La speranza cristiana
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Riscoprire la fede
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sabato 9 luglio 2011
Oggi, torniamo a riflettere con Enza che, attraverso il racconto della sua esperienza tra le mura vaticane, ci mostra il valore e il significato della "speranza cristiana":
Oggi, insieme a voi, voglio pensare, parlare e meditare sul significato della “speranza cristiana” che non è la speranza che ci propone il mondo, anche se molti ormai credono che la tecnica, la scienza e il commercio ci salvino; questa gente non fa altro che vivere e far vivere nelle tenebre chi è loro accanto. La speranza nostra si chiama Gesù Cristo, morto e risorto per la nostra salvezza: con Lui possiamo dire che viviamo nel mondo usando le cose, sapendo che domani tutto può saltare e che solo Gesù rimane e ci consola.
San Paolo ci dice che, se noi non crediamo nella resurrezione, la nostra fede è vana. Certamente è così! Qual è quella persona che su questa terra ci dice che dopo morti vivremo anche se non avremo creduto in Gesù? Nessuno, perché chi non crede in Cristo non può avere la speranza: per loro la vita non è altro che una bella avventura da vivere con tutte le forze, anche facendo del bene, ma che una volta terminata tutto finisce. Chi dice di non credere, non riconosce neppure i segni che Dio nella sua benevolenza ci dona; questi segni diventano: manie psicologiche, eventi cosmici ecc…, insomma avvenimenti che sempre si sono manifestati nella storia dell’umanità e che noi, ora, vorremmo far credere al mondo che sono mandati da chi si è proclamato Dio, duemila anni fa.
Tante religioni esistono su questo pianeta, ma mai nessun fondatore si è preso la responsabilità di proclamarsi Dio. Hanno posto regole più o meno restrittive, hanno cercato di dare, a loro modo, la speranza di una felicità terrena, ma l’anima…….. no nessuna promessa di resurrezione!
Gesù quando ha iniziato la sua vita pubblica, ha donato speranza. Ha sfamato le folle, ha perdonato, guarito, resuscitato, consolato, promettendo a tutti il regno di Dio se avessero creduto in Lui. La cosa più bella però, è stato il dono di se stesso nell’ultima cena: Lui primo sacerdote, vero uomo e vero Dio, ha donato se stesso ed ha istituito i sacramenti. La comunione con Lui ci fa come Lui; l’eucarestia diventa una testimonianza luminosa e affascinante, un nuovo modo di intendere la convivenza umana. Chi segue Cristo, vivrà sì con i propri difetti, ma questi si smusseranno un poco alla volta lasciando spazio alla carità, che donata a chi è sofferente in corpo e spirito diventa speranza. Allora vediamo che se riceviamo Cristo vivo, se facciamo un cammino di perfezione e la nostra persona diventa molto simile a Lui, gli altri vedono Cristo in noi e il loro cuore gioisce. In pratica, ascoltando Cristo e testimoniandolo con la nostra vita, lo facciamo rivivere portandolo ai fratelli; lo presentiamo come unico Salvatore non solo per questa vita ma soprattutto per l’altra.
Quale grande nazione ha la divinità così vicina a se, come il Signore nostro Dio è vicino a noi? (Dt 4,7). Gesù è la promessa, è la speranza, è la vita, seguendo Lui possiamo già sperimentare su questa terra il Paradiso.
Voglio portare a voi una mia testimonianza proprio sulla speranza vera che Gesù, nella sua infinita bontà, ha voluto farmi vivere proprio in Vaticano, ma non solo. Molti segni anche a Lanciano, certamente sono segni che solo un cuore unito a Lui può vivere, ma non sempre si possono palesare in quanto sono segni intimi.
Mercoledì sei luglio, arrivata in piazza san Pietro per l’udienza del Papa, ho dovuto far marcia indietro in quanto in questo mese il Pontefice è partito per il suo meritato riposo. Il giorno successivo, alle sette, arrivata all’apertura delle porte della basilica, con grande stupore ho visto che ad ogni altare della chiesa veniva celebrata una messa. Immaginatevi quanti sacerdoti! Gruppi di pellegrini accompagnati da sacerdoti che prenotano gli altari per celebrare la messa e il più ambito è quello del Beato Giovanni Paolo II. Appena entrata, ho chiesto ad una guardia dove celebrassero in Italiano: la gioia è stata vera quando mi disse che potevo dirigermi verso l’altare di san Giuseppe del quale sto facendo la novena, ma che fino alle ore otto avrei dovuto aspettare. Contenta di quest’attesa ne ho approfittato per pregare san Giuseppe. Alle otto in punto vedo uscire dalla sacrestia un sacerdote solo, senza chierichetto, il quale ci dice che quell’altare era prenotato. Allora insieme a lui andiamo davanti ad un altare vicino alla tomba di san Pietro la cui immagine sopra questo altare mostra San Pietro che guarisce il paralitico. Ho avuto la soddisfazione di leggere la prima lettura con il salmo e intonare pure l’alleluia; ma la cosa più grande per me è stata quando il sacerdote, prima di iniziare la santa messa, ci ha comunicato che quella messa veniva celebrata per invocare lo Spirito Santo. In pratica, tutta la celebrazione e la benedizione finale sono avvenute in nome dello Spirito Santo.
Davvero colma di benedizioni, vado poi involontariamente verso la cappella dell’adorazione dove entrano solo quelli intenzionati a pregare e non certamente i curiosi. Ho trascorso tre ore in grazia di Dio, e in questi momenti di distacco dal mondo ho percepito chiaramente la presenza viva di Dio nel mio cuore: benedizioni, pace, benessere, conforto, amore e perdono, sono stati i suoi doni per me in questi giorni. Egli però non fa mancare questi nutrimenti a tutti coloro che lo amano e lo accolgono come Creatore e Salvatore.
La speranza cristiana è la più bella speranza per l’uomo. Preghiamo, ma soprattutto amiamo col cuore coloro che non ci permettono di testimoniarlo a parole, con i fatti e dicono che nulla esiste, disprezzando e perseguitando chi invece crede in Dio. Stiamo vicini pure a quelli che dicono di credere ma che non conoscono la vera speranza, in quanto hanno trascorso l’esistenza a vivere la fede all’acqua di rose. A tutti noi può essere successo per un tempo più o meno lungo di aver evitato di far operare Dio in noi e nelle nostre famiglie proprio perché non conoscevamo il Suo amore. Ma ora che sappiamo cos’è la speranza: per questo dobbiamo, a qualunque costo, portarla ai fratelli, ed anche se con qualche difficoltà, con il dono della nostra vita nel nome di Gesù, riusciremo a mettere Lui al centro e non più noi stessi.
L’assassino di santa Maria Goretti, ad esempio, ha trovato la speranza proprio grazie a questa ragazzina che tanto ha amato il Signore fino a donare la sua vita pur di non peccare.
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