Riflettiamo Insieme

nella vigna ...

Aspettando la Beatificazione: Omelia per l'inizio del Pontificato

Carissimi, come annunciato, continuiamo a percorrere la strada che ci separa dall'evento della Beatificazione del nostro amato Giovanni Paolo II. Oggi, ne meditiamo la prima Omelia per l'inizio del Pontificato (basta leggere le due ultime esortazioni per comprenderne l'umiltà):

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II 
PER L'INIZIO DEL PONTIFICATO

Domenica 22 ottobre 1978

1. “Tu sei il Cristo il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16).

Queste parole ha pronunciato Simone figlio di Giona, nella regione di Cesarea di Filippo. Sì, le ha espresse con la propria lingua, con una profonda, vissuta, sentita convinzione, ma esse non trovano in lui la loro fonte, la loro sorgente: “...perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli” (Mt 16,17). Queste erano parole di Fede.

Esse segnano l’inizio della missione di Pietro nella storia della salvezza, nella storia del Popolo di Dio. Da allora, da tale confessione di Fede, la storia sacra della salvezza e del Popolo di Dio doveva acquisire una nuova dimensione: esprimersi nella storica dimensione della Chiesa. Questa dimensione ecclesiale della storia del Popolo di Dio trae le sue origini, nasce infatti da queste parole di Fede e si allaccia all’uomo che le ha pronunciate: “Tu sei Pietro – roccia, pietra – e su di te, come su una pietra, io costruirò la mia Chiesa”.

2. Quest’oggi e in questo luogo bisogna che di nuovo siano pronunciate ed ascoltate le stesse parole: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.

Sì, Fratelli e Figli, prima di tutto queste parole.

Il loro contenuto dischiude ai nostri occhi il mistero di Dio vivente, mistero che il Figlio conosce e che ci ha avvicinato. Nessuno, infatti, ha avvicinato il Dio vivente agli uomini, nessuno Lo ha rivelato come l’ha fatto solo lui stesso. Nella nostra conoscenza di Dio, nel nostro cammino verso Dio siamo totalmente legati alla potenza di queste parole “Chi vede me, vede pure il Padre”. Colui che è Infinito, inscrutabile, ineffabile si è fatto vicino a noi in Gesù Cristo, il Figlio unigenito, nato da Maria Vergine nella stalla di Betlemme.

– Voi tutti che già avete la inestimabile ventura di credere,

– voi tutti che ancora cercate Dio,

– e pure voi tormentati dal dubbio:

vogliate accogliere ancora una volta – oggi e in questo sacro luogo – le parole pronunciate da Simon Pietro. In quelle parole è la fede della Chiesa. In quelle stesse parole è la nuova verità, anzi, l’ultima e definitiva verità sull’uomo: il figlio del Dio vivente. “Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivente”!

3. Oggi il nuovo Vescovo di Roma inizia solennemente il suo ministero e la missione di Pietro. In questa Città, infatti, Pietro ha espletato e ha compiuto la missione affidatagli dal Signore.

Il Signore si rivolse a lui dicendo: “...quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi” (Gv 21,18).

Pietro è venuto a Roma!

Cosa lo ha guidato e condotto a questa Urbe, cuore dell’Impero Romano, se non l’obbedienza all’ispirazione ricevuta dal Signore? Forse questo pescatore di Galilea non avrebbe voluto venire fin qui. Forse avrebbe preferito restare là, sulle rive del lago di Genesaret, con la sua barca, con le sue reti. Ma, guidato dal Signore, obbediente alla sua ispirazione, è giunto qui!

Secondo un’antica tradizione (che ha trovato anche una sua magnifica espressione letteraria in un romanzo di Henryk Sienkiewicz), durante la persecuzione di Nerone, Pietro voleva abbandonare Roma. Ma il Signore è intervenuto: gli è andato incontro. Pietro si rivolse a lui chiedendo: “Quo vadis, Domine?” (Dove vai, Signore?). E il Signore gli rispose subito: “Vado a Roma per essere crocifisso per la seconda volta”. Pietro tornò a Roma ed è rimasto qui fino alla sua crocifissione.

Sì, Fratelli e Figli, Roma è la Sede di Pietro. Nei secoli gli sono succeduti in questa Sede sempre nuovi Vescovi. Oggi un nuovo Vescovo sale sulla Cattedra Romana di Pietro, un Vescovo pieno di trepidazione, consapevole della sua indegnità. E come non trepidare di fronte alla grandezza di tale chiamata e di fronte alla missione universale di questa Sede Romana?!

Alla Sede di Pietro a Roma sale oggi un Vescovo che non è romano. Un Vescovo che è figlio della Polonia. Ma da questo momento diventa pure lui romano. Sì, romano! Anche perché figlio di una nazione la cui storia, dai suoi primi albori, e le cui millenarie tradizioni sono segnate da un legame vivo, forte, mai interrotto, sentito e vissuto con la Sede di Pietro, una nazione che a questa Sede di Roma è rimasta sempre fedele. Oh, inscrutabile è il disegno della divina Provvidenza!

4. Nei secoli passati, quando il Successore di Pietro prendeva possesso della sua Sede, si deponeva sul suo capo il triregno, la tiara. L’ultimo incoronato è stato Papa Paolo VI nel 1963, il quale, però, dopo il solenne rito di incoronazione non ha mai più usato il triregno lasciando ai suoi Successori la libertà di decidere al riguardo.

Il Papa Giovanni Paolo I, il cui ricordo è così vivo nei nostri cuori, non ha voluto il triregno e oggi non lo vuole il suo Successore. Non è il tempo, infatti, di tornare ad un rito e a quello che, forse ingiustamente, è stato considerato come simbolo del potere temporale dei Papi.

Il nostro tempo ci invita, ci spinge, ci obbliga a guardare il Signore e ad immergere in una umile e devota meditazione del mistero della suprema potestà dello stesso Cristo.

Colui che è nato dalla Vergine Maria, il Figlio del falegname – come si riteneva –, il Figlio del Dio vivente, come ha confessato Pietro, è venuto per fare di tutti noi “un regno di sacerdoti”.

Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato il mistero di questa potestà e il fatto che la missione di Cristo – Sacerdote, Profeta-Maestro, Re – continua nella Chiesa. Tutti, tutto il Popolo di Dio è partecipe di questa triplice missione. E forse nel passato si deponeva sul capo del Papa il triregno, quella triplice corona, per esprimere, attraverso tale simbolo, che tutto l’ordine gerarchico della Chiesa di Cristo, tutta la sua “sacra potestà” in essa esercitata non è altro che il servizio, servizio che ha per scopo una sola cosa: che tutto il Popolo di Dio sia partecipe di questa triplice missione di Cristo e rimanga sempre sotto la potestà del Signore, la quale trae le sue origini non dalle potenze di questo mondo, ma dal Padre celeste e dal mistero della Croce e della Risurrezione.

La potestà assoluta e pure dolce e soave del Signore risponde a tutto il profondo dell’uomo, alle sue più elevate aspirazioni di intelletto, di volontà, di cuore. Essa non parla con un linguaggio di forza, ma si esprime nella carità e nella verità.

Il nuovo Successore di Pietro nella Sede di Roma eleva oggi una fervente, umile, fiduciosa preghiera: “O Cristo! Fa’ che io possa diventare ed essere servitore della tua unica potestà! Servitore della tua dolce potestà! Servitore della tua potestà che non conosce il tramonto! Fa’ che io possa essere un servo! Anzi, servo dei tuoi servi”.

5. Fratelli e Sorelle! Non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la sua potestà!

Aiutate il Papa e tutti quanti vogliono servire Cristo e, con la potestà di Cristo, servire l’uomo e l’umanità intera!

Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!

Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo lui lo sa!

Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna.

Proprio oggi la Chiesa intera celebra la sua “Giornata Missionaria Mondiale”, prega, cioè, medita, agisce perché le parole di vita del Cristo giungano a tutti gli uomini e siano da essi accolte come messaggio di speranza, di salvezza, di liberazione totale.

6. Ringrazio tutti i presenti che hanno voluto partecipare a questa solenne inaugurazione del ministero del nuovo Successore di Pietro.

Ringrazio di cuore i Capi di Stato, i Rappresentanti delle Autorità, le Delegazioni di Governi per la loro presenza che mi onora tanto.

Grazie a voi, Eminentissimi Cardinali della Santa Chiesa Romana!

Vi ringrazio, diletti Fratelli nell’Episcopato!

Grazie a voi, Sacerdoti!

A voi Sorelle e Fratelli, Religiose e Religiosi degli Ordini e delle Congregazioni! Grazie!

Grazie a voi, Romani!

Grazie ai pellegrini convenuti da tutto il mondo!

Grazie a quanti sono collegati a questo Sacro Rito attraverso la Radio e la Televisione!

***

Apro il cuore a tutti i Fratelli delle Chiese e delle Comunità Cristiane, salutando, in particolare, voi che qui siete presenti, nell’attesa del prossimo incontro personale; ma fin d’ora vi esprimo sincero apprezzamento per aver voluto assistere a questo solenne rito.

E ancora mi rivolgo a tutti gli uomini, ad ogni uomo (e con quale venerazione l’apostolo di Cristo deve pronunciare questa parola: uomo!).

Pregate per me!

Aiutatemi perché io vi possa servire! Amen.

Aspettando la Beatificazione: Prima Udienza Generale

Carissimi, come annunciato, continuiamo a percorrere la strada che ci separa dall'evento della Beatificazione del nostro amato Giovanni Paolo II. Oggi, ne meditiamo il discorso alla Prima Udienza Generale, susseguente alla morte inaspettata di Giovanni Paolo I. Ne emerge ancora una volta l'aspetto di un uomo davvero umile e saggio:

GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 25 ottobre 1978 

Quando mercoledì 27 settembre il Santo Padre Giovanni Paolo I ha parlato ai partecipanti all’udienza generale, nessuno poteva immaginare che fosse per l’ultima volta. La sua morte – dopo 33 giorni di pontificato – ha sorpreso e ha riempito tutto il mondo di profondo lutto. Egli che suscitò nella Chiesa così grande gioia e inspirò nei cuori degli uomini tanta speranza ha, in così breve tempo, consumato e portato alla fine la sua missione. Nella sua morte si è verificata la parola tanto ripetuta del Vangelo: “...state pronti, perché nell’ora che non immaginate, il Figlio dell’uomo verrà” (Mt 24,44). Giovanni Paolo I vegliava sempre. La chiamata del Signore non l’ha sorpreso. Egli l’ha seguita con la stessa trepida gioia, con la quale il 26 agosto aveva accettato l’elezione al soglio di San Pietro.

Oggi si presenta a voi, per la prima volta, Giovanni Paolo II. A distanza di quattro settimane da quella udienza generale, desidera salutarvi e parlare con voi. Desidera dar seguito ai temi già iniziati da Giovanni Paolo I. Ricordiamo che ha parlato delle tre virtù teologali: fede, speranza e carità. Ha finito con la carità. Essa – che ha costituito il suo ultimo insegnamento – è qui sulla terra la virtù più grande come insegna San Paolo (1Cor 13,13); è quella che attraversa la soglia della vita e della morte. Poiché quando termina il tempo della fede e della speranza, continua l’Amore. Giovanni Paolo I è già passato per il tempo della fede, della speranza e della carità, che si è espressa così magnificamente su questa terra e la cui pienezza si rivela solo nell’eternità.

Oggi dobbiamo parlare di un’altra virtù, poiché dagli appunti del defunto Pontefice ho appreso che era sua intenzione parlare non solo delle tre virtù teologali: fede, speranza e carità, ma anche delle quattro virtù cosiddette cardinali. Giovanni Paolo I voleva parlare delle “sette lampade” della vita cristiana, così le chiamava il Papa Giovanni XXIII.

Ebbene, oggi io voglio continuare questo schema, che il Papa scomparso si era preparato, e parlare brevemente della virtù della prudenza. Di questa virtù non poco hanno già parlato gli antichi. Dobbiamo loro, per questo, profonda riconoscenza e gratitudine. In una certa dimensione ci hanno insegnato che il valore dell’uomo deve essere misurato con il metro del bene morale, che egli realizza nella sua vita. Proprio questo assicura al primo posto la virtù della prudenza. L’uomo prudente, che si adopera per tutto ciò che è veramente buono, si sforza di misurare ogni cosa, ogni situazione e tutto il suo operare secondo il metro del bene morale. Prudente non è dunque colui che – come spesso si intende – sa arrangiarsi nella vita e sa trarne il maggior profitto; ma colui che sa costruire tutta la sua vita secondo la voce della retta coscienza e secondo le esigenze della giusta morale.

Così la prudenza costituisce la chiave per la realizzazione del fondamentale compito che ognuno di noi ha ricevuto da Dio. Questo compito è la perfezione dell’uomo stesso. Dio ha dato ad ognuno di noi la sua umanità. È necessario che noi rispondiamo a questo compito programmandolo conseguentemente.

Ma il cristiano ha il diritto ed il dovere di guardare la virtù della prudenza anche in un’altra visuale. Essa è come immagine e somiglianza della Provvidenza di Dio stesso nelle dimensioni dell’uomo concreto. Perché l’uomo – lo sappiamo dal libro della Genesi – è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio. E Dio realizza il suo piano nella storia del creato e soprattutto nella storia dell’umanità. Lo scopo di questo disegno è – come insegna San Tommaso – l’ultimo bene dell’universo. Lo stesso disegno nella storia dell’umanità diventa semplicemente il disegno della salvezza, il disegno che abbraccia noi tutti. Nel punto centrale della sua realizzazione si trova Gesù Cristo, nel quale si è espresso l’eterno amore e la sollecitudine di Dio stesso, Padre, per la salvezza dell’uomo. Questa è nello stesso tempo la piena espressione della divina Provvidenza.

