Concludiamo la giornata nella Vigna, che ci ha fatto conoscere la figura di San Giovanni della Croce, attraverso una breve raccolta delle sue celebri perle di meditazione:
A che serve che tu dia al Signore una cosa quando da te ne richiede un'altra? Rifletti a quello che Dio vuole e cómpilo; per questa via il tuo cuore sarà soddisfatto piú che con quelle cose alle quali ti porta la tua inclinazione.
Per innamorarsene, Dio non posa lo sguardo sulla grandezza dell'anima, ma sulla grandezza della sua umiltà.
Anche se tu compi molte azioni, non profitterai nella perfezione se non imparerai a rinnegare la tua volontà e a sottometterti, lasciando ogni cura di te e delle tue cose
Vivi in pace allontanando da te le preoccupazioni senza darti pensiero di quanto accade; servirai cosí a Dio come a Lui piace e ti riposerai in Lui.
Chi è innamorato di Dio non pretende né guadagno né premio, ma desidera solo perdere se stesso e ogni cosa per amore di Lui, riponendo in ciò il suo vantaggio.
In primo luogo l'anima abbia un costante desiderio di imitare Cristo in ogni sua azione, conformandosi ai suoi esempii, sui quali méditi per saperli imitare e per comportarsi in ogni sua azione come Egli si diporterebbe.
In secondo luogo, per riuscire in questo è necessario che ella rinunzi a qualunque piacere sensibile che non sia puramente a onore e gloria di Dio e che rimanga vuota di ciò per amore di Gesú Cristo il quale, in questa vita, non ebbe e non volle altro piacere che quello di fare la volontà del Padre, la quale era per Lui suo cibo e nutrimento. Se, per esempio, le si offre il piacere di ascoltare cose che non hanno importanza per il servizio e la gloria di Dio, ella rinunzi al gusto di ascoltarle; se le si porge il diletto di vedere cose che non servono ad avvicinarla al Signore, reprima il desiderio di guardarle. Faccia lo stesso quando le si presenta l'occasione di conversare, di compiere qualche altra azione o di soddisfare qualche altro senso, purché lo possa fare facilmente; se ciò non le sarà possibile, basta che ella non assapori il gusto delle cose che non può evitare.
Per mortificare e calmare le quattro passioni naturali: gioia, tristezza, timore e speranza, dalla cui concordia e pace procedono questi e tanti altri beni, come rimedio efficace, fonte di grandi meriti e causa di grandi virtú serve quanto segue:
L'anima cerchi sempre di inclinarsi:
non al piú facile, ma al piú difficile;
non al piú saporoso, ma al piú insipido;
non a quello che piace di piú, ma a quello che piace di meno;
non al riposo, ma alla fatica;
non al conforto, ma a quello che non è conforto;
non al piú, ma al meno;
non al piú alto e pregiato, ma al piú vile e disprezzato;
non alla ricerca di qualche cosa, ma a non desiderare niente;
non alla ricerca del lato migliore delle cose create, ma del peggiore e a desiderare nudità, privazioni e povertà di quanto v'è al mondo per amore di Gesú Cristo.
La pratica scrupolosa di questi avvisi da parte di un'anima, basta perché essa possa entrare nella notte del senso; tuttavia, per spiegarmi ancora meglio, aggiungerò altre norme che insegnano a mortificare la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, tre inclinazioni che, secondo San Giovanni, spadroneggiano nel mondo e sono causa di tutti gli altri appetiti (I Gv., 2, 16).
Per giungere a gustare il tutto, non cercare il gusto in niente.
Per giungere al possesso del tutto, non voler possedere niente.
Per giungere ad essere tutto, non voler essere niente.
Per giungere alla conoscenza del tutto, non cercare di sapere qualche cosa in niente.
Per venire a ciò che ora non godi, devi passare per dove non godi.
Per giungere a ciò che non sai, devi passare per dove non sai.
