Concludiamo la giornata nella Vigna, che ci ha fatto conoscere la figura di San Francesco Saverio, attraverso una lettera scritta dal Santo alla Compagnia di Gesù in Europa. Dal 31 maggio al 24 giugno del 1549 il Saverio rimase a Malacca dove alternava i preparativi per il viaggio in Giappone con altre occupazioni come il predicare, confessare, rincuorare i missionari del luogo e infine scrivere lettere per le Molucche, l'India e l'Europa.
In particolare questa lettera, che è l'ultima indirizzata ai Compagni di Europa prima della partenza, riassume bene quelli che sono i sentimenti del Santo di fronte ai pericoli che sicuramente li attendono e che egli sa valutare in piena coscienza. Egli però ricorda di avere sentito più volte sant'Ignazio parlare della fatica necessaria onde ottenere la fede, la speranza e la fiducia in Dio, ma se si affrontano i pericoli proprio per amore e servizio di Dio, allora la morte non fa più paura e la vita è solo «un esilio dalla gloria per la quale siamo stati creati».
(Traduzione dal portoghese secondo una copia del 1552. Edizione Schurhammer n. 85).
La grazia e l'amore di Cristo Nostro Signore sia sempre in nostro aiuto e favore. Amen.
1. Nello scorso gennaio dell'anno 1549, vi scrissi molto a lungo del frutto che si ottiene nelle anime in questi luoghi dell'India, tanto nelle fortezze del Re come nelle terre degli infedeli, per cui va crescendo la nostra santissima fede, e così tutti i Fratelli della Compagnia hanno scritto del frutto che, per loro mezzo, Dio Nostro Signore ha fatto nelle anime.
2. Io sono partito dall'India per il Giappone nel mese di aprile con due miei compagni, uno sacerdote [1] e l'altro laico [2] con tre giapponesi cristiani [3] i quali vennero battezzati dopo essere stati bene istruiti nei fondamenti della fede di Nostro Signore Gesù Cristo. Essi furono ammaestrati nel nostro collegio di Santa Fé di Goa, ove appresero a leggere e a scrivere, e fecero gli Esercizi Spirituali con molto raccoglimento e desiderio di trarne profitto. Dio concesse loro tanta grazia facendo sentire nelle loro anime una grande conoscenza dei doni e dei benefici che avevano ricevuto dal loro Creatore, Redentore e Signore. Essi approfittarono talmente durante gli Esercizi e anche all'infuori di essi che, con molta ragione, tutti noi che stiamo qua, siamo desiderosi di essere partecipi delle virtù che Dio pose in loro.
3. Essi sanno leggere e scrivere e si raccomandano a Dio con i libri di preghiere. Domandai loro molte volte in quali orazioni trovassero maggior gusto e spirituale consolazione: essi mi dicevano che [era] nel pregare la Passione, di cui sono molto devoti. Durante il tempo che fecero gli Esercizi, ebbero grandi emozioni, consolazioni e lacrime.
4. Prima degli Esercizi, per molti mesi li tenemmo occupati nello spiegar loro gli articoli della fede, i misteri della vita di Cristo e la causa dell'incarnazione del Figlio di Dio nel ventre della Vergine Maria, e della redenzione di tutto il genere umano compiuta da Cristo. Chiesi ad essi molte volte quale fosse, secondo il loro parere, la cosa migliore che abbiamo nella nostra legge: mi risposero sempre che era la Confessione e la Comunione e che a loro sembrava che nessun uomo ragionevole potrebbe fare a meno di essere cristiano. E dopo che era stata loro spiegata la nostra santa fede, udii dire con molti sospiri ad uno di essi, di nome Paolo di Santa Fé: «O genti del Giappone, miseri voialtri che adorate come divinità le creature che Dio fece per il servizio degli uomini!». Gli chiesi perché dicesse questo: mi rispose che lo diceva per la gente della sua terra che adorava il sole e la luna, mentre il sole e la luna sono come servitori e domestici di coloro che conoscono Gesù Cristo, e sono utili soltanto ad illuminare il giorno e la notte, affinché gli uomini, grazie a questo chiarore, servano Dio, glorificando sulla terra il Suo Figliolo Gesù Cristo.