Ebbene, l’uomo che è l’immagine di Dio, deve essere – come di nuovo insegna San Tommaso – in qualche modo la provvidenza. Ma nella misura della sua vita. Egli può partecipare a questo grande cammino di tutte le creature verso lo scopo che è il bene del creato. Deve – esprimendoci ancora di più nel linguaggio della fede – partecipare al divino disegno della salvezza. Deve camminare verso la salvezza, e aiutare gli altri affinché si salvino. Aiutando gli altri, salva se stesso.

Prego affinché, in questa luce, chi mi ascolta pensi adesso alla propria vita. Sono prudente? Vivo conseguentemente e responsabilmente? Il programma che realizzo serve al vero bene? Serve alla salvezza che vogliono per noi Cristo e la Chiesa? Se oggi mi ascolta uno studente o una studentessa, un figlio o una figlia, guardi in questa luce i propri compiti di scuola, le letture, gli interessi, i passatempi, l’ambiente degli amici e delle amiche. Se mi ascolta un padre o una madre di famiglia, pensi un po’ ai suoi impegni coniugali e di genitore. Se mi ascolta un ministro o un uomo di Stato, guardi il raggio dei suoi doveri e delle sue responsabilità. Cerca egli il vero bene della società, della nazione, dell’umanità? O solo particolari e parziali interessi? Se mi ascolta un giornalista, un pubblicista, un uomo che esercita influenza sull’opinione pubblica, rifletta sul valore e sul fine di questa sua influenza.

 Anche io che parlo a voi, io il Papa, che cosa devo fare per agire prudentemente? Mi vengono alla mente le lettere di Albino Luciani, allora Patriarca di Venezia, a San Bernardo. Nella sua risposta al Cardinal Luciani, l’Abate di Chiaravalle – Dottore della Chiesa – ricorda con forte accento che chi governa deve essere “prudente”. Che cosa deve fare allora il nuovo Papa affinché operi prudentemente? Certamente deve fare molto in questo senso. Deve sempre imparare e sempre meditare su tali problemi. Ma oltre questo, che cosa può egli fare? Deve pregare e adoperarsi per avere quel dono dello Spirito Santo che si chiama dono del consiglio. E quanti desiderano che il nuovo Papa faccia il Pastore prudente della Chiesa, implorino per lui il dono del consiglio. E per se stessi, chiedano pure questo dono per la particolare intercessione della Madre del Buon Consiglio. Poiché si deve desiderare tanto che tutti gli uomini si comportino prudentemente e che con vera prudenza agiscano quelli che detengono il potere. Affinché la Chiesa – prudentemente, fortificandosi con i doni dello Spirito Santo e, in particolare, col dono del consiglio – partecipi efficacemente a questo grande cammino verso il bene di tutti, e affinché mostri a tutti la strada dell’eterna salvezza.

Aspettando la Beatificazione: primo radiomessaggio Urbi et Orbi

Carissimi, mancano pochi giorni all'evento tanto atteso: Domenica, primo Maggio, il Venerabile Giovanni Paolo II verrà beatificato! Sembra giusto dare spazio a quest'evento, in questi ultimi giorni che ci separano dal gran momento: e lo vogliamo fare non attraverso le nostre parole, ma attraverso le parole dello stesso Papa Wojtyla! Cominciamo oggi, riflettendo sulle parole del suo primo radiomessaggio "Urbi et Orbi", pronunciato nel lontano ottobre 1978: 

PRIMO RADIOMESSAGGIO «URBI ET ORBI»

DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Cappella Sistina
 Martedì, 17 ottobre 1978

1. Signori Cardinali, e voi, figli della Santa Chiesa, e voi tutti, uomini di buona volontà, che ci ascoltate!

Solo una parola, tra tante, sale immediata sulle nostre labbra nel momento di presentarci a voi dopo l’elezione alla sede dell’Apostolo Pietro, ed è parola che fa risaltare, per l’evidente contrasto dei nostri limiti personali ed umani, l’immensa responsabilità che ci è stata affidata: “O profondità della sapienza e della scienza di Dio! Quanto imperscrutabili sono i suoi giudizi ed inaccessibili le sue vie!” (Rm 11, 33). Difatti, chi avrebbe potuto prevedere, dopo la morte dell’indimenticabile Paolo VI, anche la prematura scomparsa dell’amabile suo successore Giovanni Paolo I? E come avremmo potuto noi prevedere che la loro formidabile eredità sarebbe passata sulle nostre spalle? Per questo, dobbiamo meditare sul misterioso disegno di Dio provvidente e buono, e non già per capire, ma piuttosto per adorare e pregare. Sentiamo davvero di dover ripetere l’invocazione del Salmista che, levando gli occhi verso l’alto, esclamava: “Da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore” (Sal 120, 1-2).

La stessa imprevedibilità degli eventi, che si son succeduti in così breve arco di tempo, e l’inadeguatezza della risposta, che potrà venire dalla nostra persona, come ci impongono di rivolgerci al Signore e di confidare totalmente in lui, così non consentono di tracciare programmi che siano frutto di lunga riflessione e di accurata elaborazione. Ma a supplire una tale carenza è già pronta una sorta di compensazione, che costituisce essa stessa un segno della presenza confortatrice di Dio. È trascorso poco più di un mese da quando noi tutti ascoltammo, dentro e fuori dalle storiche volte di questa Cappella, l’allocuzione rivolta, all’alba del suo promettente servizio, da Papa Giovanni Paolo: per la freschezza del ricordo che ciascuno di noi ne conserva e per la sapienza delle indicazioni che vi erano contenute, non ci sembra di poter da essa prescindere. Come per la circostanza in cui fu pronunciata, essa appare tuttora valida all’inizio di un nuovo ciclo pontificale, che ci impegna in maniera diretta ed ormai ineludibile di fronte a Dio ed alla Chiesa.

Il Concilio: pietra miliare

2. Vogliamo, pertanto, enucleare alcune linee direttrici che riteniamo di preminente rilievo e, perché tali, avranno da parte nostra – come proponiamo e speriamo con l’aiuto del Signore – non soltanto attenzione e consenso, ma anche un coerente impulso, perché trovino riscontro nella realtà ecclesiale. Anzitutto, desideriamo insistere sulla permanente importanza del Concilio Ecumenico Vaticano II, e ciò è per noi un formale impegno di dare ad esso la dovuta esecuzione. Non è forse il Concilio una pietra miliare nella storia bimillenaria della Chiesa e, di riflesso, nella storia religiosa e anche culturale del mondo? Ma esso, come non è solo racchiuso nei documenti, così non è concluso nelle applicazioni, che si sono avute in questi anni cosiddetti del post-Concilio. Consideriamo, perciò, un compito primario quello di promuovere, con azione prudente e insieme stimolante, la più esatta esecuzione delle norme e degli orientamenti del medesimo Concilio, favorendo innanzitutto l’acquisizione di un’adeguata mentalità. Intendiamo dire che occorre prima mettersi in sintonia col Concilio per attuare praticamente quel che esso ha enunciato, per rendere esplicito, anche alla luce delle successive sperimentazioni e in rapporto alle istanze emergenti e alle nuove circostanze, ciò che in esso è implicito. Occorre, insomma, far maturare nel senso del movimento e della vita i semi fecondi che i Padri dell’assise ecumenica, nutriti della Parola di Dio, gettarono sul buon terreno (cf. Mt 13, 8. 23) cioè i loro autorevoli insegnamenti e le loro scelte pastorali.

Questo criterio generale, della fedeltà al Vaticano II e di esplicito proposito, da parte nostra, per la completa sua applicazione, potrà interessare più settori: da quello missionario a quello ecumenico, da quello disciplinare a quello organizzativo, ma uno specialmente dovrà essere il settore che richiederà le maggiori cure, cioè quello dell’ecclesiologia. È necessario, venerati Fratelli e diletti Figli del mondo cattolico, riprendere in mano la “magna charta” conciliare, che è la Costituzione dogmatica Lumen Gentium, per una rinnovata e corroborante meditazione sulla natura e sulla funzione, sul modo di essere e di operare della Chiesa, non soltanto per realizzare sempre meglio quella comunione vitale, in Cristo, di tutti quanti in lui sperano e credono, ma anche al fine di contribuire ad una più ampia e più stretta unità dell’intera famiglia umana. “Ecclesia Christi lumen gentium”, amava ripetere Papa Giovanni XXIII: la Chiesa — gli ha fatto eco il Concilio — è sacramento universale di salvezza e di unità per il genere umano (cf. Lumen Gentium, 1. 48; Ad Gentes, 1).

Il mistero salvifico che nella Chiesa s’incentra e per mezzo della Chiesa si attua; il dinamismo che, in forza di questo stesso mistero, sollecita il Popolo di Dio: la speciale coesione, o collegialità che “cum Petro et sub Petro” unisce tra loro i sacri Pastori, sono elementi sui quali non rifletteremo mai abbastanza per verificare, in base ai bisogni sia permanenti che contingenti dell’umanità, quali debbano essere le forme di presenza e le linee d’azione della Chiesa medesima. Per questo l’adesione al testo conciliare, visto nella luce della Tradizione ed in rapporto d’integrazione con le formulazioni dogmatiche anticipate, un secolo fa, dal Concilio Vaticano I, sarà per tutti noi, pastori e fedeli, il segreto di un orientamento sicuro ed uno stimolo propulsivo, altresì, per camminare —ripetiamo — nella direzione della vita e della storia.

Raccomandiamo, in particolare, di approfondire ai fini di una sempre più lucida consapevolezza e di una più vigile responsabilità, quel che comporta il vincolo collegiale, che intimamente associa i Vescovi al Successore di Pietro e tra tutti loro nelle alte funzioni di illuminare con la luce del Vangelo, di santificare con gli strumenti della grazia e di guidare con l’arte pastorale l’intero Popolo di Dio. Collegialità vorrà anche dire, sicuramente, adeguato sviluppo di Organismi in parte nuovi, in parte aggiornati, che possono garantire la migliore unione degli spiriti, delle intenzioni, delle iniziative nel lavoro di edificazione del corpo di Cristo, che è la Chiesa (cf. Ef 4, 12; Col 1, 24). A questo proposito, nominiamo innanzitutto il Sinodo dei Vescovi, costituito prima ancora che finisse il Concilio dalla grande mente di Paolo VI (cf. Paolo VI, Apostolica Sollicitudo: AAS 57 [1965] 775-780), e ripensiamo ai qualificati e preziosi contributi che esso ha già offerto.

Fedeltà globale alla missione

3. Al di là di questo riferimento al Concilio, rimane il dovere della fedeltà globale alla missione che abbiamo ricevuto, ed a questo punto il discorso, prima che per gli altri, vale per Noi, e lo facciamo, perciò, in prima persona. Chiamati alla suprema responsabilità nella Chiesa, siamo soprattutto Noi che, in posizione che ci obbliga all’esemplarità del volere e dell’agire, dobbiamo esprimere con tutte le nostre forze questa fedeltà, conservando intatto il deposito della fede, corrispondendo in pieno alle peculiari consegne di Cristo, che a Simone, costituito pietra della sua Chiesa, affidò le chiavi del Regno dei cieli (cf. Mt 16, 8-19), comandò di confermare i fratelli (cf. Lc 22, 32), e di pascere, a riprova del suo amore per lui, gli agnelli e le pecorelle del suo gregge (cf. Gv 21, 15-17). Siamo profondamente convinti che ogni moderna indagine intorno al cosiddetto “ministerium Petri”, condotta allo scopo di individuare sempre meglio quel che esso contiene di peculiare e specifico, non potrà né dovrà mai prescindere da questi tre poli evangelici.

Si tratta, infatti, di prestazioni tipiche connesse alla natura stessa della Chiesa a salvaguardia della sua interna unità e a garanzia della sua missione spirituale, e affidate, perciò, dopo che a Pietro, anche ai suoi legittimi successori. E siamo convinti, altresì che tale singolarissimo ministero dovrà sempre trovare nell’amore — a modo di indeclinabile risposta all’“amas me?” di Gesù — la fonte che l’alimenta e insieme il clima in cui si espande. Ripeteremo, dunque, con San Paolo: “Caritas Christi urget nos” (2 Cor 5, 14) perché il nostro vuol esser fin d’ora un ministero di amore in tutte le sue manifestazioni ed espressioni.

In ciò procureremo di seguire l’alta scuola degli immediati nostri Predecessori. Chi non ricorda le parole di Paolo VI, predicatore della “civiltà dell’amore”, il quale circa un mese prima della morte affermava con cuore presago: “fidem servavi” (cf. Paolo VI, Homilia in sollemnitate Ss. Petri et Pauli habita: AAS 70 [1978] 395), non certo per autoelogio, ma per un rigoroso esame al quale, trascorso un quindicennio di servizio, si sottoponeva la sua sensibilissima coscienza?

E che dire di Giovanni Paolo I? Ci sembra uscito appena ieri dalle nostre file per rivestire il peso del manto papale: ma quanto calore, una vera “ondata d’amore” — quale auspicò per il mondo nel suo ultimo salute all’Angelus domenicale — egli diffuse nei pochi giorni del suo ministero! E lo confermano le lezioni di sapiente catechesi sulla fede, la speranza e la carità, dettate durante le pubbliche Udienze.

