Entrati ufficialmente nella Settimana Santa, ci accingiamo a vivere il mistero della morte e Resurrezione di Gesù Cristo. Questa sarà una settimana di grande meditazione e riflessione che cominciamo con la riflessione personale della nostra cara Enza:
La nostra paura più profonda non è di essere inadeguati. La nostra paura più profonda, è di essere potenti oltre ogni limite. E’ la nostra luce, non la nostra ombra, a spaventarci di più. Ci domandiamo: “Chi sono io per essere brillante, pieno di talento, favoloso?”
In realtà chi siamo noi per NON esserlo? Siamo figli di Dio. Il nostro giocare in piccolo, non serve al mondo. Non c’è nulla di illuminato nello sminuire se stessi cosicchè gli altri non si sentano insicuri intorno a noi.
Siamo nati tutti per risplendere, come fanno i bambini. Siamo nati per rendere manifesta la gloria di Dio che è dentro di noi. Non solo in alcuni di noi: è in ognuno di noi. E quando permettiamo alla nostra luce di risplendere, inconsapevolmente diamo agli altri la possibilità di fare lo stesso.
E quando ci liberiamo dalle nostre paure, la nostra presenza automaticamente libera gli altri.
DOV’E’ LA NOSTRA LUCE?
Innanzitutto è necessario riconoscerla ed essere consapevoli che dimora in noi.
E’ tempo di essere consapevoli che la luce pervade i nostri talenti.
I talenti, questi magnifici doni: E’ TEMPO DI FARLI BRILLARE.
COME?
Il primo passo è ammettere di averli, non è presunzione: E’ ONORARE CIO’ CHE DIO CI HA DONATO!
Solo così possiamo farli fruttare. Solo così ci irradieremo l’un l’altro.
Cerchiamo di essere sinceri con noi stessi, accogliendo con vero cuore ciò che gli altri vedono in noi, riconoscendo e comunicando ciò che di bello vediamo nei nostri fratelli che ci stanno accanto, o con chi ha relazioni con noi.
Sappiamo che è più semplice scoprire il negativo di noi che il positivo, causa soprattutto le nostre vergogne, e non raramente per falsa umiltà. Nel contemplare il segno che domina la settimana Santa che è il segno della croce, molte volte ci lasciamo prendere dalla negatività della croce, che esiste, come esiste la nostra negatività. Però c’è anche un altro aspetto da sottolineare che è quello positivo. Tutto ciò riusciamo a capirlo se riusciamo ad assaporare ciò che il crocifisso è per noi. Noi umani siamo abituati a ragionare in modo errato, pensiamo infatti che eliminando ciò che non va in noi, vediamo la luce. Con Gesù è il contrario: più ci avviciniamo alla luce, più scompare la nostra negatività. E’ vero che c’è una fatica da fare, ma non la si deve fare scarnificandosi, ma si deve fare godendo della luce che arriva da Cristo, che è un Cristo morto ma che la storia non finisce lì, la storia continua nella resurrezione.
Tornando ai doni che ognuno di noi ha avuto, dobbiamo riflettere anche sul “DONO”, che è Gesù. Dio c’è e di questo ne siamo certi, anzi lo vediamo vero nella nostra vita. E se è vero che Dio c’è nella mia vita, cosa mi fa scoprire? Questa grande Luce di Dio, cosa dice alla mia luce, e quanto illumina me stesso? Allora possiamo dire che, alla Luce vedo la mia luce e le mie ombre. E’ giusto affermare che è sbagliato vedere solo ombre dentro noi, se viviamo invece alla Sua luce anche noi veniamo illuminati e riusciamo a vedere il brutto si, ma pure il bello che ci è stato donato.
Noi siamo figli di Dio e giocare in piccolo non serve al mondo, il Signore ci ha dato ali di aquila per poter volare in alto, e se siamo immagine di Dio possiamo, rimanendo in Lui, fare cose grandi con i talenti che Lui ci ha donato. Spesse volte invece noi giochiamo (spendiamo la vita) come se avessimo ali di gallina, e per un cristiano è un vero peccato.