5. Siamo arrivati a questa città di Malacca, i miei due Compagni, i tre giapponesi ed io, l'ultimo di maggio dell'anno 1549. Arrivati nella città di Malacca, ci diedero molte notizie del Giappone per mezzo di lettere che mi scrissero di là mercanti portoghesi e con le quali mi facevano sapere che un gran signore di quelle isole del Giappone voleva essere cristiano e perciò chiedeva, con un'ambasciata che inviava al Governatore dell'India, dei Padri che gli spiegassero la nostra legge
6. Inoltre mi scrissero che alcuni mercanti portoghesi giunsero in una certa parte dei Giappone e il signore del luogo E mandò ad alloggiare in alcune case disabitate perché quelli del posto non volevano dimorarvi Perché erano abitate dal demonio; e dopo che i portoghesi presero alloggio in esse, si sentivano tirare per i vestiti e, guardando chi fosse, non vedevano nessuna cosa, per cui erano spaventati non sapendo chi fosse. E una notte apparve una visione ad un garzone dei portoghesi che cominciò ad emettere grandi grida. Accorsero i portoghesi con le loro armi pensando che fosse un'altra cosa; avendo chiesto al garzone perché avesse gridato, disse di avere avuto una visione che lo aveva molto spaventato e che per questa ragione aveva gridato. Il garzone, impaurito dalla visione che aveva visto, pose molte croci intorno alla casa. Gli abitanti del luogo chiesero ai portoghesi cosa fossero le grida di quella notte: risposero che era un garzone che si era spaventato. Allora il signore dei luogo rivelò loro che quella casa era abitata dal demonio. E avendo domandato i rimedi per gettarlo fuori, gli dissero che non ve n'era un altro migliore del segnale della croce. E dopo che i portoghesi posero le croci in casa e fuori di essa, quelli del posto decisero di fare lo stesso e così in tutti quei luoghi collocarono le croci.
7. I portoghesi mi scrivono da quella terra che vi è una grande disposizione per l'accrescersi della nostra santa fede, essendo gente molto saggia e accorta, ragionevole e desiderosa di conoscere. Confido in Dio nostro Signore che si otterrà molto frutto o in alcuni o in tutti i giapponesi; io dico, cioè, nelle loro anime, se i nostri peccati non ce lo impediranno e, per questo, non voglia Dio Nostro Signore servirsi di noialtri.
8. Dopo aver avuto informazioni del Giappone, io sono stato molto tempo a decidermi se andare laggiù oppure no; e dopo che Dio Nostro Signore volle farmi sentire, dentro la mia anima, essergli gradito che io andassi nel Giappone onde servirlo in quei luoghi, mi sembra che, se tralasciassi di farlo, sarei peggiore di quelle che sono i pagani del Giappone, Il diavolo faticò molto per impedirmi questo viaggio: non so che cosa egli tema dal fatto che noi andiamo nel Giappone. Portiamo tutto il necessario per dire la messa, Per l'anno venturo, a Dio piacendo, vi scriverò molto più a lungo su quello che accadrà in quel luogo.
9. Quando giungeremo in Giappone, siamo decisi ad andare nell'isola [4] dove sta il re [5] e a manifestargli l'ambasciata che portiamo da parte di Gesù Cristo. Dicono che vi sono grandi università vicino a dove sta il re [6]. Noi andiamo assai fiduciosi nella misericordia di Dio Nostro Signore che ci darà la vittoria contro i suoi nemici. Non temiamo di trovarci con i dotti di quei luoghi, perché chi non conosce né Dio né Gesù Cristo, che cosa può sapere? E coloro che non desiderano se non la gloria di Dio e la predicazione su Gesù Cristo, insieme alla salvezza delle anime, che cosa possono dubitare o temere? E questo non solo andando tra gli infedeli, ma anche dove c'e moltitudine di demoni, poiché né la gente barbara, né i venti né i demoni ci possono recare maggior male o fastidio più di quanto Dio loro permetta e dia licenza.