Nel rispetto delle norme liturgiche

4. Venerati Fratelli e Figli carissimi, è ovvio che la fedeltà significa anche adesione convinta al Magistero di Pietro specialmente nel campo dottrinale, la cui oggettiva importanza non solo dev’esser sempre tenuta presente, ma tutelata, altresì, a causa delle insidie che, da varie parti, si levano oggi contro certe verità della fede cattolica. La fedeltà significa anche rispetto per le norme liturgiche, emanate dall’Autorità ecclesiastica, ed esclude, quindi, sia gli arbitri di incontrollate innovazioni, sia gli ostinati rigetti di ciò che è stato legittimamente previsto ed introdotto nei sacri riti. La fedeltà significa, ancora, culto della grande disciplina della Chiesa, e anche questo — come ricordate — fu indicato dal nostro Predecessore. La disciplina, infatti, non tende già a mortificare, ma a garantire il retto ordinamento che è proprio del corpo mistico, quasi ad assicurare la regolare e fisiologica articolazione fra tutte le membra che lo compongono. Fedeltà significa, inoltre, corrispondenza generosa alle esigenze della vocazione sacerdotale e religiosa, in modo che quanto si è liberamente promesso a Dio sia sempre mantenuto e sviluppato in una stabile prospettiva soprannaturale.

Per i fedeli, infine, come dice la parola stessa, la fedeltà dev’essere un dovere connaturale al loro essere cristiani: essi vorranno professarla con animo pronto e leale, e dimostrarla sia nell’obbedienza ai sacri Pastori, che lo Spirito Santo ha posto a pascere la Chiesa (cf. At 20, 28), sia nel collaborare a quelle iniziative e opere, a cui sono chiamati.

A questo punto, non possiamo dimenticare i Fratelli delle altre Chiese e confessioni cristiane. Troppo grande e delicata, infatti, è la causa ecumenica, perché possiamo ora lasciarla priva di una nostra parola. Quante volte abbiamo meditato insieme il testamento di Cristo, che chiese al Padre per i suoi discepoli il dono dell’unità? (cf. Gv 17, 21-23). E chi non ricorda l’insistenza di San Paolo circa la “comunione dello spirito”, che porti ad avere “una stessa carità, un’anima sola, un solo e medesimo pensiero” ad imitazione di Cristo Signore? (cf. Fil 2, 2. 5-8). Non sembra, dunque, possibile che rimanga ancora – motivo di perplessità e forse anche di scandalo – il dramma della divisione tra i cristiani. Intendiamo, pertanto, proseguire nel cammino già ben avviato e favorire quei passi che valgano a rimuovere gli ostacoli, auspicando che, grazie ad uno sforzo concorde, si giunga finalmente alla piena comunione.

Desideriamo, ancora, rivolgerci a tutti gli uomini che, come figli dell’unico Dio onnipotente, sono nostri fratelli da amare e da servire, per dir loro senza presunzione, ma con umiltà sincera la nostra volontà di recare un fattivo contributo alle cause permanenti e prevalenti della pace, dello sviluppo, della giustizia internazionale. Non ci muove nessuna intenzione di interferenza politica o di partecipazione alla gestione degli affari temporali: come la Chiesa esclude un inquadramento in categorie d’ordine terreno, così il nostro impegno, nell’avvicinarci a questi brucianti problemi degli uomini e dei popoli, sarà determinato unicamente da motivazioni religiose e morali. Seguaci di colui che ai suoi prospettò l’ideale di essere “sale della terra” e “luce del mondo” (Mt 5, 13-16), Noi intendiamo adoperarci per il consolidamento delle basi spirituali, su cui deve poggiare l’umana società. E tanto più impellente a noi sembra un tale dovere, in ragione delle perduranti diseguaglianze e incomprensioni, che a loro volta sono causa di tensioni e conflitti in non poche parti del mondo, con l’ulteriore minaccia di più immani catastrofi. Costante sarà, dunque, la nostra sollecitudine in ordine a siffatti problemi per un’azione tempestiva, disinteressata, evangelicamente ispirata.

Sia lecito a questo punto prendere a cuore il gravissimo problema che il Collegio dei Padri Cardinali additò, durante la Sede Vacante, e che riguarda la diletta terra del Libano e il suo popolo, cui tutti desideriamo ardentemente la pace nella libertà. Nello stesso tempo, vorremmo tendere le mani ed aprire il cuore, in questo momento, a tutte le genti e a quanti sono oppressi da qualsiasi ingiustizia o discriminazione, sia per quanto riguarda l’economia e la vita sociale, sia la vita politica, sia la libertà di coscienza e la giusta libertà religiosa. Dobbiamo tendere, con tutti i mezzi, a questo: che tutte le forme di ingiustizia, che si manifestano in questo nostro tempo, siano sottoposte alla comune considerazione e si rimedi davvero ad esse; e che tutti possano condurre una vita degna dell’uomo. Ciò appartiene alla missione della Chiesa che nel Concilio Vaticano II è stata messa in luce e non solo nella Costituzione Lumen Gentium, ma anche nella Costituzione pastorale Gaudium et Spes.

Fratelli e Figli carissimi, i recenti avvenimenti della Chiesa e del mondo sono per noi tutti un monito salutare: Come sarà il nostro pontificato?

E quale la sorte che il Signore riserva alla sua Chiesa nei prossimi anni? E quale il cammino che l’umanità percorrerà in questo scorcio di tempo, che ormai l’avvicina al Duemila? Sono domande ardite, a cui non si può rispondere che questo: “Deus scit” (cf. 2 Cor 12, 2-3). Oh la personale nostra vicenda, che ci ha inopinatamente portato alla massima responsabilità del servizio apostolico, interessa molto poco. La nostra persona — vorremmo dire — deve sparire di fronte all’onerosa funzione che dobbiamo adempiere. E allora il discorso necessariamente si trasforma in appello: dopo la nostra preghiera al Signore, sentiamo la necessità di domandare anche la vostra preghiera, per ottenere quell’indispensabile, superiore conforto che ci consenta di riprendere il lavoro degli amati Predecessori dal punto in cui l’hanno lasciato.

Al loro commosso ricordo noi amiamo far seguire un saluto memore e riconoscente per ciascuno di voi, Signori Cardinali, che ci avete designato a questo incarico; e poi un saluto fiducioso ed incoraggiante a tutti gli altri fratelli nell’episcopato, i quali nelle diverse parti del mondo presiedono alla cura delle singole Chiese, elette porzioni del Popolo di Dio (cf. Christus Dominus, 11), e sono, altresì, solidali con l’opera dell’universale salvezza. Dietro di loro ravvisiamo distintamente l’ordine dei sacerdoti, lo stuolo dei missionari, le schiere dei religiosi e delle religiose, mentre vivamente auspichiamo che aumenti il loro numero, echeggiando nella nostra mente quelle parole del divin Salvatore: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi” (Mt 9, 7-38; Lc 10, 2). Riguardiamo poi ancora le famiglie e le comunità cristiane, le multiformi associazioni di apostolato, i fedeli, i quali, anche se da Noi non sono singolarmente conosciuti, non anonimi però, non estranei né emarginati – giammai! – saranno nella compagine magnifica della Chiesa di Cristo. Tra essi scorgiamo, con preferenziale riguardo, i più deboli, i poveri, i malati, gli afflitti. E a questi specialmente che, nel primo istante del pastorale ministero, vogliamo aprire il nostro cuore. Non siete infatti voi, Fratelli e Sorelle, che con le vostre sofferenze condividete la passione dello stesso Redentore ed in qualche modo la completate (cf. Col 1, 24)? L’indegno Successore di Pietro, che si propone di scrutare le insondabili ricchezze di Cristo (cf. Ef 3, 8), ha il più grande bisogno del vostro aiuto, della vostra preghiera, del vostro sacrificio, e per questo umilissimamente vi prega.

Un pensiero alla Polonia “fedele”

5. E consentiteci di aggiungere, Fratelli e Figli che ci ascoltate, per l’amore incancellabile che portiamo alla terra d’origine, un distinto, specialissimo saluto sia a tutti i concittadini della nostra Polonia “semper fidelis”, sia ai nostri vescovi, sacerdoti e fedeli della Chiesa di Cracovia: è un saluto nel quale ricordi e affetti, nostalgia e speranza indissolubilmente s’intrecciano.

In quest’ora, per Noi trepida e grave, non possiamo fare a meno di rivolgere con filiale devozione la nostra mente alla Vergine Maria, la quale sempre vive ed opera come Madre nel mistero di Cristo e della Chiesa, ripetendo le dolci parole “totus tuus” che vent’anni fa iscrivemmo nel nostro cuore e nel nostro stemma, al momento della nostra Ordinazione episcopale. Né possiamo fare a meno di invocare i Santi Apostoli Pietro e Paolo e, con essi, tutti i Santi e i Beati della Chiesa universale. In questo modo vogliamo tutti salutare: i vecchi, gli adulti, i giovani, i fanciulli, i bambini appena nati, nell’onda di quel vivo sentimento di paternità che sta salendo dal nostro cuore. A tutti rivolgiamo l’augurio sincero per quella crescita “nella grazia e nella conoscenza del Signore nostro e Salvatore Gesù Cristo”, che il principe degli apostoli auspicava (2 Pt 3, 18). A tutti impartiamo la nostra Benedizione Apostolica, che non solo su di loro, ma sull’umanità intera concili un’abbondante effusione di doni del Padre che è nei cieli! Così sia. 
© Copyright 1978 - Libreria Editrice Vaticana

Emmaus: cammino di guarigione (di Enza)

La Liturgia del giorno ci presenta l'episodio del cammino di Emmaus, quando i due discepoli non riconoscono Gesù pur camminando al loro fianco. Riproponiamo, per l'occasione, una riflessione di Enza, a suo tempo molto apprezzata:

[13] Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, [14] e conversavano di tutto quello che era accaduto. [15] Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. [16] Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. [17] Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste; [18] uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». [19] Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; [20] come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso. [21] Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. [22] Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro [23] e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. [24] Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto».
[25] Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! [26] Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». [27] E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. [28] Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. [29] Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno gia volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. [30] Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. [31] Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. [32] Ed essi si dissero l'un l'altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». [33] E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, [34] i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». [35] Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.



Mi piace riflettere su questo brano che ci indica come leggere nella sapienza le scritture. Camminare sui passi di Gesù a Gerusalemme mi ha fatto capire come anche noi siamo sempre bisognosi del suo aiuto per leggere nel giusto modo la scrittura. Mentre si viaggiava da un posto all'altro, il biblista sul pullman o fuori di una determinata chiesa, ci spiegava il lato storico ma ancor di più cosa Gesù in quel brano voleva insegnarci. Mi ricordo con tanto amore i luoghi come Emmaus, Nazareth, Betlemme, Gerico dove in questa cittadina come ricordo è posto ancora su un angolo di una strada un "sicomoro". Tornando a riflettere con il brano di "Emmaus" voglio far capire che bisogna riconoscersi in questa scrittura. 
Generalmente non ci rendiamo conto che esso rappresenta la sintesi del nostro cammino spirituale. Facilmente perdiamo la fiducia in Dio e camminiamo delusi e amareggiati lungo il percorso della ns esistenza. L'evangelista dice: "2 di loro", non sono quindi due seguaci occasionali, ma due membri effettivi della comunità legata a Gesù che hanno condiviso con Lui momenti importanti della loro vita. Questa è una situazione che si ripete spesso nella vita della Chiesa,quando vedo per es. un cristiano che per anni ha lavorato con impegno nella sua comunità, all'improvviso abbandona la corsa. Il cammino è un'immagine biblica che rappresenta la vita dell'uomo, il seguire una linea retta che conduce a Dio e alla piena comunione con Lui.
Sappiamo tutti che Gerusalemme è il luogo dove Gesù muore, risorge e dona lo Spirito Santo. Nella vita spirituale perciò, allontanarsi da Gerusalemme significa allontanarsi da Dio e dalle sue promesse, perché lontano da Gerusalemme si perde la relazione con il Signore, il gusto della preghiera, e come conseguenza di ciò, pian piano si abbandona Cristo e si sperimenta cosa significa essere risucchiati dal mondo. Medito e scrivo perciò che, anche i discepoli hanno sperimentato la loro" NOTTE", ma Gesù risorto li mette in guardia e ordina categoricamente di "NON ALLONTANARSI DA GERUSALEMME, MA DI ATTENDERE CHE SI ADEMPISSE LA PROMESSA DEL PADRE"
Anche quando qualcuno si allontana da Lui, Egli non l'abbandona, ma prende l'iniziativa e scende a cercarlo, lo spinge a tornare ancora a Gerusalemme. Mi viene alla mente un brano evangelico di Marco: Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di Lui; e anche se nell'ascoltarlo rimaneva molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri (Mc 6,20) Il Battista si trovava in prigione, ma anche lì denunciava il peccato pubblico di Erode: "Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello". Erode ascolta volentieri ma non ha il desiderio di cambiare (Mc 6,18)Termino dicendo, anche se avrei da dire molto di più su questo brano che amo tantissimo, che Gesù opera in noi solo se siamo docili all'ascolto, diversamente, da questa Gerusalemme ci allontaneremo sempre più seguendo solo il mondo il quale ci indica strade lontane da Dio. 