Per capire l’importanza di tutto ciò dobbiamo fare una riflessione e chiederci: qual è il primo dono che noi abbiamo ricevuto? Tutti qui possono rispondere che è la vita. Dentro questo dono della vita possiamo trovarci delle specificità, perché le nostre vite sono diverse l’una dall’altra. Ma il primissimo dono che Dio ci ha dato è stato quello di crearci: uomo e donna. La Genesi su questo argomento è molto chiara, l’uomo e la donna sono ad immagine e somiglianza di Dio, non è dunque una vita generica.
Infatti, nel secondo racconto della Genesi si legge: Poi il Signore Dio disse: "Non è bene che l'uomo sia solo, gli voglio fare un aiuto che gli sia simile". Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati. In qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l'uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. Allora l'uomo disse:
"Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall'uomo è stata tolta". Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne.
L’uomo si riconosce solo quando ha un’alterità, un altro uguale a se, ma diverso da se, è allora che si riconosce. Ma per noi è sempre dono l’alterità? Quante volte invece noi pretendiamo dall’altro, chiunque egli sia, che non sia se stesso, ma coincida con l’idea che abbiamo dell’altro!? ci è difficile accogliere la sua differenza. Ma noi nasciamo nella differenza, e proprio la differenza è immagine e somiglianza di Dio.
Noi crediamo in un Dio che è: Padre e Figlio e Spirito Santo. Se noi siamo a immagine e somiglianza di Dio, allora possiamo dire che nella nostra identità e differenza diciamo qualcosa di Dio, altrimenti non saremmo a sua immagine. Tutti affermano che Dio è amore, ma perché Dio è amore? Dio è amore proprio per il rapporto che c’è all’interno della Trinità. Ecco allora che due coniugi uniti col sacro vincolo del matrimonio, nella loro relazione è visibile l’amore di Dio. L’uomo mostra l’immagine di Dio nella relazione, Dio esce da se e dice qualcosa della relazione che è Lui: Padre, Figlio e Spirito Santo che sono Amore e relazione.
Dove si vede la differenza tra l’uomo e la donna? Nella corporeità. In questa corporeità il nostro corpo è un pre-sacramento; uomo e donna nella loro differenza dicono qualche cosa dell’immagine di DIO. Perciò chi tratta la corporeità non come un dono ma come una proprietà, che è a propria disposizione e di cui può fare ciò che vuole, contraddice una nostra identità. Questo è il dono primario datoci da Dio dell’essere uomo e donna nella sua specificità.
Entriamo ora nell’argomento matrimonio, anche se questo ragionamento vale per tutti.
Se l’uomo e la donna sono immagine di Dio come relazione sono anche unità, come il Padre non è il figlio, non è lo Spirito Santo che fanno un tutt’uno ma non si mescolano, non si confondono le tre identità, e anche negli sposi non si confondono le due identità. Ma dove queste due identità diventano uno? Nel matrimonio. Nella Genesi Dio dice: per questo l’uomo lascerà suo padre e si unirà alla sua donna, e i due saranno una cosa sola “Unità nella diversità”. Allora capiamo come Dio ama proprio guardando gli sposi, perché nessuno al mondo riesce ad esprimere l’unità nella diversità come marito e moglie.
abbiamo coscienza che nella relazione e nella unione di due coniugi, unione di pensieri, di sentimenti e di azioni di tutta una vita e non solo nella fisicità, si sta esprimendo un dono che è molto più grande di quello che noi siamo? Quanta coscienza abbiamo che quello che si sta vivendo come coppia, ha radici molto profonde? Come dicevo all’inizio di questa riflessione, noi ci accontentiamo di usare ali di gallina, invece Dio ci ha donato ali di aquila. L’ideale nostro, quello che Dio ha voluto per noi sta nel Suo progetto, che viviamo come la Trinità.
Spesse volte noi ci riempiamo la bocca parlando spesso del progetto di Dio, ma qual è questo progetto? La felicità? Si, quindi è un progetto d’amore, questo lo possiamo tranquillamente affermare. Ma come possiamo capirlo questo progetto d’amore e come si realizza? Per capire ciò andiamo al profeta Isaia: “Come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo creatore. Come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te “.