10. Abbiamo soltanto un dubbio e una paura, ed è il timore di offendere Dio Nostro Signore, perché certo avremo la vittoria sui nostri nemici se ci guardiamo dall'offendere Dio. E poiché Dio Nostro Signore dà a tutti grazia sufficiente per servirlo e per preservarsi dal peccato, speriamo così che nella Sua divina Maestà, ce la conceda. E per quanto tutto il nostro bene o male stia nell 'usare bene o male la Sua grazia, confidiamo molto nei meriti della santa Madre Chiesa, sposa di Cristo Nostro Signore, e particolarmente nei meriti di tutti i membri della Compagnia del nome di Gesù e di tutti i suoi devoti e devote, i quali ci sosterranno con i loro meriti per arrivare a gustare bene la grazia del Signore Iddio.
11. Grande è la consolazione che abbiamo nel considerare che Dio Nostro Signore vede l'intenzione; la volontà e il fine per cui andiamo in Giappone. E poiché il nostro viaggio avviene soltanto perché coloro che sono immagine di Dio conoscano il loro Creatore, e il Creatore sia glorificato dalle creatore che formò a sua immagine e somiglianza, e affinché siano allargati i confini della santa Madre Chiesa, sposa di Gesti Cristo, noi andiamo assai fiduciosi che il nostro viaggio avrà buon esito. Due cose ci aiutano, a noi che partiamo per questo viaggio, per vincere i molti ostacoli che da parte sua mette il demonio: la prima è vedere che Dio conosce le nostre intenzioni; la seconda, vedere che tutte le creature dipendono dalla volontà di Dio e che non possono fare niente senza che Dio lo permetta. Perfino i demoni obbediscono a Dio, perché il nemico, quando voleva far male a Giobbe, chiedeva licenza a Dio [7]
12. Dico questo per i molti travagli e pericoli di morte corporale ai quali ci esponiamo in questi luoghi. Il viaggio in Giappone è molto pericoloso, per le grandi tempeste, le molte secche e i molti pirati, ma soprattutto per le tempeste: infatti, quando da un porto di questi luoghi partono tre navi e due ne vanno a salvamento, è una gran fortuna.
13. Spesse volte io ho pensato che i molti dotti della nostra Compagnia che verranno in questi luoghi dovranno provare alcune fatiche, e non piccole, in questi viaggi pericolosi, e sembrerà loro che sarà un tentare Dio l'affrontare pericoli così evidenti per cui tante navi si perdono. Dopo però sono indotto a pensare che ciò non è niente, in quanto confido in Dio Nostro Signore che gli studi dei membri della nostra Compagnia siano dominati dallo spirito di Dio che abiterà in loro, perché altrimenti proveranno una non piccola fatica. Quasi sempre ho davanti ai miei occhi e alla mente quello che molte volte udii dire dal nostro benavventurato Padre Ignazio e cioè che coloro i quali volevano essere della nostra Compagnia, avevano molto da faticare per vincersi e allontanare da sé tutti i timori che impediscono agli uomini la fede, la speranza e la fiducia in Dio, adottando le misure necessarie E quantunque tutta la fede, la speranza e la fiducia siano un dono di Dio e il Signore le concede a chi piace a Lui, tuttavia comunemente sono date a coloro che si sforzano nel vincere se stessi, prendendo le necessarie misure.
14. Vi è molta differenza tra colui che confida in Dio avendo tutto il necessario e colui che confida in Dio senza avere alcuna cosa e privandosi del necessario pur potendolo avere, per imitare di più Cristo. E così di conseguenza vi è molta diversità fra coloro che hanno fede, speranza e fiducia in Dio fuori dei pericoli di morte e coloro che hanno fede, speranza e fiducia in Dio quando, per suo amore e servizio, volontariamente si espongono a pericoli quasi sicuri di morte e che potrebbero evitare se volessero, perché dipende dalla loro volontà lasciarli o prenderli. Mi sembra che coloro i quali vivono in continui pericoli di morte solamente per servire Dio senza nessun altro riguardo né fine, in breve tempo finiranno per aborrire la vita e desiderare la morte, onde vivere e regnare sempre con Dio nel cielo, perché questa non è vita, ma solo una morte continua e un esilio dalla gloria per la quale siamo creati.
