggior bisogno di amore, di aiuto e di comprensione vicendevole.
Gli anziani che hanno ricevuto una sana educazione morale dovrebbero dimostrare con la vita e con la loro condotta sul lavoro la bellezza di una sana vita morale. Dovrebbero dimostrare ai giovani la forza profonda della fede che ci hanno trasmesso i nostri martiri, e la bellezza della fedeltà alle leggi divine della morale coniugale.
Tempo fa si è rivolto a me un gruppo di cattolici giapponesi, desiderosi di costituire una Pia Associazione ispirata ai Santi Gioacchino ed Anna, che raggruppa coppie di sposi della così detta "terza età", dedite proprio a promuovere gli ideali di vita che ho appena esposto.
Per terminare desidero proporre a tutti voi qui presenti, la preghiera che essi recitano quotidianamente:
O Santi Gioacchino e Anna,
proteggete le nostre famiglie,
dai promettenti inizi
fino all'età matura,
carica delle sofferenze della vita,
e sorreggetele nella fedeltà
alle solenni promesse.
Accompagnate coloro che, anziani,
si avvicinano all'incontro con Dio.
Addolcite il trapasso, supplicando
per quell'ora la materna presenza
della vostra diletta figlia,
la Vergine Maria,
e del suo divin Figlio: Gesù.
Amen.
Dalla vita di San Giacomo il Maggiore, spunti di riflessione
Una doppia cittadinanza
Concludiamo la giornata liturgica attraverso l'ormai consueto appuntamento di meditazione con le riflessioni di noti sacerdoti e movimenti religiosi. Oggi riflettiamo attraverso le parole di mons. Roberto Brunelli:
"Il regno dei cieli è simile a un tesoro? a un mercante di perle? a una rete gettata in mare": così il vangelo di oggi (Matteo 13, 44-52), dopo quelli delle scorse domeniche, in cui era paragonato a un granello di senapa, a un pugno di lievito, alla semente caduta su terreni diversi, al buon grano cresciuto insieme alla zizzania. Tre domeniche di parabole sul Regno, sette paragoni usati da Gesù per spiegare una realtà evidentemente di somma importanza. Due conferme significative: proprio con l'annuncio di questa realtà egli aveva dato inizio alla sua predicazione ("Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino": Matteo 4,17) e, quando ha insegnato ai suoi come pregare, tra l'altro li ha invitati a chiedere al Padre "Venga il tuo regno".
Realtà di somma importanza, il regno di Dio (o regno dei cieli, come lo chiama Matteo), eppure quanti equivoci sussistono sul suo significato. Sarà dunque opportuno chiarirlo: Gesù parlava di un regno che ha un sovrano e una legge, ma non si può paragonare ai regni o repubbliche di questo mondo; non è uno stato che viene ad aggiungersi agli esistenti; non ha un territorio, un parlamento, un esercito; non ha scuole né fabbriche né attività economiche da gestire. Il regno di Dio ha la sua piena e perfetta attuazione nel mondo oltre questo; qui si prepara e si diffonde, nella misura in cui i singoli esseri umani riconoscono quel Sovrano e vivono la sua Legge. In altre parole, tutti sono cittadini di uno stato, ma possono usufruire di una doppia cittadinanza, perché a quella della carta d'identità possono aggiungere quella comune a chi si riconosce, vuole essere, opera da cristiano. L'appartenenza al regno di Dio non risulta dai registri anagrafici; avviene per un'interiore libera adesione che conosce solo Lui, e semmai si manifesta nei buoni frutti che da quell'adesione derivano. Neppure la Chiesa si identifica qui in terra con il regno di Dio; essa è piuttosto lo strumento per farlo conoscere e invitare ad aderirvi, l'ambito privilegiato in cui gli aderenti al Regno trovano il sostegno occorrente a farlo crescere dentro di sé.
Di questa realtà tutta spirituale, le sette parabole aiutano a comprendere il valore e le dinamiche. Il seminatore sparge la semente su terreni diversi; quella caduta sull'arido sentiero va perduta, quella tra i sassi e i rovi non trova dove mettere radici durevoli, ma quella che trova terreno fertile dà frutti abbondanti. Vale a dire, Dio rivolge a tutti la sua Parola; sta agli uomini rifiutarla, recepirla solo superficialmente, o lasciarle mettere radici profonde e così portare frutto.
Il buon grano cresce insieme alle erbacce; i pescatori trovano nella rete pesci buoni e pesci cattivi (così allora valutavano gli animali marini senza lisca, come i gamberi, i calamari, le cozze): nel mondo sono presenti buoni e cattivi, bene e male convivono persino dentro di noi, ma solo Dio sa davvero distinguerli e ha l'autorità di premiare gli uni e condannare gli altri.