Perciò possiamo dedurre che il momento culminante dell’amore di Dio è quando due coniugi diventano una cosa sola. E’ anche vero che è solo quando i due diventano una cosa sola che partecipano all’opera creatrice di Dio: nascono figli. Allora, se il momento culminante dell’amore umano è quando i due diventano una cosa sola e noi siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio, il progetto d’amore di Dio ha il suo vertice quando anche noi saremo una cosa sola con Lui. Il Cantico dei Cantici dice: “Mettimi come sigillo sul tuo cuore, perché forte come la morte è l’amore. Tenace come gli inferi è la passione. Le grandi acque non possono spegnere l’amore, né i fiumi travolgerlo.
Che linguaggio è questo, non ce lo siamo mai chiesto? E’ il linguaggio che Dio usa dall’inizio fino alla fine (vedere le ultime righe dell’Apocalisse), è un linguaggio sponsale, un linguaggio da sposo. Lui è lo sposo, e vuole che la sua sposa diventi una cosa sola con Lui. Si può intendere Gesù in due modi: il Gesù di Nazareth della storia, quello che è vissuto in Palestina, che ha lavorato come falegname, che ha predicato, che è stato condannato e crocifisso e che è resuscitato per la potenza di Dio. Ma si può parlare di Cristo come mistero, perché porta a compimento in se stesso il disegno di Dio sulla creazione. Perché Gesù porta a compimento in se stesso il disegno della creazione? Dio col suo progetto d’amore cominciato con l’uomo, vuole portare questo uomo nella pienezza di sé, ma come può essendoci una diversità tra creatura e Creatore? Allora vediamo che sono due piani completamente diversi. Come può creare unità con ciò che è diverso? Qui si dovrebbe parlare del peccato originale che non è indifferente, ma per forza di cose dobbiamo saltarlo.
Abbiamo detto che siamo creati ad immagine e somiglianza di Dio, siamo stati creati uomo e donna per esprimere questa somiglianza, ma c’è un’altra specificità. Dio non ci ha voluti genericamente delle creature, ma ha voluto dei figli, siamo tutti figli di Dio. C’è qualcuno però che questa immagine e somiglianza di Dio la dice nella sua pienezza, e questo è: “Il Figlio”. Quindi noi siamo immagine e somiglianza di Dio, ma la completezza, la vera immagine, chi veramente mi rivela il volto pieno di Dio è Gesù. Quando Gesù ritorna al Padre, non ci ritorna da solo, perché la sua identità è un’identità sponsale, perché nell’unità c’è la diversità. Ma qual è questa diversità? La diversità è l’umanità e la divinità di Gesù. Quando Gesù pubblicamente inizia a dire chi è, da dove inizia? Dal Vangelo di Giovanni leggiamo che inizia dalle Nozze di Cana. Tutti noi possiamo leggere come Dio dall’inizio alla fine della Bibbia usa un linguaggio sponsale fino all’arrivo di Gesù. Questo per dire che è una volontà, Dio vuole riportarci a se, ci vuole santi, della Sua santità. (Siate santi perché IO, sono Santo). Tornando a Cana, cosa dice Gesù quando Maria si accorge che non c’è più vino?: “non è ancora giunta la mia ora”. Quindi Gesù parla di un’ora, però Maria insiste. Qual è allora sua ora? Sicuramente è l’ora della croce. Il segno grande a cui dobbiamo soffermarci e riflettere, è che Gesù comincia a parlare di se proprio nel giorno di un matrimonio. Non poteva scegliere un altro momento, perché ha scelto le nozze per dire chi era e dell’ora che lo aspettava? Gesù alla fine dice: “E’ giunta l’ora, Padre per me”. Questo linguaggio sponsale continua anche sulla croce, ecco allora che noi dobbiamo vedere la croce certo come sofferenza, certo come passione, ma la croce è soprattutto: “Il Dono” di Dio per l’umanità. E’ l’incontro di Dio nel Figlio nelle nozze. Ecco la grandezza di questa croce, guardiamola si, ma senza il fiatone. Se guardiamo a questa croce nella sua realtà che è amore e totalità, forse riusciamo a portare le nostre “piccole” croci.
Nell’ultima Cena si realizza la nuova alleanza. Ma la prima quando è avvenuta? E’ avvenuta con la creazione dell’uomo e della donna. In Gesù si c’è la nuova alleanza, ma riprende l’alleanza primordiale.