15. I giapponesi, nostri fratelli e compagni che vengono con noi in Giappone, mi dicono che nel Giappone si scandalizzeranno di noialtri i padri [8] dei giapponesi se ci vedranno mangiare la carne o il pesce. Noi partiamo decisi a mangiare sempre a regime, piuttosto che dar scandalo a qualcuno. Chi viene da lì ci dice essere grande il numero dei padri in Giappone e mi dicono, come notizia molto sicura, che questi padri sono assai obbediti dalla popolazione, tanto dai grandi come dai piccoli. Vi dò questa notizia perché siate informati di quanta necessità si abbia, noi che andiamo in Giappone, di essere favoriti e aiutati con le devote orazioni e i santi sacrifici di tutti i fratelli della benedetta Compagnia del nome di Gesù.
16. Il giorno o vigilia di San Giovanni dell'anno 1549 partiamo da Malacca per il Giappone, passiamo in vista della Cina senza toccare terra né alcun porto: dalla Cina al Giappone vi sono duecento leghe. I piloti dicono che al dieci o quindici di agosto del medesimo anno giungeremo in Giappone: da li vi scriverò tante cose e tanti particolari del luogo, delle genti, delle loro usanze e modo di vivere, delle falsità in cui vivono circa i loro libri sacri, quello che contengono, le università che vi sono nel paese e in qual modo essi si esercitano.
17. Paolo di Santa Fé, giapponese; nostro compagno, mi disse una cosa per cui sono molto confortato. Egli mi ha detto che nel monastero del suo paese [9] dove sono molti frati ed una università, usano fra loro un esercizio per meditare che è il seguente: colui che ha la direzione della casa, il loro superiore, che è il più dotto, li chiama tutti e tiene loro una conversazione a guisa di predica e allora dice a ciascuno di loro di meditare, per lo spazio di un'ora, sopra questo punto: quando un uomo sta spirando e non può parlare, quando l'anima si allontana dal corpo, se allora potesse parlare, durante questa separazione e allontanamento dell'anima, che cosa direbbe l'anima al corpo? E così, di conseguenza coloro i quali stanno nell'inferno o nel purgatorio, che direbbero se tornassero in questa vita? E dopo, trascorsa l'ora, A superiore della casa domanda a ciascuno di loro quello che ha meditato e sentito durante tale ora; e se dice alcune cose buone, lo loda, e al contrario lo riprende quando dice cose che non sono degne di memoria [10] Dicono che questi padri predicano al popolo di quindici giorni in quindici giorni, e alle loro prediche accorre molta gente, tanto uomini come donne, e che durante le prediche piangono, specialmente le donne; il predicatore ha un dipinto con l'inferno e i suoi tormenti e mostra quelle figure al popolo: tutto questo me lo raccontò Paolo di Santa Fé.
18. Gli chiesi se si ricordava di qualche sentenza che avesse udito da qualche predicatore: mi disse che si rammentava di aver udito da uno di quei padri, durante la predica, che un uomo cattivo o una donna cattiva sono peggiori del diavolo. Diceva anche che i mali che [il diavolo] da sé non potrebbe fare, li fa con l'aiuto di un uomo cattivo e di una donna cattiva, come rubare e dire falsa testimonianza e altri peccati di questo genere. Mi dicono che è gente molto desiderosa di conoscere: quando ne avrò esperienza, vi scriverò molto a lungo.
Dio nostro Signore, per la sua infinita misericordia, ci unisca nella Sua santa gloria, perché non so quando ci rivedremo in questa vita: però può farlo la santa obbedienza e ciò che sembra difficile diventa facile quando lo vuole l'obbedienza.
Da Malacca, ai 22 di giugno, anno 1549.
Servo inutile di tutti i Fratelli della Compagnia del nome di Gesù.
Francisco
FONTE
0 commenti:
Posta un commento