Ancora: un pizzico di lievito fa fermentare tutto l'impasto; da un seme piccolissimo come quello della senape può nascere addirittura un alberello. E' il mistero del Regno, per noi già riconoscibile: così piccolo agli esordi (i pochi amici di Gesù) e poi sviluppatosi oltre ogni umana attesa (pensiamo al numero incalcolabile di cristiani lungo i secoli, e all'incalcolabile bene da loro realizzato). E ancora: il Regno è prezioso come un tesoro, come una perla bellissima, per avere la quale conviene rinunciare a tutto il resto: nulla vale più dell'essere amici di Dio già adesso, per esserlo poi definitivamente.
Chiediamo a Dio la grazia di capirlo. La prima lettura di oggi (1Re 3,5-12) parla del giovane Salomone appena diventato re. Dio lo invita a chiedergli quel che desidera, e in base alla risposta sentenzia: "Poiché non mi hai domandato una lunga vita, o le ricchezze, o la vittoria sui nemici ma la saggezza, te la concederò".
Riflettendo su Santa Brigida di Svezia
Rosarium Virginis Mariae - XVI parte
Carissimi, come ogni Mercoledì e Venerdì, continuiamo la meditazione del Santo Rosario attraverso la Lettera Apostolica "Rosarium Virginis Mariae del Beato Giovanni Paolo II che ha sempre nutrito un amore speciale per la Mamma Celeste:
39. Quanto fin qui s'è detto, esprime ampiamente la ricchezza di questa preghiera tradizionale, che ha la semplicità di una preghiera popolare, ma anche la profondità teologica di una preghiera adatta a chi avverte l'esigenza di una contemplazione più matura.
A questa preghiera la Chiesa ha riconosciuto sempre una particolare efficacia, affidando ad essa, alla sua recita corale, alla sua pratica costante, le cause più difficili. In momenti in cui la cristianità stessa era minacciata, fu alla forza di questa preghiera che si attribuì lo scampato pericolo e la Vergine del Rosario fu salutata come propiziatrice della salvezza.
Oggi all'efficacia di questa preghiera consegno volentieri – l'ho accennato all'inizio – la causa della pace nel mondo e quella della famiglia.
La pace
40. Le difficoltà che l'orizzonte mondiale presenta in questo avvio di nuovo Millennio ci inducono a pensare che solo un intervento dall'Alto, capace di orientare i cuori di quanti vivono situazioni conflittuali e di quanti reggono le sorti delle Nazioni, può far sperare in un futuro meno oscuro.
Il Rosario è preghiera orientata per sua natura alla pace, per il fatto stesso che consiste nella contemplazione di Cristo, Principe della pace e « nostra pace » (Ef 2,14). Chi assimila il mistero di Cristo – e il Rosario proprio a questo mira –, apprende il segreto della pace e ne fa un progetto di vita. Inoltre, in forza del suo carattere meditativo, con il tranquillo succedersi delle Ave Maria, il Rosario esercita sull'orante un'azione pacificante che lo dispone a ricevere e sperimentare nella profondità del suo essere e a diffondere intorno a sé quella pace vera che è dono speciale del Risorto (cfr Gv 14, 27; 20, 21).
È poi preghiera di pace anche per i frutti di carità che produce. Se ben recitato come vera preghiera meditativa, il Rosario, favorendo l'incontro con Cristo nei suoi misteri, non può non additare anche il volto di Cristo nei fratelli, specie in quelli più sofferenti. Come si potrebbe fissare, nei misteri gaudiosi, il mistero del Bimbo nato a Betlemme senza provare il desiderio di accogliere, difendere e promuovere la vita, facendosi carico della sofferenza dei bambini in tutte le parti del mondo? Come si potrebbero seguire i passi del Cristo rivelatore, nei misteri della luce, senza proporsi di testimoniare le sue beatitudini nella vita di ogni giorno? E come contemplare il Cristo carico della croce e crocifisso, senza sentire il bisogno di farsi suoi « cirenei » in ogni fratello affranto dal dolore o schiacciato dalla disperazione? Come si potrebbe, infine, fissare gli occhi sulla gloria di Cristo risorto e su Maria incoronata Regina, senza provare il desiderio di rendere questo mondo più bello, più giusto, più vicino al disegno di Dio?
Insomma, mentre ci fa fissare gli occhi su Cristo, il Rosario ci rende anche costruttori della pace nel mondo. Per la sua caratteristica di petizione insistente e corale, in sintonia con l'invito di Cristo a pregare « sempre, senza stancarsi » (Lc 18,1), esso ci consente di sperare che, anche oggi, una 'battaglia' tanto difficile come quella della pace possa essere vinta. Lungi dall'essere una fuga dai problemi del mondo, il Rosario ci spinge così a guardarli con occhio responsabile e generoso, e ci ottiene la forza di tornare ad essi con la certezza dell'aiuto di Dio e con il proposito fermo di testimoniare in ogni circostanza « la carità, che è il vincolo di perfezione » (Col 3, 14).