Lettera di San Francesco Saverio

Concludiamo la giornata nella Vigna, che ci ha fatto conoscere la figura di San Francesco Saverio, attraverso una lettera scritta dal Santo alla Compagnia di Gesù in Europa. Dal 31 maggio al 24 giugno del 1549 il Saverio rimase a Malacca dove alternava i preparativi per il viaggio in Giappone con altre occupazioni come il predicare, confessare, rincuorare i missionari del luogo e infine scrivere lettere per le Molucche, l'India e l'Europa.
In particolare questa lettera, che è l'ultima indirizzata ai Compagni di Europa prima della partenza, riassume bene quelli che sono i sentimenti del Santo di fronte ai pericoli che sicuramente li attendono e che egli sa valutare in piena coscienza. Egli però ricorda di avere sentito più volte sant'Ignazio parlare della fatica necessaria onde ottenere la fede, la speranza e la fiducia in Dio, ma se si affrontano i pericoli proprio per amore e servizio di Dio, allora la morte non fa più paura e la vita è solo «un esilio dalla gloria per la quale siamo stati creati».
(Traduzione dal portoghese secondo una copia del 1552. Edizione Schurhammer n. 85).


La grazia e l'amore di Cristo Nostro Signore sia sempre in nostro aiuto e favore. Amen.
1. Nello scorso gennaio dell'anno 1549, vi scrissi molto a lungo del frutto che si ottiene nelle anime in questi luoghi dell'India, tanto nelle fortezze del Re come nelle terre degli infedeli, per cui va crescendo la nostra santissima fede, e così tutti i Fratelli della Compagnia hanno scritto del frutto che, per loro mezzo, Dio Nostro Signore ha fatto nelle anime.
2. Io sono partito dall'India per il Giappone nel mese di aprile con due miei compagni, uno sacerdote [1] e l'altro laico [2] con tre giapponesi cristiani [3] i quali vennero battezzati dopo essere stati bene istruiti nei fondamenti della fede di Nostro Signore Gesù Cristo. Essi furono ammaestrati nel nostro collegio di Santa Fé di Goa, ove appresero a leggere e a scrivere, e fecero gli Esercizi Spirituali con molto raccoglimento e desiderio di trarne profitto. Dio concesse loro tanta grazia facendo sentire nelle loro anime una grande conoscenza dei doni e dei benefici che avevano ricevuto dal loro Creatore, Redentore e Signore. Essi approfittarono talmente durante gli Esercizi e anche all'infuori di essi che, con molta ragione, tutti noi che stiamo qua, siamo desiderosi di essere partecipi delle virtù che Dio pose in loro.
3. Essi sanno leggere e scrivere e si raccomandano a Dio con i libri di preghiere. Domandai loro molte volte in quali orazioni trovassero maggior gusto e spirituale consolazione: essi mi dicevano che [era] nel pregare la Passione, di cui sono molto devoti. Durante il tempo che fecero gli Esercizi, ebbero grandi emozioni, consolazioni e lacrime.
4. Prima degli Esercizi, per molti mesi li tenemmo occupati nello spiegar loro gli articoli della fede, i misteri della vita di Cristo e la causa dell'incarnazione del Figlio di Dio nel ventre della Vergine Maria, e della redenzione di tutto il genere umano compiuta da Cristo. Chiesi ad essi molte volte quale fosse, secondo il loro parere, la cosa migliore che abbiamo nella nostra legge: mi risposero sempre che era la Confessione e la Comunione e che a loro sembrava che nessun uomo ragionevole potrebbe fare a meno di essere cristiano. E dopo che era stata loro spiegata la nostra santa fede, udii dire con molti sospiri ad uno di essi, di nome Paolo di Santa Fé: «O genti del Giappone, miseri voialtri che adorate come divinità le creature che Dio fece per il servizio degli uomini!». Gli chiesi perché dicesse questo: mi rispose che lo diceva per la gente della sua terra che adorava il sole e la luna, mentre il sole e la luna sono come servitori e domestici di coloro che conoscono Gesù Cristo, e sono utili soltanto ad illuminare il giorno e la notte, affinché gli uomini, grazie a questo chiarore, servano Dio, glorificando sulla terra il Suo Figliolo Gesù Cristo.
5. Siamo arrivati a questa città di Malacca, i miei due Compagni, i tre giapponesi ed io, l'ultimo di maggio dell'anno 1549. Arrivati nella città di Malacca, ci diedero molte notizie del Giappone per mezzo di lettere che mi scrissero di là mercanti portoghesi e con le quali mi facevano sapere che un gran signore di quelle isole del Giappone voleva essere cristiano e perciò chiedeva, con un'ambasciata che inviava al Governatore dell'India, dei Padri che gli spiegassero la nostra legge
6. Inoltre mi scrissero che alcuni mercanti portoghesi giunsero in una certa parte dei Giappone e il signore del luogo E mandò ad alloggiare in alcune case disabitate perché quelli del posto non volevano dimorarvi Perché erano abitate dal demonio; e dopo che i portoghesi presero alloggio in esse, si sentivano tirare per i vestiti e, guardando chi fosse, non vedevano nessuna cosa, per cui erano spaventati non sapendo chi fosse. E una notte apparve una visione ad un garzone dei portoghesi che cominciò ad emettere grandi grida. Accorsero i portoghesi con le loro armi pensando che fosse un'altra cosa; avendo chiesto al garzone perché avesse gridato, disse di avere avuto una visione che lo aveva molto spaventato e che per questa ragione aveva gridato. Il garzone, impaurito dalla visione che aveva visto, pose molte croci intorno alla casa. Gli abitanti del luogo chiesero ai portoghesi cosa fossero le grida di quella notte: risposero che era un garzone che si era spaventato. Allora il signore dei luogo rivelò loro che quella casa era abitata dal demonio. E avendo domandato i rimedi per gettarlo fuori, gli dissero che non ve n'era un altro migliore del segnale della croce. E dopo che i portoghesi posero le croci in casa e fuori di essa, quelli del posto decisero di fare lo stesso e così in tutti quei luoghi collocarono le croci.
7. I portoghesi mi scrivono da quella terra che vi è una grande disposizione per l'accrescersi della nostra santa fede, essendo gente molto saggia e accorta, ragionevole e desiderosa di conoscere. Confido in Dio nostro Signore che si otterrà molto frutto o in alcuni o in tutti i giapponesi; io dico, cioè, nelle loro anime, se i nostri peccati non ce lo impediranno e, per questo, non voglia Dio Nostro Signore servirsi di noialtri.
8. Dopo aver avuto informazioni del Giappone, io sono stato molto tempo a decidermi se andare laggiù oppure no; e dopo che Dio Nostro Signore volle farmi sentire, dentro la mia anima, essergli gradito che io andassi nel Giappone onde servirlo in quei luoghi, mi sembra che, se tralasciassi di farlo, sarei peggiore di quelle che sono i pagani del Giappone, Il diavolo faticò molto per impedirmi questo viaggio: non so che cosa egli tema dal fatto che noi andiamo nel Giappone. Portiamo tutto il necessario per dire la messa, Per l'anno venturo, a Dio piacendo, vi scriverò molto più a lungo su quello che accadrà in quel luogo.
9. Quando giungeremo in Giappone, siamo decisi ad andare nell'isola [4] dove sta il re [5] e a manifestargli l'ambasciata che portiamo da parte di Gesù Cristo. Dicono che vi sono grandi università vicino a dove sta il re [6]. Noi andiamo assai fiduciosi nella misericordia di Dio Nostro Signore che ci darà la vittoria contro i suoi nemici. Non temiamo di trovarci con i dotti di quei luoghi, perché chi non conosce né Dio né Gesù Cristo, che cosa può sapere? E coloro che non desiderano se non la gloria di Dio e la predicazione su Gesù Cristo, insieme alla salvezza delle anime, che cosa possono dubitare o temere? E questo non solo andando tra gli infedeli, ma anche dove c'e moltitudine di demoni, poiché né la gente barbara, né i venti né i demoni ci possono recare maggior male o fastidio più di quanto Dio loro permetta e dia licenza.
10. Abbiamo soltanto un dubbio e una paura, ed è il timore di offendere Dio Nostro Signore, perché certo avremo la vittoria sui nostri nemici se ci guardiamo dall'offendere Dio. E poiché Dio Nostro Signore dà a tutti grazia sufficiente per servirlo e per preservarsi dal peccato, speriamo così che nella Sua divina Maestà, ce la conceda. E per quanto tutto il nostro bene o male stia nell 'usare bene o male la Sua grazia, confidiamo molto nei meriti della santa Madre Chiesa, sposa di Cristo Nostro Signore, e particolarmente nei meriti di tutti i membri della Compagnia del nome di Gesù e di tutti i suoi devoti e devote, i quali ci sosterranno con i loro meriti per arrivare a gustare bene la grazia del Signore Iddio.
11. Grande è la consolazione che abbiamo nel considerare che Dio Nostro Signore vede l'intenzione; la volontà e il fine per cui andiamo in Giappone. E poiché il nostro viaggio avviene soltanto perché coloro che sono immagine di Dio conoscano il loro Creatore, e il Creatore sia glorificato dalle creatore che formò a sua immagine e somiglianza, e affinché siano allargati i confini della santa Madre Chiesa, sposa di Gesti Cristo, noi andiamo assai fiduciosi che il nostro viaggio avrà buon esito. Due cose ci aiutano, a noi che partiamo per questo viaggio, per vincere i molti ostacoli che da parte sua mette il demonio: la prima è vedere che Dio conosce le nostre intenzioni; la seconda, vedere che tutte le creature dipendono dalla volontà di Dio e che non possono fare niente senza che Dio lo permetta. Perfino i demoni obbediscono a Dio, perché il nemico, quando voleva far male a Giobbe, chiedeva licenza a Dio [7]
12. Dico questo per i molti travagli e pericoli di morte corporale ai quali ci esponiamo in questi luoghi. Il viaggio in Giappone è molto pericoloso, per le grandi tempeste, le molte secche e i molti pirati, ma soprattutto per le tempeste: infatti, quando da un porto di questi luoghi partono tre navi e due ne vanno a salvamento, è una gran fortuna.
13. Spesse volte io ho pensato che i molti dotti della nostra Compagnia che verranno in questi luoghi dovranno provare alcune fatiche, e non piccole, in questi viaggi pericolosi, e sembrerà loro che sarà un tentare Dio l'affrontare pericoli così evidenti per cui tante navi si perdono. Dopo però sono indotto a pensare che ciò non è niente, in quanto confido in Dio Nostro Signore che gli studi dei membri della nostra Compagnia siano dominati dallo spirito di Dio che abiterà in loro, perché altrimenti proveranno una non piccola fatica. Quasi sempre ho davanti ai miei occhi e alla mente quello che molte volte udii dire dal nostro benavventurato Padre Ignazio e cioè che coloro i quali volevano essere della nostra Compagnia, avevano molto da faticare per vincersi e allontanare da sé tutti i timori che impediscono agli uomini la fede, la speranza e la fiducia in Dio, adottando le misure necessarie E quantunque tutta la fede, la speranza e la fiducia siano un dono di Dio e il Signore le concede a chi piace a Lui, tuttavia comunemente sono date a coloro che si sforzano nel vincere se stessi, prendendo le necessarie misure.
14. Vi è molta differenza tra colui che confida in Dio avendo tutto il necessario e colui che confida in Dio senza avere alcuna cosa e privandosi del necessario pur potendolo avere, per imitare di più Cristo. E così di conseguenza vi è molta diversità fra coloro che hanno fede, speranza e fiducia in Dio fuori dei pericoli di morte e coloro che hanno fede, speranza e fiducia in Dio quando, per suo amore e servizio, volontariamente si espongono a pericoli quasi sicuri di morte e che potrebbero evitare se volessero, perché dipende dalla loro volontà lasciarli o prenderli. Mi sembra che coloro i quali vivono in continui pericoli di morte solamente per servire Dio senza nessun altro riguardo né fine, in breve tempo finiranno per aborrire la vita e desiderare la morte, onde vivere e regnare sempre con Dio nel cielo, perché questa non è vita, ma solo una morte continua e un esilio dalla gloria per la quale siamo creati.
15. I giapponesi, nostri fratelli e compagni che vengono con noi in Giappone, mi dicono che nel Giappone si scandalizzeranno di noialtri i padri [8] dei giapponesi se ci vedranno mangiare la carne o il pesce. Noi partiamo decisi a mangiare sempre a regime, piuttosto che dar scandalo a qualcuno. Chi viene da lì ci dice essere grande il numero dei padri in Giappone e mi dicono, come notizia molto sicura, che questi padri sono assai obbediti dalla popolazione, tanto dai grandi come dai piccoli. Vi dò questa notizia perché siate informati di quanta necessità si abbia, noi che andiamo in Giappone, di essere favoriti e aiutati con le devote orazioni e i santi sacrifici di tutti i fratelli della benedetta Compagnia del nome di Gesù.
16. Il giorno o vigilia di San Giovanni dell'anno 1549 partiamo da Malacca per il Giappone, passiamo in vista della Cina senza toccare terra né alcun porto: dalla Cina al Giappone vi sono duecento leghe. I piloti dicono che al dieci o quindici di agosto del medesimo anno giungeremo in Giappone: da li vi scriverò tante cose e tanti particolari del luogo, delle genti, delle loro usanze e modo di vivere, delle falsità in cui vivono circa i loro libri sacri, quello che contengono, le università che vi sono nel paese e in qual modo essi si esercitano.
17. Paolo di Santa Fé, giapponese; nostro compagno, mi disse una cosa per cui sono molto confortato. Egli mi ha detto che nel monastero del suo paese [9] dove sono molti frati ed una università, usano fra loro un esercizio per meditare che è il seguente: colui che ha la direzione della casa, il loro superiore, che è il più dotto, li chiama tutti e tiene loro una conversazione a guisa di predica e allora dice a ciascuno di loro di meditare, per lo spazio di un'ora, sopra questo punto: quando un uomo sta spirando e non può parlare, quando l'anima si allontana dal corpo, se allora potesse parlare, durante questa separazione e allontanamento dell'anima, che cosa direbbe l'anima al corpo? E così, di conseguenza coloro i quali stanno nell'inferno o nel purgatorio, che direbbero se tornassero in questa vita? E dopo, trascorsa l'ora, A superiore della casa domanda a ciascuno di loro quello che ha meditato e sentito durante tale ora; e se dice alcune cose buone, lo loda, e al contrario lo riprende quando dice cose che non sono degne di memoria [10] Dicono che questi padri predicano al popolo di quindici giorni in quindici giorni, e alle loro prediche accorre molta gente, tanto uomini come donne, e che durante le prediche piangono, specialmente le donne; il predicatore ha un dipinto con l'inferno e i suoi tormenti e mostra quelle figure al popolo: tutto questo me lo raccontò Paolo di Santa Fé.
18. Gli chiesi se si ricordava di qualche sentenza che avesse udito da qualche predicatore: mi disse che si rammentava di aver udito da uno di quei padri, durante la predica, che un uomo cattivo o una donna cattiva sono peggiori del diavolo. Diceva anche che i mali che [il diavolo] da sé non potrebbe fare, li fa con l'aiuto di un uomo cattivo e di una donna cattiva, come rubare e dire falsa testimonianza e altri peccati di questo genere. Mi dicono che è gente molto desiderosa di conoscere: quando ne avrò esperienza, vi scriverò molto a lungo.
Dio nostro Signore, per la sua infinita misericordia, ci unisca nella Sua santa gloria, perché non so quando ci rivedremo in questa vita: però può farlo la santa obbedienza e ciò che sembra difficile diventa facile quando lo vuole l'obbedienza.
Da Malacca, ai 22 di giugno, anno 1549.
Servo inutile di tutti i Fratelli della Compagnia del nome di Gesù.