Per giungere al possesso di ciò che non hai, devi passare per dove ora niente hai.
Per giungere a ciò che non sei, devi passare per dove ora non sei.
Quando ti fermi su qualche cosa,
tralasci di slanciarti verso il tutto.
E quando tu giunga ad avere il tutto,
devi possederlo senza voler niente,
poiché se tu vuoi possedere qualche cosa del tutto,
non hai il tuo solo tesoro in Dio.
In questa nudità lo spirito trova il suo riposo poiché non desiderando niente, niente lo appesantisce nella sua ascesa verso l'alto e niente lo spinge verso il basso, perché si trova nel centro della sua umiltà. Quando invece desidera qualche cosa, proprio in essa si affatica.
Me ne entrai dove non seppi,
vi rimasi non sapendo,
ogni scienza trascendendo.
1 - Non capivo dove entravo,
però quando lí mi vidi,
non sapendo dove stavo,
cose eccelse molto intesi;
non dirò quel che sentii,
ché rimasi non sapendo,
ogni scienza trascendendo.
2 - Di gran pace e di pietà
scienza quella era perfetta,
in profonda solitudine
io l'intesi per via retta;
era cosa sí segreta,
che rimasi balbettando,
ogni scienza trascendendo.
3 - Mi trovai cosí rapito,
cosí assorto ed alienato,
che il mio senso ne rimase
privo d'ogni sentimento,
ogni scienza trascendendo.
4 - Chi vi giunge veramente,
da sé stesso viene meno;
quanto prima egli sapeva,
molto poco allor gli pare;
la sua scienza tanto cresce,
ch'ei rimane non sapendo,
ogni scienza trascendendo.
5 - Quanto piú si sale in alto,
tanto meno si capisce,
ché una nube tenebrosa
va la notte illuminando,
perciò chi questo conosce
resta sempre non sapendo,
ogni scienza trascendendo.
6 - Tal sapere non sapendo
ha un cosí alto potere,
che i sapienti argomentando
mai lo posson superare;
ché la scienza lor non giunge
ad un non saper sapendo,
ogni scienza trascendendo.
7 - Sí sublime è l'eccellenza
di cotesto alto sapere,
che non v'è potenza, o scienza
che lo possa conquistare;
chi sé stesso vincer sappia
con un non saper sapendo,
andrà sempre trascendendo.
8 - Or conoscere volete
questa scienza sovrumana?
Essa è un alto sentimento
dell'essenza di Dio vivo;
opra è di sua clemenza
farci stare non sapendo,
ogni scienza trascendendo.
III
Dopo un amoroso slancio
e non privo di speranza,
volai sí alto, sí alto,
che raggiunsi il mio desir.
1 - Per poter raggiungere
questo slancio divino,
tanto volar mi convenne
che di vista mi perdei;
però, in tale ímpeto,
nel mio volo venni meno;
ma l'amor fu cosí alto,
che raggiunsi il mio desir.
2 - Quanto piú alto salivo,
abbagliavasi la vista,
e la piú alta conquista
tra le tenebre avveniva;
ma poiché lancio è di amore,
con un cieco e oscuro salto
mi trovai tanto in alto
che raggiunsi il mio desir.
3 - Quanto piú alto giungevo
in questo slancio sublime,
tanto piú basso, arreso
e umiliato mi trovavo.
Dissi: non vi sarà chi l'arrivi,
e mi umiliai cosí tanto
che mi trovai tanto alto
che raggiunsi il mio desir.
4 - In una strana maniera
mille voci feci in uno,
ché la celeste speranza
tanto acquista quanto spera;
attesi solo questo lancio,
la mia speme non fu vana,
ché mi trovai tanto in alto
che raggiunsi il mio desir.
(SAN GIOVANNI DELLA CROCE, Opere, Poesie, Postulazione Generale dei Carmelitani scalzi, Roma, 1991.)
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