Vediamo perché è nuova alleanza, e perché quello della croce è un dono sponsale.
Alle nozze di Cana c’è dell’acqua e c’è del vino. La croce è il culmine, ma da cosa è stato anticipato questo sacrificio? Dall’ultima Cena. Vediamo che in questo giovedi, il vino diventa sangue e Gesù dice anche: mangiate di questo pane; il contrario di ciò che Dio disse ad Adamo ed Eva: “Tutto potete mangiare ma non mangiate dell’albero della vita”. Sulla croce inoltre con l’acqua che esce dal costato di Gesù ritorniamo all’acqua delle nozze di Cana, tramutata poi in vino. Perciò, il sangue ed acqua che escono dal costato di Gesù, altro non sono che il segno dei sacramenti: acqua richiama il Battesimo e il sangue l’Eucarestia. Non solo, ma la sposa quando nei tempi antichi veniva portata allo sposo, veniva lavata, purificata.
Quando la donna nasce dal costato di Adamo, cosa sta facendo Adamo? Dorme!
Poi vediamo che quando esce sangue ed acqua dal costato di Gesù, Lui è morto. Anche qua c’è un sonno. E perché noi parliamo del Crocifisso come nuovo Adamo? Proprio per ciò che ho detto sopra. Dall’antico Adamo è stata tratta Eva mentre dormiva, dal sonno del nuovo Adamo nasce la Chiesa generatrice di un umanità nuova, Chiesa simboleggiata dai sacramenti. Dov’è il linguaggio sponsale? Lo troviamo guardando al dono totale di Gesù alla nuova “Eva” la Chiesa, nascono nuovi figli.
(Efesini 5, 22-33) Mogli, siate soggette ai vostri mariti, come al Signore; poiché il marito è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, egli, che è il Salvatore del corpo. Ma come la Chiesa è soggetta a Cristo, così debbono anche le mogli esser soggette ai loro mariti in ogni cosa. Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, affin di santificarla, dopo averla purificata col lavacro dell’acqua mediante la Parola, affin di far egli stesso comparire dinanzi a sé questa Chiesa, gloriosa, senza macchia, senza ruga o cosa alcuna simile, ma santa ed irreprensibile. Affin di far egli stesso comparire dinanzi a sé questa Chiesa, gloriosa, senza macchia, senza ruga o cosa alcuna simile, ma santa ed irreprensibile. Poiché nessuno ebbe mai in odio la sua carne; anzi la nutre e la cura teneramente, come anche Cristo fa per la Chiesa, poiché noi siamo membra del suo corpo. Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e s’unirà alla sua donna, e i due diverranno una stessa carne. Questo mistero è grande. Lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa dice Paolo. Infatti due sposi sono legati da un sacramento che realizza il segno che dice: rende concreto quel segno. Quando viene amministrato un battesimo, non è che facciamo solo un rito: l’acqua, l’olio, la veste bianca e la candela, ma proprio attraverso questi segni si realizza il nostro diventare figli di Dio. Il Sacramento del matrimonio realizza ciò che dice. Gli sposi nel matrimonio partecipano alla donazione di Cristo alla sua Chiesa: all’umanità. Quindi, l’amore umano partecipa dell’amore divino. Tutta questa storia che è il progetto d’amore di Dio, gli sposi lo concretizzano attraverso il sacramento del matrimonio. Siamo figli di Dio, ma la differenza tra noi figli di Dio “cristiani per mezzo del battesimo” è che diveniamo figli di Dio in Gesù Cristo, siamo una cosa sola con Lui. Allora possiamo capire che uno sposo, una sposa, si ricevono a vicenda. Ma come possono appartenersi se appartenevano già a Cristo? Ecco allora che nella realtà del Sacramento del matrimonio, è Gesù che unisce queste due creature e nello stesso tempo li fa partecipi della Trinità. Termino dicendo che, chi critica chi è contro il divorzio, non ha ancora capito la grandezza dell’Amore di Dio per noi. La croce non vediamola allora solo come dolore, ma vediamola soprattutto come gioia, perché senza di essa vivremmo ancora nelle tenebre. |
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