Francisco


FONTE

Cristo è risorto

Meditiamo oggi un meraviglioso inno pasquale seguito da una preghiera di Pasqua: 

Cristo è risorto veramente, Alleluia!
Gesù il vivente, qui con noi resterà.
Cristo Gesù, Cristo Gesù.
È il signore della vita.

Morte, dov’è la tua vittoria?
Paura non mi puoi far più.
Se sulla croce io morirò insieme a lui,
poi insieme a lui risorgerò.

Cristo è risorto veramente,Alleluia!
Gesù il vivente, qui con noi resterà.
Cristo Gesù, Cristo Gesù.
È il signore della vita.

Tu, Signore amante della vita,
mi hai creato per l’eternità.
La vita mia tu dal sepolcro strapperai,
con questo mio corpo ti vedrò.

Cristo è risorto veramente,Alleluia!
Gesù il vivente, qui con noi resterà.
Cristo Gesù, Cristo Gesù.
È il signore della vita.

Tu mi hai donato la tua vita,
io voglio donar la mia a te.
Fa’ che possa dire “Cristo vive anche in me”
E quel giorno io risorgerò.

Cristo è risorto veramente,Alleluia!
Gesù il vivente, qui con noi resterà.
Cristo Gesù, Cristo Gesù.
È il signore della vita.
 
***
 
Signore,
tu stai alla porta e bussi:
fa’ che ti apriamo quando ascoltiamo la tua voce,
ma se anche le nostre porte restano chiuse,
tu vinci il timore ed entra lo stesso,
perché dalla tua Resurrezione
abbiamo la pienezza della vita
e la tua pace.

Signore,
tu conosci più di noi il nostro cuore
e tu sai che nel profondo non cerca
e non desidera se non Te.
Rendici capaci di rispondere
alla tua chiamata
e di lasciarci condurre dove tu vuoi,
perché in noi si compia il tuo disegno
d’amore e di predilezione.

Signore Gesù,
Buon Pastore,
insegnaci ad ascoltare la tua voce,
a riconoscerla fra mille altre voci
che promettono e non mantengono,
e a seguire in Te
la via della Verità
e della Vita che ci porta al Padre.

Padre,
che nella Passione e Resurrezione del tuo Figlio,
hai mostrato agli uomini il tuo amore,
fa’ che alla scuola della sua carità
impariamo a farti dono della nostra vita,
perché noi crediamo e il mondo creda
che tu lo hai mandato a salvarci.

Fa’,
o Signore,
che per la luce del tuo Spirito,
ti riconosciamo presente in noi
e la tua Parola metta radici
e porti frutto nella vita di ogni giorno.

Padre,
che da sempre ci chiami alla comunione con te,
rivela a noi la via sulla quale,
dietro al Cristo,
tuo Figlio,
possiamo tornare a te
con fiducia e cuore di figli.

Signore,
che ha promesso di non lasciarci soli,
manda a noi il tuo Spirito,
perché ci guidi
alla Verità tutta intera
e alla conoscenza del dono inestimabile
della tua chiamata e della tua amicizia.
Amen.

Egli doveva risuscitare dai morti

Concludiamo la giornata liturgica pasquale attraverso l'ormai consueto appuntamento di meditazione con le riflessioni di noti sacerdoti e movimenti religiosi. Oggi riflettiamo il mistero glorioso della Resurrezione, attraverso le parole di mons. Vincenzo Paglia:

Il sabato è passato; sono finiti i giorni degli uomini. Ecco un nuovo giorno. È vero, inizia in maniera triste, come spesso triste è la nostra vita. È un'alba triste, presso un sepolcro. La tomba di Gesù non è una tomba speciale, è una tomba allineata tra le altre tombe di uomini e di donne. Semmai c'è una tristezza in più: in quella tomba non è finito solo il corpo di un amico, è finita la speranza di un regno nuovo che aveva infiammato quel gruppetto di uomini che Gesù si era portato dietro sin dalla Galilea. Se il mondo avesse il coraggio di fermarsi presso le tombe! Sentirebbe nel proprio petto come un nodo di angoscia, un senso di paura, di fronte alla morte della vita, della speranza, del futuro. I cimiteri? Non solo. Ci sono oggi paesi divenuti come grandi tombe, cimiteri di vittime spesso innocenti, per l'oppressione, la violenza, la guerra. Davanti a questo panorama di morte, molti uomini fuggono, come fecero anche i discepoli di Gesù. Solo tre donne, scrive il Vangelo di Marco, si fermano. La prima, Maria di Magdala, è una donna particolare: è stata guarita da sette demoni. L'altra Maria è la madre di Giacomo, e poi Salome. Sono tre povere donne galilee, venute a Gerusalemme dietro a Gesù. Ora, smarrite e sballottate dopo le tristi vicende occorse al loro maestro, non sanno fare altro che recarsi al sepolcro. All'alba erano già lì, preoccupate per come entrare nel sepolcro. Lo chiudeva una pietra pesante, come sono pesanti le pietre che schiacciano la vita dei deboli. Ma, appena giunte, videro che la pietra era stata rotolata via, e videro un angelo, avvolto in bianche vesti, seduto sulla destra. Ebbero paura, ma l'angelo proclamò il Vangelo della resurrezione: "Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui".

È la prima Pasqua: ed è per una piccola comunità di tre sole povere donne, straniere e disprezzate. Ancora una volta si compie quello che Gesù aveva detto: "Ai poveri è predicata la buona novella, e beato chi non si scandalizza di me". È la prima Pasqua. Ma anche se è per tre sole povere donne, non è un fatto privato; è per tutti i discepoli: "Ora andate, e dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea". E di lì i discepoli avrebbero dovuto annunciare la resurrezione a tutti gli uomini sino ai confini della terra. La resurrezione è un annuncio che scuote l'intera vita degli uomini. La scuote da capo a fondo per ridarle un nuovo volto, rimuove le pietre pesanti che gravano sui cuori degli uomini per renderli liberi, illumina il buio che grava sulla vita per manifestare il chiarore della misericordia. Chi risorge è il crocifisso. Quel morto in croce è ora rivestito della potenza di Dio. E la croce che appariva come l'impotenza, è diventata la potenza di Dio nel mondo. Piuttosto frequentemente nella tradizione iconografica delle Chiese d'Oriente la croce porta da un lato Gesù crocifisso e dall'altro Gesù risorto. Nelle apparizioni è il crocifisso che appare risorto, per manifestare la forza del suo amore per noi: come era stato crocifisso per noi, così viene risuscitato per noi.

È questo l'annuncio che quelle donne ricevono dall'angelo, e che provoca gioia grande e assieme timore. Gioia perché intuiscono che Gesù potrà restare con loro, ma anche timore per trovarsi immerse nel giorno di Dio. Esse fuggirono via dal sepolcro. Non restarono ferme là dov'erano. Una fretta entrò dentro di loro. Sì, non si può indugiare davanti all'annuncio della resurrezione. C'è fretta; fretta di annunciare la liberazione ai prigionieri del male, a chi è sepolto dalla cattiveria, a chi è schiavo dell'orgoglio e dell'odio, a chi è schiacciato dalla fame e dalla guerra. Anche tre povere donne possono fare molto. Proprio loro, disprezzate e per nulla considerate, furono le prime inviate per annunciare il Vangelo. E i discepoli debbono andare in Galilea, nell'estrema periferia di Israele, ai confini, dove inizia la regione dei pagani: qui incontreranno il Signore risorto e di qui partiranno per le vie del mondo. La Galilea è l'immensa periferia povera del mondo che attende l'annuncio di una speranza; ma forse è anche il cuore di ognuno di noi che aspetta di vedere il Signore. "Cristo è risorto, veramente è risorto!".

Via Crucis: XIII - XIV stazione


XIII Stazione
Gesù è deposto dalla croce

Dal Vangelo secondo (Giovanni 19, 31-34).

"Era il giorno della Preparazione e i Giudei, perché i corpi non rimanessero in croce durante il sabato (era infatti un giorno solenne quel sabato), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all'altro che era stato crocifisso insieme con lui. Venuti però da Gesù, e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia, e subito ne uscì sangue e acqua" 

Riflessione
 
E' vero che ogni cristiano deve accogliere la sua croce, ma deve anche schiodare tutti coloro che vi sono appesi. Anche noi oggi siamo chiamati a un compito di portata storica: "Sciogliere le catene inique, togliere i legami dal giogo, rimandare liberi gli oppressi" (Isaia 58, 6).

Pensiero di Patrizia
 
Dopo aver percorso con TE, con una sofferenza indicibile, la Passione, forse, Tua Madre ha potuto abbracciarti, come ci mostrano pittori e scultori.
Per noi è importante riflettere sulla Fede di Maria, che mai ha abbandonato Suo Figlio e che mai ha dubitato della Resurrezione!!! Se ci affidiamo a Lei ci aiuterà ad avere la stessa fede, a non dubitare della Resurrezione, nemmeno nei momenti più tremendi di sofferenza fisica o spirituale!

[pausa di silenzio]

C. Metti in noi, Signore, la convinzione dell'amore infinito che perdona.

XIV Stazione

 Gesù è posto nel sepolcro

Dal Vangelo secondo Giovanni (20, 41-42).
 
"Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino, e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto. Là dunque deposero Gesù, a motivo della Preparazione dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino"

Riflessione
 
Coraggio, comunque! Noi credenti, nonostante tutto, possiamo contare sulla Pasqua. E sulla Domenica, che è l'edizione settimanale della Pasqua. Essa è il giorno dei macigni che rotolano via dall'imboccatura dei sepolcri. E' l'intreccio di annunci di liberazione, portati da donne ansimanti dopo lunghe corse sull'erba. E' l'incontro di compagni trafelati sulla strada polverosa. E' il tripudio di una notizia che si temeva non potesse giungere più e che invece corre di bocca in bocca ricreando rapporti nuovi tra vecchi amici. E' la gioia delle apparizioni del Risorto che scatena abbracci nel cenacolo. E' la festa degli ex delusi della vita, nel cui cuore all'improvviso dilaga la speranza. 
 Voglio ringraziarti, Signore, per il dono della vita.
Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un'ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati.  A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare, Signore, che anche tu abbia un'ala soltanto. L'altra, la tieni nascosta: forse per farmi capire che anche tu non vuoi volare senza di me. Per questo mi hai dato la vita: perché io fossi tuo compagno di volo.
Insegnami, allora, a librarmi con te. Perché vivere non è "trascinare la vita", non è "rosicchiare la vita"... Vivere è abbandonarsi, come un gabbiano, all'ebbrezza del vento. Vivere è assaporare l'avventura della libertà. Vivere è stendere l'ala, l'unica ala, con la fiducia di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te!

Pensiero di Patrizia
 
Chi ha deciso di farti morire, pensava, vedendoti sepolto di aver concluso la vicenda! Anche oggi è così; qualcuno vorrebbe vedere sepolti i cristiani, chiusi nelle catacombe! Ma, si può uccidere DIO? Si può nascondere lo Spirito Santo?
SEI RISORTO!!!! Noi TI ADORIAMO!!!!
Croce e Resurrezione sono un Tutt'uno, perchè se " Cristo non fosse Risorto, vana sarebbe la nostra Fede".
Non censuriamo la Croce, ma non neghiamo la RESURREZIONE! AMEN ALLELUIA!!!!! 

[pausa di silenzio]
 
C. Metti in noi, Signore, la convinzione dell'amore infinito che perdona.

La passione di Gesu’ alla luce degli scritti di Santa Veronica Giuliani

Meditiamo la Passione di Gesù, in questa Giornata particolare, attraverso una parte dell'opuscolo di Don Sabatino Sciorio, contenente riflessioni tratte dagli scritti di Santa Veronica Giuliani. Cominciamo dall'ora nel Getsemani, quando la Passione comincia a raggiungere il suo stadio più angosciante e reale (ricordiamo che le rimanenti stazioni della Via Crucis del Venerdì, verranno meditate domani):

- AL GETSEMANI
Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: “Pregate, per non entrare in tentazione”. Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e inginocchiatosi, pregava: "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia ma la tua volontà". Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo. In preda all'angoscia, pregava più intensamente; ed il Suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra (Lc 22,39-44).

Spunti di riflessione
In preda all'angoscia: L'angoscia di Gesù manifesta non solo il suo stato d'animo, ma soprattutto, la rivelazione di un Dio pieno di misericordia e condiscendenza. Questa angoscia di Gesù, domina tutta la Passione raggiungendo il culmine in quel grido: Dio mio, Dio mio perchè mi hai abbandonato? (Mt 27,46).
Il Suo sudore diventò come gocce di sangue: Luca usa il termine thromboi (coaguli di sangue). Il fenomeno è chiamato ematoidrosi (sudar sangue) a provocarlo ci vuole una spossatezza fisica, accompagnata da una forte scossa morale, causata da una profonda emozione. Lo spavento e l'angoscia terribile di sentirsi carico di tutti i peccati devono aver schiacciato Gesù.

DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI
"Giunto che fu il Signore al monte Oliveto, entrando nell'orto con tre apostoli diede licenza all'orrore dei tormenti e della morte, che entrassero nella Sua innocentissima Umanità; quale subito divenne mestissima, afflitta e in tristezza di morte... nessun conforto veniva somministrato al Signore, anzi... Egli, Sommo Bene, compatendo ai suoi cari figli, si allontanò da loro, acciò non Lo vedessero in tanto dolore". In quell'ora che Egli "faceva orazione nell'orto", "Gli stavano avanti tutti i patimenti... il calice amaro di tutta la Sua SS. Passione", nel medesimo tempo, con fare "sacrificio della sua volontà a quella del Suo Eterno Padre, con tutto che sempre fossero stati uno stesso volere", "si sacrificò per tutti noi". "In quel punto fu al Suo cuore un dolore sì grande, vedendo la perfida ostinazione di tutti gli ostinati e quando poco conto avrebbero fatto del suo preziosissimo sangue. Questo fu il dolore principale che Egli patì nel Suo interno". Allora "l'Eterno Suo Padre Gli fece vedere e sentire in quel punto tutti i patimenti che avevano da patire i suoi Eletti, le anime Sue più care, cioé quelle che si sarebbero approfittate del Suo Sangue e di tutti i patimenti. Egli sentì tanto le pene che questi dovevano patire, che in quel punto", "cadendo con la faccia a terra, entrò in agonia tale che sudò sangue". "Vedendo il gran frutto che doveva essere alle anime elette il Suo sangue, lo volle mandar fuori avanti che i flagelli lo percuotessero". "Questa Sua agonia... l'ebbe sino allo spirare che fece in croce... gli si rinnovò in particolare... quando.ebbe il bacio del tradimento da un suo caro discepolo... quando fu consegnato a quei giovani, che facessero di Lui ciò che volevano... quando fu così empiamente (mal)trattato, che le pene e i tormenti che patì non sono noti a creatura nessuna".
Impegno di vita: Sia fatta la tua volontà (Mt 6,5b). Pater, Ave, Gloria. CANTO

7° - IL BACIO DEL TRADITORE
Mentre egli ancora parlava, ecco una turba di gente; li precedeva colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, e si accostò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: "Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo?" (Lc 22,47-48)

Spunti di riflessione
In questa pericope, viene ribadito con orrore, che Giuda era uno dei Dodici ossia uno dei Suoi.
Giuda con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo? E' l'ultimo appello del divin Maestro al cuore dell'amico infelice. Ma anche quest'ultimo avvertimento cade nel vuoto. Misteri del cuore umano, della debolezza umana! Da quel giorno nessuno vorrà sentirsi chiamare Giuda, anche se molti ne seguono l'agire...

DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI
"Quando... (Gesù) ricevette il bacio del tradimento, fu all'Umanità SS. una pena così grande! Non solo per vederSi tradire ora da un Suo discepolo, ma in quel punto, in quell'atto ricevette i tradimenti, senza numero, avuti da anime più beneficate".
"Questo sì che gli (tra)passava il cuore, e sentiva tanta pena, più che degli oltraggi che Gli facevano". Impegno di vita: Fate del bene a coloro che vi odiano (Lc 6,28). Pater, Ave, Gloria. CANTO

8° - LA CATTURA
Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: "Signore, dobbiamo colpire con la spada? "E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l'orecchio destro. Lasciate, basta così! E toccandogli l'orecchio, lo guarì! Poi disse a coloro che eran venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: "Siete usciti con spade e bastoni come contro un brigante? Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le mani contro di me; ma questa é la vostra ora, è l'impero delle tenebre" (Lc 22,4953) Spunti di riflessione
Gesù nega ogni tipo di azione che faccia ricorso alle armi, perciò rifiuta l'atteggiamento del partito degli zeloti, i quali volevano instaurare il Regno di Dio con la forza.
E' l'impero delle tenebre: è il momento culminante della lotta tra Gesù e Satana.

DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI
"Il Signore andò incontro ai suoi nemici con amore sviscerato". "Ognuno faceva a gara per percuoterlo nella bocca, di dargli pugni negli occhi, di sputargli in faccia; ed Esso come mansueto agnello, tacendo, soffriva tutto con amore e per amore". I persecutori... tutti sdegno e furore, Esso era tutto obbedienza e zelo della loro salute; essi tutti a gara in percuoterlo, Esso tutto silenzio e carità; essi tutti odio, ed Egli tutto benigno, li mirava con sguardi amorosi, sopportava tutto con sapienza e sempre intento a fare la volontà SS. del Suo Eterno Padre. "Quei soldati e turba di gente, (che) l'ebbero preso e legato "con corde, ambedue le gambe e braccia e... con catene nel collo e nella cintura", "fecero sì che quelli che lo menavano passassero avanti, ed ognuno di essi Gli diedero la percossa, chi con pugni, chi con urtoni, chi con calci, chi con bastoni, chi tirandogli dei sassi, chi del fango" "facendo a gara chi poteva percuoterlo più". “Fu tale che il tormento che ebbe il pietoso Gesù, che fu un miracolo, che non morisse allora”. Uscito dall'orto "Lo fecero camminare dentro il fiume; ed i soldati stavano sopra il ponte di esso e Lo tiravano con corde e catene, ora in quò, ora in là; ed Esso si feriva tutti i piedi, per quelle pietre ed altre cose moleste che stavano dentro quella fiumana".
Impegno di vita: Pregate per coloro che vi maltrattano (Lc 6,28). Pater, Ave, Gloria. CANTO

9° - GESU' DAVANTI AD ANNA
Condussero (Gesù) prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa... interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e alla sua dottrina. Gesù gli rispose: “Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio... e non ho mai detto nulla di nascosto. Perchè interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che lo ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto”. Aveva appena detto questo, che una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: "Così rispondi al sommo sacerdote?" Gli rispose Gesù: "se ho parlato male, dimostrami dov'è il male; ma se ho parlato bene perchè mi percuoti? " (Gv 18,13.19-23).

Spunti di riflessione
Chi diede lo schiaffo/percossa a Gesù? Il Vangelo parla di una guardia. Qualche Padre della Chiesa, come S. Giovanni Crisostomo e qualche scrittore, Ollivier, affermano che sia stato Malco (Gv 18,10), immemore ed ingrato dopo la guarigione ottenuta nell'orto degli ulivi.
Schiaffo, Gr rapisma indica percossa a mano armata. Non è inverosimile l'ipotesi dello schiaffo a mano armata con la "chirotea coriacea", una specie di guanto durissimo. Gesù veniva colpito sul volto espressione dell'intelligenza e della dignità. E' come annullare l'onore di una personalità. Lo schiaffo del servo rappresenta la risposta brutale degli ebrei e dell'umanità dinanzi alla Rivelazione di Cristo.

DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI
"Nel primo (tribunale) Gesù patì molto stantechè l'avevano preso così furiosamente e con tali strapazzi, che mente umana non può capire. Fra le altre mie pene, lo patii - disse Gesù a S. Veronica Giuliani - di molto avanti la porta del palazzo di Anna. Qui mi fecero cadere e, per molte volte, mi batterono il capo in terra ove dalla Mia bocca uscì molto sangue" (32).
Impegno di vita: Beati voi quando vi insulteranno (Mt 5,11 a). Pater, Ave, Gloria. CANTO

10° - LA TESTIMONIANZA DI GESU’ DAVANTI A CAIFA
Allora Anna lo mandò legato a Caifa, sommo sacerdote (Gv 18,24). II sommo sacerdote gli disse: “Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio”. Tu l'hai detto, gli rispose Gesù, anzi lo vi dico: d'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra del Padre e venire sulle nubi del cielo. Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: "Ha bestemmiato!... ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?" E quelli risposero: “E' reo di morte”. Allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggiarono; altri lo bastonavano (Mt 26,63-67).

Spunti di riflessione
Stracciò le vesti. II gesto di stracciarsi le vesti era in Israele segno di dolore e di lutto (cfr Is 37,1). "Gesù si rivendica la dignità di giudice universale. Egli aveva sempre occultato la messianità. Ora, per la prima volta, svela il mistero della Sua persona, che supera la comune attesa giudaica del Messia, perché si attribuisce una dignità divina, qualificandosi il giudice escatologico. Ma tale rivelazione più completa della Sua misteriosa identità comporta per gli avversari un ammonimento. II Messia incompreso ed umiliato, alla fine dei tempi, sarebbe stato il loro giudice".

DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI
"Più tormentato ed afflitto di prima... fu presentato al secondo tribunale... il Suo divino volto (era) tutto livido, per la percossa che ebbe dello schiaffo che gli fu dato" “da quella mano di ferro”. "Patì più nel Suo interno, vedendo la grande ingratitudine di quello che glielo diede, al quale poco fa aveva fatto beneficio, con risanargli l'orecchio; e che ora lo percuoteva così alla traditora".
Impegno di vita: Beati voi quando... mentendo diranno ogni sorte di male contro di voi per causa mia (Mt 5,11). Pater, Ave, Gloria. CANTO

11 ° - LA PRIGIONIA
Gli uomini che avevano in custodia Gesù lo schernivano e lo percuotevano, lo bendavano e gli dicevano: "Indovina: chi ti ha colpito? "E molti altri insulti dicevano contro di lui (Lc 22,63-65).

Spunti di riflessione
L'uso insistente dell'imperfetto, in questa pericope, vuole esprimere il tempo prolungato degli oltraggi. E molti altri insulti... esprimono il comportamento irrispettoso contro l'Inviato di Dio.

DAGLI SCRITT1 DI SANTA VERONICA GIULIANI
Quando "tutti gli Scribi, i Farisei e i Capi andarono a riposare", "consegnarono Gesù in mano e potere di gente più barbara, iniqua ed odiosa vi fosse". “Pare... che negli occhi e nella bocca Santissima di Gesù vi ponessero cose immonde e gli scarpissero ad uno ad uno con violenza tutte le palpebre; mettessero dentro agli occhi cose ben pungenti, così dentro le orecchie. Fu maggiore questa pena che non fu quando gli passavano il capo con le spine”. Questi giovani “Lo trattarono tanto male e Gli fecero tanti strapazzi e cose tutte inumane, che Iddio non ha voluto che si sappiano, perché mente umana non le potrebbe credere. Tutto ciò si saprà nel giorno del Giudizio”. Impegno di vita: A chi ti percuote sulla guancia porgi anche l'altra (Lc 6,29). Pater, Ave, Gloria. CANTO

12° - GESU' CONSEGNATO A PILATO
Venuto il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. Poi messolo in catene lo condussero e consegnarono al governatore Pilato (Mt 27,1-2).

Spunti di riflessione
Il processo religioso si concluse con la consegna di Gesù a Pilato. E' la consegna del giusto innocente nelle mani dei pagani (cfr Mt 20,19).

DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI
“La sua faccia non pareva più di creatura (uomo), ma era tutta livida da pugni, da schiaffi, da urtoni che Gli davano, in quel mentre, tutte le genti”.
Impegno di vita: Chiunque ascolta queste Mie parole e non le mette in pratica, é simile ad un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande (Mt 7,26-27). Pater, Ave, Gloria. CANTO

13° - GESU' DAVANTI AD ERODE
Pilato domandò a (Gesù) se era Galileo e, saputo che apparteneva alla giurisdizione di Erode, lo mandò da Erode... Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto, perché da molto tempo desiderava vederlo per averne sentito parlare e sperava di vedere qualche miracolo fatto da Lui. Lo interrogò con molte domande, ma Gesù non gli rispose nulla. C'erano là anche i sommi sacerdoti e gli scribi, e lo accusavano con insistenza. Allora Erode, con i suoi soldati, lo insultò e lo schernì, poi lo rivestì di una splendida veste e lo rimandò a Pilato (Lc 23,611).

Spunti di riflessione
Splendida veste/veste sgargiante, Gr lampran. Era un indumento molto appariscente usato in Oriente, da insigne personalità, in occasioni solenni. Presso i Romani, la veste bianca simboleggiava aspirazioni alle cariche; presso i Persiani era riservato agli dei, ma si costumava anche in quei tempi, di far indossare vesti bianche a dei poveri pazzi. Questo fu l'intento di Erode, con quella veste, deriso da tutti, é ricondotto da Pilato.

DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI

“Il re Erode lo schernì con tutta la sua corte”. “Oh Dio non posso con le parole scrivere tutto! Solo dico che non davano tempo al tempo; ma che in un subito si scaricava sopra di Gesù ogni sorte di tormenti e pene”. "Dopo che tutti (ebbero percosso e maltrattato, Gli misero quella veste bianca e lo rimandarono da Pilato".
Impegno di vita: Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel cuore (Mt 5,28). Pater, Ave, Gloria. CANTO

l4° - PILATO DICHIARA GESU' INNOCENTE
Pilato riuniti i sommi sacerdoti, le autorità e il popolo, disse: “Mi avete portato quest'uomo come sobillatore del popolo, ecco l'ho esaminato davanti a voi ma non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate, e neanche Erode, infatti ce l'ha rimandato. Ecco Egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò dopo averlo severamente castigato lo rilascerò” (Lc 23,13-16).

Spunti di riflessione
Pilato, anche se riconosce l'innocenza di Gesù, consegna Cristo alla volontà dei Giudei. Luca ci fa comprendere che l'iniziativa dei Giudei trova complicità nella politica di Pilato.

DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI
"Quante percosse ebbe! Sono senza numero. Ognuno lo disprezzava ed, avendolo percosso, faceva(no) gran festa", "mentre Gli tiravano le orecchie, lo facevano con tal rabbia, che ne portarono via dei pezzi". Impegno di vita: Non chi mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei Cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che é nei Cieli (Mt 7,21). Pater, Ave, Gloria. CANTO

15° - LA FLAGELLAZIONE
Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare (Gv 19,1).

Spunti di riflessione
Presso gli Ebrei la flagellazione non doveva superare i quaranta colpi di flagello; come garanzia se ne davano trentanove. Gesù é punito sotto la giurisdizione romana che non ammetteva limiti. Gesù fu torturato "mediante una robusta frusta alla cui estremità vi erano code di cuoio, appesantite da pallottoline di metallo o dotate di punte aguzze di osso, legno duro e schegge di ferro". Il flagello era uno strumento crudelissimo di tortura. Orazio definì il flagello: "horribile Ragellum". I romani flagellavano schiavi, traditori e criminali civili più colpevoli. Spesso la flagellazione era più orribile della crocifissione. Racconta Cicerone che Verre aveva fatto subire la "verberatio" al cittadino romano Servilio. Mentre Servilio parla in tribunale per discolparsi, "sei littori robustissimi ed espertissimi a battere e percuotere uomini, lo colpivano crudelissimamente con verghe; alla fine il primo littore Sestio... rovesciato il bastone, cominciò a pestare con somma veemenza gli occhi al misero. Costui, essendoglisi riempito di sangue il viso e gli occhi, cadde giù, ma, nonostante tutto, gli si pestarono i fianchi anche dopo stramazzato, affinché una buona volta dicesse di promettere. Ridotto in tale stato, per allora fu portato via di là come morto; poco dopo morì". Così i romani trattavano i propri cittadini. Cosa avranno fatto per Gesù? Veramente fu un impero di ferocia.

DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI
Gesù, stando legato alla colonna, con quella gran carneficina sopra quel divinissimo Corpo, quei carnefici diedero con i flagelli un colpo nel capo di lui e con essi flagelli gli portarono via tutta la palpebra dell'occhio destro, cagionandoGli un dolore di spasimo dentro l'occhio" "Gli portarono via, in più luoghi, pezzi di carne, in specie, tutta la polpa dei bracci tanto che si vedeva l'osso". “Vedi quanto ho fatto per te?". "Lo tormentava più l'ingratitudine, che non... i flagelli". "Non erano le catene né le corde che lo tenevano così legato, ma la volontà del Suo Eterno Padre, così voleva; e stando legato con questo vincolo d'amore, uniforme a quel volere divino, lasciava il suo divinissimo Corpo sotto sì barbara carneficina. Lo tormentava l'amore... lo batteva, lo piagava, lo crocifiggeva!".
Impegno di vita: Il corpo non è per l'impudicizia (1 Cor 6,13). Pater, Ave, Gloria. CANTO

16° - LA CORONAZIONE DI SPINE
I soldati intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano: "Salve, re dei giudei!" E Gli davano schiaffi (Gv 19,2-3).

Spunti di riflessione
Le spine usate dai soldati sembra che siano o il giunco marino o il rhamnus nabeca. Questa calotta di spine, conficcata a colpi di bastone Gli fece perdere molto sangue. “I soldati proclamano Gesù re per burla, parodiando I'intronizzazione dell'imperatore ma a loro insaputa attuano la regalità del Figlio di Dio, fattosi uomo... indicata dalla corona di spine, dal manto di porpora e dall'acclamazione”. Essere re come Gesù, significa rinunciare ad ogni potere e dominio e, mettersi al servizio dei fratelli.

DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI
“In quel punto che fu coronato di spine”, “se noi l'avessimo veduto, in tal patire, saremmo morti di compassione e di dolore, vedendo quel capo coperto di sangue e tutto passato di spine... Le spine che più lo tormentavano, erano quelle che Gli passavano per il cervello, gli occhi e tutte le parti più sensitive ... al pari del dolore esterno, fu più grande quello interno”; "i persecutori non si saziavano di tormentarlo... Essi con odio, Egli con amore; essi lo oltraggiavano, con bestemmie ed avvilimenti, ed Egli, con carità ed amore, pregava il Suo Eterno Padre, per tutti noi"; "vedeva non si aveva a far conto di un così grande prezzo del suo sangue. Fra questi ingrati vi ero anch'io; e gli apportavo più tormento io sola, che non tutte quelle spine".
Impegno di vita: Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato (Lc 14,1 1). Pater, Ave, Gloria. CANTO

17° - LA CONDANNA A MORTE
Pilato cercava di liberarlo; ma i Giudei gridarono: "Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare..." Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso. Essi allora presero Gesù ed egli portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio detto in ebraico Golgota" (Gv 19,12.16-17).

Spunti di riflessione
Pilato cercava... si mette contro Cesare: appare il dilemma di Pilato, l'uomo integrato nel sistema del potere: o mettere in pericolo la propria posizione o sacrificare l'uomo. Contro la propria convinzione condanna l'uomo pur di mantenere la propria carica.
Egli portando la croce. Gr Kai bastazon heauto ton stauron. Tale espressione andrebbe tradotta meglio con "ed egli, caricandosi della croce". Infatti l'evangelista Giovanni vuole sottolineare la volontarietà della morte del Cristo: si carica della croce perché ha fretta di manifestare al mondo l'amore di Dio per l'uomo. "Il condannato passava, lungo la via per arrivare al Calvario, tra due fitte ali di gente che avevano il diritto di insultarlo, di percuoterlo. Di solito la gentaglia presente buttava per terra, pestava, trascinava, sputava addosso al condannato. Era anche questa una misura per accelerare la morte... La sofferenza diventava atroce quando lo buttavano a terra, gli davano calci... Il tragitto era breve, (la Torre Antonia dal Calvario distava al massimo 600-700 metri) ma diventava dolorosissimo per il trattamento bestiale a cui era sottoposta la vittima" (60).

DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI
"Quando portò la croce" Gesù sentiva "il dolore... non solo nella spalla, ma in tutta la vita... nel capo, per la puntura delle spine; nei bracci, per le legature delle corde; nella schiena, per le percosse e gli urtoni che gli davano; nella faccia, per i pugni e guanciate che riceveva; nella bocca, per gli sputi", "polvere", "e sporcizie che vi mettevano; nelle gambe e nei piedi, per i calci e bastonate che gli davano"; "chiunque farà qualche cosa - disse Gesù a S. Veronica Giuliani - in memoria di questi patimenti occulti (non conosciuti) gli concederò qual grazia mi domanderanno". Gesù "non potendo fare un passo, per la pena che sentiva, riversarono sopra di lui (ogni genere di) percosse... ed Esso, come mansueto Agnello... in silenzio... (era) solo ansioso di arrivare al Calvario, per essere ivi crocifisso e morto, per riscatto delle anime nostre". Durante la "prima caduta che Gesù fece con la croce in spalla, ivi, non vi era Maria Santissima in persona, era lontana; ma con tutto ciò, in spirito, vedeva tutto, sentiva in sé tutte le pene del Figlio". Maria "quando incontrò il suo Figlio Gesù colla croce", (patì molto). “Si abbracciarono insieme Figlio e Madre; e quei due cuori trafitti, si unirono in un solo cuore conforme alla divina volontà, e si stabilirono di stare, sino all'ultimo respiro, fermi e disposti al decreto divino; uniformi in volere, e tutti attenti alla nostra redenzione. Maria Santissima é stata coadiutrice al suo Figlio Santissimo; tutto ciò che faceva il Figlio, lo faceva lei; tutto ciò che pativa il Figlio lo pativa lei; ma le pene maggiori... erano... quelle che pativano intimamente nell'anima e nel cuore. Vedevano le creature tutte e il poco conto che avrebbero fatto di un prezzo così grande e di tanti meriti infiniti, e quanti e quanti non volevano prevalersene”. "Stando Gesù con un peso così grande sulle spalle sue, non poteva fare un passo, e stava in agonia; perché questa da che l'ebbe nell'Orto quando sudò sangue, non gli si partì mai e stiede sempre, in tutta la sua Passione, in agonia, patendo pene così atroci, come é descritto da tutti gli Evangelisti. Noi non possiamo arrivare a penetrare il suo patire". "Nella terza caduta che fece (Gesù), mentre andava al Calvario, i perversi nemici gli attizzarono addosso i cani, ed uno di essi, gli fece una ferita mortale in un braccio... che si vedeva l'osso".
Impegno di vita: Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male (Rm 12,21). Pater, Ave, Gloria. CANTO

18° - SULLA VIA DEL CALVARIO
Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù voltandosi verso le donne disse: "Figlie di Gerusalemme, non piangete su di Me ma piangete su voi stesse e sui vostri figli" (Lc 23,2728).

Spunti di riflessione
Le parole di Gesù alle "Figlie di Gerusalemme" svelano il significato profondo di quello che sta succedendo: nella morte di Gesù si decide il destino storico del popolo di Dio.

DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI
“Quando Santa Veronica (la donna della via crucis), mossa da compassione, diede a Gesù quell'asciugatoio, per asciugarsi la faccia... Esso era caduto, per la terza volta, in terra sotto la croce, e aveva il Suo santissimo volto tutto coperto di sangue, di polvere, di fango e di sputi. Mentre tutte le creature correvano chi per curiosità, chi per oltraggiare Gesù, Ella, questa matrona e serva che stava sulla porta della sua casa per vedere tutto il successo di tal novità, vedendoLa e dandoLe Egli un'occhiata, si cavò l'asciugatoio (il panno) che aveva in capo, e senza riguardo alcuno, lo porse a Gesù, perché si riasciugasse il volto. Maria Santissima era ivi, ma incognita, e nessuna la vedeva (= conosceva). Fu Ella però che riasciugò il volto al Figlio, e poi rese l'asciugatoio alla donna la cui anima restò, in quell'atto di carità santificata; ed ebbe nelle sue mani la vera effige della faccia di Gesù, ma molto più nell'anima Iddio medesimo”. "Quei carnefici gli levarono la croce di spalla, non per carità, ma perché avevano paura che non arrivasse vivo al Calvario". "Non era la gravezza del legno, che così spesso lo faceva cascare, ma bensì, la gravezza delle colpe e delle ingratitudini di tutto il mondo... O amore grande di Dio! lo, coll'ingratitudine lo conducevo alla morte e morte di croce, ed Esso con amore infinito sborsava tutto il suo sangue per l'anima mia".
Impegno di vita: Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia (Mt 5,7). Pater, Ave, Gloria. CANTO

19° - LA CROCIFISSIONE
Quando giunsero al luogo detto il Cranio, là crocifissero Gesù e i due malfattori (Lc 23,33).

Spunti di riflessione
"Non siamo in grado, oggi, di determinare con esattezza le varie particolarità della crocifissione. Se vi era una tecnica comune, si potevano avere variazioni arbitrarie in ogni fatto singolo a secondo delle circostanze di tempo e di luogo... c'é chi ha sostenuto che il condannato veniva inchiodato alla croce intera distesa per terra e poi faticosamente elevata. Questa rappresentazione non é solo popolare ma anche sostenuta da nomi insigni come sant'Anselmo... (Altra) tecnica della crocifissione, allo stato attuale delle conoscenze passiologiche, é la seguente: il condannato portava solo il patibulum al luogo del supplizio; qui giunto veniva spogliato, e poi confitto nelle mani sul patibulum, (legno trasversale) collocato a terra. Dopo questa prima operazione, a mano e con vari attrezzi, il patibulum con il corpo del condannato veniva sollevato e fissato allo stipite già precedentemente piantato sul posto; stabilito l'innesto del patibulum e legato il corpo alla croce si procedeva all'inchiodazione dei piedi".

DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI
"Arrivato al Calvario, (i carnefici) spogliatolo delle sue vesti, gli rinnovarono tutte le piaghe, e poi, gli cavarono la corona di spine, e gliela rimisero con doppio patire". "Patì (molto) quando (i suoi crocifissori) rivoltarono la croce sossopra per ribattere i chiodi" "che gli avevano messi nelle mani e piedi". I crocifissori "misero la croce in quella buca e la calarono giù" "con tale empietà", "che in quell'istante si rinnovarono nel corpo di Gesù tutte le pene. Si strapparono i nervi", e "si riaprirono tutte le piaghe". "Stando sulla croce, il suo Cuore Santissimo provò tutti i tormenti che ebbe l'Umanità Sua, ed anche sentì in sé tutte le pene e i dolori della Sua Santissima Madre; e tutti quelli che dovevano patire i suoi Eletti". "Mentre stava sulla croce... il maggior patire che (ebbe fu) quell'abbandono interno. Le pene, la croce, i chiodi, erano come delizie al pari delle pene che pari nel suo interno". "Ebbene che vuoi più di quello che io faccio per te? Eccomi confitto in questa croce, per tuo amore". "L'Umanità Santissima... stava tutta attenta per offrire per noi tutta se stessa; e con che amore lo faceva! Questo fu tanto ardente, che lo dimostrò in tutto, specialmente però, pregando il Suo Eterno Padre, perché volesse perdonare a quelli medesimi carnefici, con scusargli, che non sapevano che cosa si facessero". "Sotto la croce... (Maria Santissima pari molto) nel vedere il Suo amato Figlio... pendente in croce. Ella partecipava dei medesimi tormenti, non per via dei carnefici, come Gesù, ma ... per via di amore e di dolore ... Il Cuore di Gesù, e il Cuore di Maria stavano ambedue uniti in pena ed in amore, e si offrivano a Dio Padre, per tutti noi mortali".

Impegno di vita: Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici (Gv 15,13). Pater, Ave, Gloria. CANTO

20° - IL PERDONO DI GESU’
Gesù diceva: "Padre perdonali perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34).

Spunti di riflessione
Gesù, dalla cattedra della croce, come celebre maestro, insegnò al mondo, in sette parole, la dottrina più alta del Suo amore. Il termine Gr eleghen (diceva) indica un'azione continuata. Mentre veniva crocifisso, Gesù invocava il perdono del Padre. Perdono esteso agli uomini di tutti i tempi.

DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI
"Nella prima parola (Gesù) ci raccomanda la carità verso i nemici".
Impegno di vita: Se voi perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro Celeste perdonerà anche a voi (Mt 6,14). Pater, Ave, Gloria. CANTO

21 ° - LA PROMESSA DI GESU’
In verità ti dico, oggi sarai con Me in Paradiso (Lc 23,43).

Spunti di riflessione
II peccatore pentito ebbe il privilegio di essere il primo frutto della salvezza che la croce di Cristo portò al mondo. DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI "Nella seconda (parola, ci raccomanda) la misericordia verso i peccatori".
Impegno di vita: Quelle cose che occhio non vide né orecchio udì né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano (1 Cor 2,9). Pater, Ave, Gloria. CANTO

22° - IL DONO DELLA MADRE
Gesù vedendo la Madre, e lì accanto a Lei il discepolo che Egli amava, disse alla Madre: "Donna, ecco tuo figlio". Poi al discepolo: "Ecco la tua Madre!" E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa (Gv 19,26-27).

Spunti di riflessione
La prese... casa, Gr elaben eis tà idia può significare anche "la prese con sé" oppure "la prese tra le sue cose più care". "L'evangelista utilizza qui uno schema di rivelazione, normalmente composto dai seguenti elementi principali: la visione di una persona (Gesù vede Maria), la frase rivelatrice, introdotta dalla particella ecco. Sicché la frase pronunciata da Gesù: Donna, ecco tuo figlio svela un mistero: Maria diventa qui la Madre, non soltanto del discepolo prediletto, ma di tutti coloro che egli rappresenta. In tal senso l'evangelista riporterebbe una vera rivelazione della maternità spirituale di Maria che vede radunarsi attorno a sé i suoi figli".

DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI
"Nella terza (parola, ci raccomanda) la pietà verso i genitori".
Impegno di vita: Accogliete Maria nella vostra vita (Giovanni Paolo II). Pater, Ave, Gloria. CANTO

23° - LA SETE
Ho sete (Gv 19,28). Spunti di riflessione Ho sete: Gesù chiede l'accoglienza della Sua Parola. Dimostra che il Suo Amore non é stato vinto dall'odio. Perché l'uomo non si perda é sempre aperto al perdono.

DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI
"Nella quarta (parola, ci raccomanda) il desiderio della salute dei prossimi".
Impegno di vita: Chi riconduce un peccatore dalla sua vita di errore, salverà la sua anima dalla morte (Gc 5,20). Pater, Ave, Gloria. CANTO

24° - L'ABBANDONO
Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato? (Mt 27,46).

Spunti di riflessione
Gesù, l'abbandonato, si abbandona fiduciosamente nelle mani del Padre. Mistero d'Amore.

DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI
Nella quinta parola Gesù "palesò il suo cuore e narrò il suo affanno avanti alla Maestà divina" e ci raccomanda “l'orazione nelle tribolazioni e quando pare che Iddio ci abbia abbandonato”.
Impegno di vita: Chiunque vive e crede in Me, non morrà in eterno (Gv 11,26). Pater, Ave, Gloria. CANTO

25° - IL COMPIMENTO
Tutto é compiuto (Gv 19,30).

Spunti di riflessione
Con questa parola Gesù dava compimento alla sua grande opera predetta dai profeti.
DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI
"Nella sesta (parola, ci raccomanda) l'obbedienza e la perseveranza".
Impegno di vita: Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime (Lc 21,19). Pater, Ave, Gloria. CANTO

26° - LA CONSEGNA
Padre nelle tue mani consegno il Mio spirito (Lc 23,46). "Chinato il capo spiri" (Gv 19,30).

Spunti di riflessione
Chinato il capo: gesto dell'obbedienza.
Spirò, Gr paredoken tò pneuma: letteralmente corrisponde a "effuse lo Spirito"; inaugura l'era dello Spirito Santo al momento della sua dipartita.

DAGLI SCRITTI DI SANTA VERONICA GIULIANI
"Nella settima (parola, ci raccomanda) la perfetta rassegnazione a Dio". "Dall'altare della croce ci fece intendere lo sviscerato Suo amore. Esso aveva compito tutto; restava a noi cominciare con l'Essere che Esso ci dava".
Impegno di vita: Se moriamo con Cristo, vivremo anche con lui (2 Tim 2,11). Pater, Ave, Gloria. CANTO

Sezione dedicata alla nostra amica Patrizia:

Il Dolore solo se è accettato e offerto diviene gioia, altrimenti può diventare disperazione. Il maligno tenta sempre di farci imboccare questa strada, che porta alla distruzione di sè e degli altri.
La domanda, il grido ci salva, perchè, come un bambino quando invoca la mamma è aiutato da lei, a maggior ragione o tanto più la nostra Mamma Celeste viene in nostro soccorso, portandoci lo Spirito Consolatore che ci fa ritornare la speranza.

Questo dolore non è capito dagli uomini, difficilmente ci possono aiutare, di solito LO aumentano!

Solo TU Signore ci comprendi totalmente, perchè siamo opera Tua. Fa' o Signore che possiamo amare anche chi non comprendiamo o non ci comprende, grazie. (Patrizia)

Gesù Cristo

Gesù Cristo
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».

Riflettiamo

Impariamo a soffermarci sulle parole e meditiamone il loro significato

L'importanza della preghiera

Chi prega, certamente si salva; chi non prega certamente si danna. Tutti i beati, eccettuati i bambini, si sono salvati col pregare. Tutti i dannati si sono perduti per non pregare; se pregavano non si sarebbero perduti. E questa è, e sarà la loro maggiore disperazione nell’inferno, l’aversi potuto salvare con tanta facilità, quant’era il domandare a Dio le di lui grazie, ed ora non essere i miseri più a tempo di domandarle

(Sant'Alfonso Maria De' Liguori)

Accrescere la cultura

«Io voglio vivere per Gesù e per la Chiesa. La scienza che serve a farmi vivere sempre più per il Signore e per la Chiesa è la cultura della mia vita e tutta la mia vita di cultura». Ogni giorno, ogni ora, ogni istante io sento il bisogno di accrescere le mie conoscenze. E la Chiesa è una fonte inesauribile di vita e di cultura per me!».

(San Pio da Pietrelcina)

Il dono della Sapienza

Nella Sapienza c’è uno spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, mobile, penetrante, senza macchia, terso, inoffensivo, amante del bene, acuto, libero, benefico, amico dell’uomo, stabile, sicuro, senz’affanni. 
Onnipotente, onniveggente e che pervade tutti gli spiriti intelligenti, puri, sottilissimi. 
È un’emanazione della potenza di Dio, un effluvio genuino della gloria dell’Onnipotente, per questo nulla di contaminato in essa s’infiltra. 
È un riflesso della Luce perenne, uno specchio senza macchia dell’attività di Dio e un’immagine della sua bontà.

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Le preghiere dei Santi:

Le preghiere dei Santi:
Noi ci affidiamo a te. Non abbandonarci alla tristezza perché tu, Signore, sei con noi sempre. Tu non ci lascerai un istante. Se non avessi steso la mano, quante volte la nostra fede avrebbe vacillato! Tu, Signore, sei sempre intento ad accogliere le nostre confidenze. Aiutaci a non abbatterci nelle sofferenze fisiche e morali. Non permettere di affliggerci fino a perdere la pace interiore. Fa’ che camminiamo con buona fede, senza inquietudini e sconforti. Noi ci affidiamo a te: prendici la mano e guidaci pur per incogniti sentieri. Insegnaci ad affrontare la prova a mente serena, per amore tuo che la permetti. Donaci di acquistare tesori per la santa eternità. (San Pio da Pietrelcina)

Dio, nostro Padre, tu hai tanto amato gli uomini da mandare a noi il tuo unico Figlio Gesù, nato dalla Vergine Maria, per salvarci e ricondurci a te. Ti preghiamo, Padre buono, dona la tua benedizione anche a noi, ai nostri genitori, alle nostre famiglie e ai nostri amici. Apri il nostro cuore, affinché sappiamo ricevere Gesù nella gioia, fare sempre ciò che egli ci chiede e vederlo in tutti quelli che hanno bisogno del nostro amore. Te lo chiediamo nel nome di Gesù, tuo amato Figlio, che viene per dare al mondo la pace. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.(Venerabile Giovanni Paolo II)

Padre santo e giusto, Signore Re del cielo e della terra, ti rendiamo grazie per il fatto stesso che tu esisti, ed anche perché con un gesto della tua volontà, per l'unico tuo Figlio e nello Spirito Santo, hai creato tutte le cose visibili ed invisibili e noi, fatti a tua immagine e somiglianza, avevi destinato a vivere felici in un paradiso dal quale unicamente per colpa nostra siano stati allontanati. (San Francesco di Assisi)

Tu sei grande, Signore, e ben degno di lode; grande è la tua virtù, e la tua sapienza incalcolabile. E l’uomo vuole lodarti, una particella del tuo creato, che si porta attorno il suo destino mortale, che si porta attorno la prova del suo peccato e la prova che tu resisti ai superbi. Eppure l’uomo, una particella del tuo creato, vuole lodarti. Sei tu che lo stimoli a dilettarsi delle tue lodi, perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha pace finché non riposa in te. (Sant'Agostino))

“O Dio di grande Misericordia, bontà infinita, ecco che oggi tutta l’umanità grida dall’abisso della sua miseria alla Tua Misericordia, alla Tua compassione, o Dio, e grida con la voce potente della propria miseria. O Dio benigno, non respingere la preghiera degli esuli di questa terra. O Signore, bontà inconcepibile, che conosci perfettamente la nostra miseria e sai che non siamo in grado di innalzarci fino a Te con le nostre forze, Ti supplichiamo, previenici con la Tua grazia e moltiplica incessantemente su di noi la Tua Misericordia, in modo che possiamo adempiere fedelmente la Tua santa volontà durante tutta la vita e nell’ora della morte. L’onnipotenza della Tua Misericordia ci difenda dagli assalti dei nemici della nostra salvezza, in modo che possiamo attendere con fiducia, come figli Tuoi, la Tua ultima venuta...” (Santa Faustina Kowalska))

Affinché coloro che mi guardano non vedano la mia persona, ma Te in me. Rimani con me. Così risplenderò del Tuo splendore e potrò essere luce per gli altri. La mia luce verrà da Te solo, Gesù, non sarà mio nemmeno un piccolo raggio. Sei Tu che illuminerai gli altri attraverso di me. Ispirami la lode che Ti è più gradita, illuminando gli altri attorno a me. Che io Ti annunci non con le parole ma con l'esempio, con la testimonianza dei miei atti, con lo scatto visibile dell'amore che il mio cuore riceve da Te. Amen. (Madre Teresa di Calcutta))

Signore Gesù, tu hai dato la vita per me: io voglio donare la mia a te. Signore Gesù, tu hai detto: «Amore più grande non c'è che dare la vita per gli amici». Il mio supremo amore sei tu. È sera. Il giorno ormai declina. Resta con me Signore. Voglio seguirti portando la mia croce. Signore, vieni in mio aiuto e guidami nel cammino. La tua voce, Signore, ha un'eco profonda nel mio cuore. Gesù, mio Signore e mio Dio, voglio diventare in tutto simile a te, voglio soffrire e morire con te, per raggiungere con te la gioia della risurrezione. Tu, quel gran Dio che l'universo adora, vivi in me giorno e notte. E sempre la tua voce mi implora e mi ripete: «Ho sete, ho sete di amore»! Anch'io voglio ripetere la tua divina preghiera: ho sete d'amore. Io ho sete d'amore! Sazia la mia speranza, accresci in me, o Signore, il tuo ardore divino. Ho sete d'amore! Quale sofferenza, mio Dio, e come grande! Come vorrei volare da te! Il tuo amore, o Gesù, è il mio solo martirio; perché più brucia d'amore, più desidera amarti l'anima mia. Gesù, fa' che io muoia d'amore per te! (Santa Teresa di Gesù Bambino)