La vera fede e religione è quella cristiana cattolica
Concludiamo oggi la nostra giornata sulla Vigna su una delle domande più frequenti: qual è la vera religione? A queste domande hanno già risposto tutti i Santi, in particolare citiamo Sant'Alfonso Maria de' Liguori in "Verità della Fede" che tra l'altro potete seguire ogni mercoledì in Angolo della Sapienza. Oggi però leggiamo una delle tante risposte da un articolo del sito dell'Associazione Gesù e Maria: http://www.gesuemaria.it con una bella meditazione su quale sia la vera religione e perché quella cattolica è quella vera:
Sant'Elia il Tisbita, Profeta
Concludiamo la giornata sulla Vigna conoscendo meglio la figura del Santo profeta Elia, nel giorno in cui la Chiesa Cattolica ne fa memoria. Lo facciamo attraverso il Martirologio Romano:
Commemorazione di sant’Elia Tisbita, che fu profeta del Signore nei giorni di Acab e di Acazia, re di Isræle, e con tale forza rivendicò i diritti dell’unico Dio contro l’infedeltà del popolo, da prefigurare non solo Giovanni Battista, ma il Cristo stesso; non lasciò profezie scritte, ma la sua memoria viene fedelmente conservata, in particolare sul monte Carmelo.
Elia con Eliseo e Samuele, è uno dei più grandi profeti di ione (distinti dai profeti scrittori, come Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele, che hanno lasciato degli scritti inanone dei Libri sacri), e la sua missione fu di incitare il popolo alla fedeltà all'unico vero Dio, senza lasciarsi sedurre dall'influsso del culto idolatrico e licenzioso di Canaan. Elia (il cui nome significa "il mio Dio è Jahvè") nacque verso la fine del X sec. a.C. e svolse gran parte della sua missione sotto il regno del pavido Acab (873-854), docile strumento nelle mani dell'intrigante moglie Jezabel, di origine fenicia, che aveva dapprima favorito e poi imposto il culto del dio Baal.
Quando ormai il monoteismo pareva soffocato e la maggioranza del popolo aveva abbracciato l'idolatria, Elia si presentò dinanzi al re Acab ad annunciargli, come castigo, tre anni di siccità. Abbattutosi il flagello sulla Palestina, Elia ritornò dal re e per dimostrare la inanità degli idoli lanciò la sfida sul monte Carmelo contro i 400 profeti di Baal. Quando sul solo altare innalzato da Elia si accese prodigiosamente la fiamma, e l'acqua invocata scese a porre fine alla siccità, il popolo esultante linciò i sacerdoti idolatri. Elia credette giunto il momento del trionfo di Javhè, e perciò tanto più amara e incomprensibile gli apparve la necessità di sottrarsi con la fuga all'ira della furente Jezabel.
Braccato nel deserto come un animale da preda, l'energico e intransigente profeta sembrò avere un attimo di cedimento allo sconforto. Il suo lavoro, la sua stessa vita gli apparvero inutili e pregò Dio di recidere il filo che lo teneva ancora legato alla terra. Ma un angelo lo confortò, porgendogli una focaccia e una brocca d'acqua; poi Dio stesso gli apparve, restituendogli l'indomito coraggio di un tempo. Elia comprese che Dio non propizia il trionfo del bene con gesti spettacolari, ma agisce con longanime pazienza, poiché egli è l'Eterno e domina il tempo.
Il fiero profeta, che indossava un mantello di pelle sopra un rozzo grembiule stretto ai fianchi, come otto secoli dopo vestì il precursore di Cristo, Giovanni Battista, di cui è la prefigurazione, tornò con rinnovato zelo in mezzo al popolo di Dio, ma non assistette al pieno trionfo di Jahvè. L'opera di riedificazione spirituale, tanto faticosamente iniziata, venne portata avanti con pieno successo dal suo discepolo Eliseo, al quale comunicò la divina chiamata mentre si trovava nei campi dietro l'aratro, gettandogli sulle spalle il suo mantello. Eliseo fu anche l'unico testimone della misteriosa fine di Elia, avvenuta verso l' 850 a.C., su un carro di fuoco.
Inni e canti a San Camillo de Lellis
Concludiamo la giornata che ci ha fatto riscoprire la figura di San Camillo De Lellis, attraverso la visione di un meraviglioso video ricco di inni e canti al Santo che ha incarnato il vero senso di carità fraterna: