Concludiamo la giornata liturgica attraverso l'ormai consueto appuntamento di meditazione con le riflessioni di noti sacerdoti e movimenti religiosi. Oggi riflettiamo attraverso le parole di padre Ermes Ronchi:
Ecco il seminatore uscì a seminare. Ed è subito profezia di estate, di pane, di tavole imbandite, di fame finita. Gesù guarda un seminatore e nel suo gesto intuisce qualcosa di Dio. La gioia di immaginare Dio come lo rivela Gesù: un Dio contadino che diffonde i suoi germi di vita a piene mani, fecondatore infaticabile delle nostre vite, ostinato nella fiducia, un Dio seminatore: mano che si apre, inizi che fioriscono, primavera.
Dio è come la primavera del cosmo, noi dovremmo essere l'estate del mondo, che porta a maturazione i germi divini, profumata di frutti. Ogni cuore è una zolla di terra buona, adatta a dare vita ai semi di Dio. Ma quante volte ho fermato il miracolo! Io che sono strada, via calpestata, campo di pietre e sassi, io che coltivo spine nel cuore...
Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono.
Il primo errore lo compio quando sono strada, uno che non si ferma mai. La parola di Dio chiede un minuto di sosta, un minuto di passione: chi corre sempre è derubato di senso, derubato della fame di infinito che costituisce la nostra dignità.
Un'altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c'era molta terra... Il secondo errore è il cuore poco profondo, un cuore che non conserva, non custodisce, non medita. Così fa il cristiano adolescente che è in me, che si accontenta di sensazioni e non approfondisce.
Un'altra parte cadde sui rovi e i rovi crebbero e la soffocarono.
Il terzo errore è l'ansia delle ricchezze e del benessere; e poi la spina del quotidiano, dovuta alla fatica di conciliare lavoro e famiglia, di resistere allo sconforto, alla solitudine, all'insicurezza per il domani... Spina che soffoca la fiducia e ti fa credere che in te non ci sia spazio per far germogliare un seme divino, un sogno grande. Ma il centro della parabola non è negli errori dell'uomo, il protagonista è un Dio generoso, che non priva nessuno dei suoi doni. Nasce allora la gioia e la fiducia che per quanto io sia arido, spento, sterile, Dio continua a seminare in me, senza sosta. Contro tutti i rovi e le spine, contro tutti i sassi e le strade, vede una terra capace di accogliere e fiorire, dove il piccolo germoglio alla fine vincerà.
Mi commuove questo Dio che in me ha seminato così tanto per tirar su così poco. Lui sa che per tre volte, dice la parabola, per infinite volte, dice la mia esperienza, non rispondo, poi però una volta rispondo, ed è il trenta, il sessanta, forse il cento per uno. Amo questo Dio contadino, pieno di fiducia nella forza del seme e nella bontà del pugno di terra che sono io, al tempo stesso campo di spine e terra capace di far fiorire i semi di Dio.
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